La Serbia vota con l’Ue all’Onu sull’Ucraina, poi le scuse di Vučić: «Uno sbaglio»
Il presidente: «Me ne assumo la responsabilità». E in Croazia è scontro fra premier e capo di Stato

Altro che speranze per una nuova ripartenza e una convivenza più pacifica o meno conflittuale. Le dibattute risoluzioni all’Assemblea generale Onu sull’Ucraina - dove gli Usa hanno votato assieme alla Russia - sono state una miccia anche per contrapposizioni mai superate. Col loro corollario di polemiche, in Croazia e in Serbia.
In Croazia, a pochi giorni dall’insediamento per il suo secondo mandato del presidente socialdemocratico-populista Zoran Milanović, trionfatore al secondo turno delle elezioni di gennaio, è già risultato lampante che la coabitazione tra il Capo di Stato stesso e il governo di centrodestra sarà quantomeno difficile, come nei cinque anni precedenti.
Milanović infatti già prima del voto a New York ha accusato, in una durissima nota resa pubblica dal suo gabinetto, di essersi sentito di fatto esautorato dall’esecutivo, in particolare in merito ai poteri a lui concessi dalla Costituzione sulla formazione degli indirizzi di politica estera.
Milanović ha sostenuto che il governo guidato dal premier Andrej Plenković lo avrebbe solamente «informato» a cose fatte della «posizione della Croazia in merito alle risoluzioni sulla guerra in Ucraina»; un riferimento ai due testi poi approvati, uno inizialmente sostenuto dagli Usa, l’altro da Kiev e dall’Europa, entrambi con chiari auspici «per la pace e la fine della guerra» ma con «divergenze fondamentali» nell’approccio, ha ricordato la stessa Onu. In entrambi i casi, Zagabria ha votato sì. Ma lo avrebbe fatto, appunto, senza prima consultare Milanović, che «non ha partecipato all'elaborazione della posizione» croata al Palazzo di Vetro, un fatto grave, la denuncia della presidenza.
Opposta l’altra voce, con il governo croato che ha reagito con estrema durezza alle insinuazioni di Milanović. «Il primo ministro Plenković ha convocato un incontro con singoli membri del governo» sabato per definire «la posizione di principio» da tenere sulle due risoluzioni, ha spiegato l’esecutivo di Zagabria in una nota
. Subito dopo, ha aggiunto il governo, sarebbero stati presi contatti con Milanovic appunto per «formulare una posizione coordinata». Ma dalla presidenza «per due giorni» non sarebbero arrivati riscontri, unicamente una risposta stringata: «Grazie per l’informazione, ne abbiamo preso nota». Replica recepita da Milanović che ha risposto ieri in maniera cifrata, suggerendo che è necessario «cooperare» con chi governa. Ma «non dobbiamo amarci».
Le baruffe interne in Croazia dietro il paravento delle risoluzioni appaiono persino banali rispetto a quelle della vicina Serbia, Giano bifronte in politica estera, che ha però votato a favore della risoluzione sponsorizzata dalla Ue e da Kiev sull’Ucraina; mossa che potrebbe essere letta come un dito nell’occhio agli amici di Mosca.
Ma Belgrado avrebbe “sbagliato” a votare sì, invece di astenersi. Il presunto errore è stato svelato dal presidente Aleksandar Vučić in diretta Tv: il leader si è spinto a presentare «scuse» pubbliche ai cittadini serbi per lo sbaglio.
«Mi assumo personalmente la responsabilità, sono stanco, sopraffatto e non riesco a occuparmi di tutto», si è poi giustificato.
Ma le scuse sono servite. Lo ha suggerito la stessa Mosca, martedì sera, con il portavoce del Cremlino Peskov che ha detto che la Russia ha apprezzato la «rapida reazione» di Belgrado, necessaria comunque a spiegare un «errore tecnico che può accadere». —
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