Stragi in Serbia, a Belgrado la protesta pacifica contro la violenza

BELGRADO Una folla enorme, forse la più folta vista a Belgrado da svariati anni a questa parte, composta, senza bandiere di partito. Ha risposto così ieri una parte significativa della capitale serba ai massacri della scorsa settimana.
Risposta che è stata canalizzata da “Serbia contro la violenza”, una massiccia protesta pacifica il cui “la” è stato dato da svariati partiti di opposizione di indirizzo europeista e progressista. Il via, alle 17.30, sotto la Skupstina, il Parlamento serbo. E all’appuntamento si sono presentati in tantissimi, non solo sostenitori dell’opposizione ma anche studenti, pensionati, famiglie con bambini piccoli, persone qualunque. «Tutti coloro che sono contrari alla violenza sono benvenuti», il messaggio della vigilia. «Siamo più di cinquantamila», hanno così potuto annunciare ieri sera gli organizzatori, anche se per il presidente Aleksandar Vučić non erano più di 9 mila, rompendo solo per un attimo il silenzio davanti alla sede del Governo, punto d’arrivo della marcia promossa dopo la sparatoria nella scuola belgradese - nove le vittime - e un’altra, a Mladenovac, anch’essa con morti e feriti.
Gli organizzatori avevano specificato che la protesta è stata pensata per coordinare la cittadinanza e reagire in modo diverso da quello delle autorità al potere «ai fatti tragici che hanno offuscato» il presente di un intero Paese. E i belgradesi hanno risposto con una forza simbolica potente, occupando di fatto gran parte del centro e Kneza Milosa, il boulevard dei ministeri e di molte ambasciate, con una massa umana composta e dignitosa. Fra le richieste della folla anche le dimissioni del ministro degli Interni e lo stop alle pubblicazioni dei tabloid filogovernativi e alla diffusione per Tv private come Pink, accusate di promuovere violenza e aggressività con reality di bassissimo livello e altro.
«Siamo qui per ricordare le vittime, ma anche per protestare contro le autorità che hanno occupato la nazione» e contro i media conniventi, «bisogna cambiare un sistema violento e in parte colpevole» dei massacri e di «non raccontare alla gente cosa accade veramente», spiega tra la folla una manifestante, Snezana Djordjević. «La gente si rivolta perché è schifata da governo, Tv, giornali pro-regime», conferma lì vicino Zelimir Ilić. «Ascoltate il silenzio», aggiunge indicando la folla, «quando il popolo sta zitto significa che è dignitoso» ma pronto a reagire. «Guardate non c’è nemmeno una bandiera di partito e tutti fanno silenzio», conferma un anziano, colpito da una Belgrado che dà segni di reazione, malgrado lo choc e il dolore.
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