Il pentimento dell’ex generale Krstić: «A Srebrenica fu genocidio»

Radislav Krstić, condannato nel 2004 per complicità nello sterminio, chiede perdono a vittime e famiglie

Stefano Giantin
Radislav Krstić nel 2000 al Tribunale dell’Aja (Foto archivio)
Radislav Krstić nel 2000 al Tribunale dell’Aja (Foto archivio)

Un’ammissione di colpa certamente molto tardiva – e dunque al contempo un po’ sospetta – ma sicuramente allo stesso tempo importante. E assai significativa, anche dal punto di vista storico, perché riguarda uno dei più terribili crimini compiuti sul suolo europeo dalla Seconda guerra mondiale a oggi, il genocidio di Srebrenica.

L’ammissione

Srebrenica che fu realmente un genocidio, come stabilito da vari tribunali internazionali: e i comandanti serbo-bosniaci che lo misero in atto ne erano consci. È quanto ha riconosciuto Radislav Krstić, uno dei più alti ufficiali prima della Jna jugoslava e poi dell’esercito serbo-bosniaco durante il conflitto in Bosnia, coinvolto attivamente nella catena di comando che portò al massacro di oltre ottomila maschi bosgnacco-musulmani dopo la caduta dell’enclave di Srebrenica.

 

Il memoriale delle vittime di Srebrenica
Il memoriale delle vittime di Srebrenica

Il primo condannato

Krstić, che fu il primo condannato in via definitiva - nel 2004 - a 35 anni di galera per la complicità nello sterminio di 29 anni fa, ha finalmente ammesso le proprie colpe, chiedendo al contempo perdono alle famiglie di vittime e sopravvissuti.

«Accetto i verdetti del Tribunale» penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Tpi), quello di primo grado del 2001 e quello di appello, del 2004, «che hanno stabilito che le forze dell’armata a cui appartenevo commisero un genocidio contro i bosgnacchi nel luglio del 1995», ha scritto Krstić in una lettera inviata al cosiddetto Meccanismo residuale (Mict), l'erede del Tpi, incaricato di "smaltire" gli ultimi faldoni rimasti.

Intenzioni chiarissime

Krstić è poi andato oltre confessando di «aver contribuito e sostenuto il genocidio, sapendo che alcuni membri del comando di stato maggiore avevano l’intenzione di commetterlo», ha aggiunto. Le intenzioni erano infatti chiarissime, già prima dell'ingresso di Mladić e dei suoi sgherri a Srebrenica: Krstić ha infatti svelato di essere stato a conoscenza dei piani per creare prima una crisi umanitaria, facilitando così la separazione forzata di donne, anziani e bambini dai maschi, ma anche di altri crimini commessi dai militi serbo-bosniaci, tra cui assassini, stupri e violenze varie.

Il pentimento dopo 3 decenni

E ha svelato che il genocidio non sarebbe stato possibile, a causa della carenza di soldati, senza il contributo degli uomini da lui comandati e inquadrati nel temibile “Drinski Korpus”. «Sapevo – ha messo nero su bianco – che l’uso delle forze sotto il mio comando avrebbe significativamente aiutato a compiere esecuzioni di prigionieri bosgnacchi». Quasi tre decenni dopo, è arrivato il momento di pentirsi. «Mi inchino davanti alle vittime, chiedo perdono», il suo appello, esteso alle famiglie dei sopravvissuti, «se lo vorranno» accettare.

Motivazioni discutibili

Il pentimento ha anche delle motivazioni concrete, sicuramente discutibili. La lettera di Krstić, oggi 76enne, scritta a giugno e resa pubblica solo ora dal Mict, conteneva infatti anche una richiesta di rilascio anticipato dalla prigione in Polonia dove l’ex generale sta scontando la pena, dopo “tappe” all’Aja e in Gran Bretagna. È l’ennesimo tentativo di uscire di galera, dopo i no a simili richieste ricevute negli scorsi anni. Ma l’ammissione di colpa e le scuse, questa volta, potrebbero convincere i giudici a tendere una mano a Krstić. Di certo sono «importanti non solo in Serbia, ma anche per le vittime», ha spiegato la “pasionaria” serba dei diritti umani, Natasa Kandić.

Allo stesso tempo, Kandić ha suggerito che nell’opinione pubblica «ci sono indifferenza e silenzio» sul tema. E svariati dubbi sulla sincerità di Krstić. —

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