Vietare l’inseminazione artificiale a donne single o lesbiche? Per la Consulta slovena è anticostituzionale
La sentenza storica della Consulta di Lubiana: l’attuale legge sulla fertilità viola il principio di non discriminazione. E il governo dovrà quanto prima correggerne la stortura
Vietare l’inseminazione artificiale a donne single o lesbiche? È anticostituzionale. E il governo dovrà quanto prima correggerne la stortura. Accade in Slovenia dove la Corte costituzionale di Lubiana ha pronunciato una sentenza sicuramente storica, che porterà presto il Paese alla pari con le nazioni Ue più avanzate sui diritti civili, come Belgio, Spagna e Svezia.
La Legge contestata
Consulta slovena che si è pronunciata sulla cosiddetta Legge sul trattamento dell’infertilità e sulle procedure di fertilizzazione in vitro, approvata nel lontano 2000. Solo un anno dopo, nell’aprile del 2001, il governo al tempo in carica, quello di Janez Drnovsek, aveva introdotto modifiche per estendere alle donne single, a prescindere dalle loro preferenze sessuali, l’accesso alle procedure di fecondazione artificiale.
Il referendum del 2001
Ma la Slovenia, due decenni e passa fa, non era pronta a un passo così coraggioso.
Gli emendamenti furono così bocciati in un referendum popolare sostenuto dalle opposizioni conservatrici, che vide il no prevalere con addirittura il 73,3% dei voti. Nei diciannove anni successivi, nulla si è mosso. Ma tra il 2020 e il 2021, un gruppo di deputati, guidati da Matej T.Vatovec (Levica) e poi anche dall’ombudsman (difensore civico) per l’uguaglianza, Miha Lobnik, avevano deciso di riprendere la delicata questione, facendo appello appunto alla Corte costituzionale deputata ad analizzare la legittimità delle norme in questione.
La storica sentenza
Ora, dopo più di tre anni, è arrivata la tanto attesa sentenza. Ed è una sentenza-bomba. Con cinque voti a favore e uno contrario, i giudici della Consulta di Lubiana hanno così stabilito che escludere dalle procedure di inseminazione artificiale solo le donne single e quelle che vivono in coppie di fatto o sono sposate con persone dello stesso sesso, penalizzandole dunque per ragioni derivanti da «circostanze personali» o da «orientamento sessuale, viola la Costituzione e in particolare il «principio di non discriminazione», ha informato l’agenzia di stampa slovena Sta.
Il ragionamento dei giudici
Complesso il ragionamento dei giudici, che hanno letto la legge finora in vigore come un tentativo di evitare che un bambino, concepito in vitro, possa crescere senza un padre e dunque al di fuori di quella che sarebbe la «famiglia tradizionale».
Ma l’obiettivo è «costituzionalmente inaccettabile», se si considerano i diritti delle escluse. E sono tante, perché la Corte di Lubiana ha ricordato che in Slovenia un terzo delle famiglie, oggi, è composto da un solo genitore. Non è finita. La Consulta ha inoltre ricordato che, in Slovenia, le coppie sposate dello stesso sesso sono oggi in posizione paritaria con quelle etero. Da qui, la decisione finale: la legge è incostituzionale, ma rimarrà in vigore – per evitare un vacuum giuridico – fino a quando il governo non adotterà misure legislative per correggere l’errore. E dovrà farlo, hanno stabilito i giudici, entro un anno.
La nuova legge
Basterà forse molto di meno. Il Movimento Libertà del premier Golob, infatti, ha subito assicurato che si muoverà immediatamente per scrivere la nuova legge, mentre la presidentessa Pirc Musar ha parlato di «decisione storica».
La Consulta ha «corretto una delle più gravi ingiustizie perpetrate dalla destra e dalla Chiesa cattolica in Slovenia», la posizione di Levica. E anche i Socialdemocratici hanno accolto favorevolmente la sentenza. Critica, invece, l’opposizione, con Nuova Slovenia (NSi) che ha sostenuto che la decisione farà sì che «i bambini possano essere comprati» e ha affermato che la Consulta non avrebbe preso in considerazione il bene dei più piccoli. —
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