Solo il 17,5% dei serbi si dichiara favorevole al piano franco-tedesco

Se la democrazia ha valore e le opinioni della maggioranza hanno ancora un peso, in Europa, i leader a Parigi, Berlino e nelle grandi capitali del Vecchio continente dovrebbero farsi qualche domanda.
E un po’ preoccuparsi per il rischio di “perdere”, forse per sempre, un Paese architrave per la stabilità dei Balcani, la Serbia. È quanto suggerisce il primo sondaggio effettuato nel Paese balcanico sul cosiddetto piano franco-tedesco, ora adottato dalla Ue nel suo insieme, che dovrebbe portare alla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina.
Il piano è alla base dei recenti accordi di Bruxelles e Ocrida, raggiunti dopo enormi pressioni internazionali, soprattutto su Belgrado. Accordi, ricordiamo, che sono stati definiti storici da Bruxelles, perché entrambe le parti avrebbero acconsentito a fare passi coraggiosi per una pace duratura, quasi riconoscendosi a vicenda, seppur solo de facto.
Ma, a prescindere dalle troppe retromarce e dai tanti passi falsi registrati soprattutto dopo il vertice di Ocrida, c’è uno scomodo convitato di pietra, in questo quadro. È l’opinione pubblica serba, il cui polso è stato tastato dall’autorevole rivista “Nova srpska politicka misao” (Nspm).
E i risultati mandano segnali tutt’altro che ottimistici, almeno dal punto di vista europeo. Secondo la ricerca, infatti, solo il 17,5% dei serbi appoggia il «piano franco-tedesco per la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo». Ben più folto è invece il fronte del no, composto da quasi quattro serbi su dieci. Ancora più significativa la percentuale (quasi il 45%) di chi infine non ha un’idea precisa sul tema, numeri che suggeriscono che i serbi non sono affatto convinti della bontà del piano, un fattore da prendere in grande considerazione in vista dell'attuazione.
Il fronte degli indecisi nasconde tuttavia altre problematiche. «Il testo degli accordi», tenuto segreto per mesi da Bruxelles, ma anche da Belgrado e Pristina, rimane infatti ancora un mistero per tantissimi serbi, praticamente nove su dieci, non certo aiutati dai «media e dalla televisione», ha sottolineato il politologo Djordje Vukadinović, direttore di Nspm.
È un problema serissimo, perché le opinioni pubbliche interessate, in Serbia e in Kosovo, sono state per mesi tenute all’oscuro sul piano, lasciando ai loro leader, il presidente serbo Vucic e il premier kosovaro Kurti, il compito di discutere, negoziare e concordare, senza che gli elettori venissero consultati.
Elettori serbi che sono molto divisi anche sul reale impatto degli accordi di Bruxelles e Ocrida. Vucic ha di fatto riconosciuto il Kosovo, come accusano le opposizioni a Belgrado? Un buon 37% dice no, un 28% invece pensa che Belgrado abbia di fatto riconosciuto Pristina. In ogni caso, immaginando un ipotetico referendum sul Kosovo e sul piano di normalizzazione, i serbi potrebbero tranquillamente far saltare il banco.
Kosovo che rimane un prezzo troppo alto da pagare. L’83,5% del campione, infatti, rifiuterebbe l’adesione alla Ue se la condizione posta fosse il riconoscimento esplicito di Pristina.
Ma anche escludendo dalle discussioni il tema Kosovo, oggi solo il 42,7% dei serbi sostiene il processo d’integrazione europea, contro un 44,2% di euroscettici. Europa che, da Belgrado, appare lontana. Putin, Orban, Erdogan e Xi Jinping rimangono infatti i leader internazionali verso cui i serbi hanno più fiducia, con la Russia vista dal 70% come il Paese più amichevole verso la Serbia – al punto che una grande maggioranza continua a dirsi contraria alle sanzioni contro Mosca.
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