Stragi in Serbia, il Paese sotto choc scopre l’effetto emulazione
L’analisi della psicoterapeuta Andjelić: «Il pericolo ora è l’emulazione. Persone già instabili si sentono incoraggiate a ripetere azioni simili»

Due stragi nel giro di un paio di giorni, prima quella della scuola Ribnikar, a Belgrado, per mano di un ragazzino di tredici anni che ha ammazzato otto coetanei e il custode, sconvolgendo il Paese. Poi un altro massacro, con otto morti – in gran parte ragazzi - e almeno 14 feriti, questa volta nella provincia profonda. E poi tanti, troppi falsi allarmi e pure episodi di emulazione tra i più piccoli, nelle scuole, fortunatamente non trasformatisi in nuove tragedie. Cosa sta accadendo in Serbia? È la domanda che tanti, tutti in un Paese balcanico sotto choc si stanno ponendo in questi giorni.

Una possibile risposta, tenuto conto della seconda strage a Mladenovać, fa però tremare i polsi. Risposta che include due termini che stanno diventando piano piano parte del dibattito pubblico: si chiamano “effetto domino” e “copy cat”, l’emulazione di un delitto da parte di persone già “predisposte” a compiere atti criminali, che si attivano sull’onda delle stragi che si sono già compiute.
E che di effetto domino si possa purtroppo parlare, in Serbia, è convinta Snežana Andjelić, autorevole psicoterapeuta, specializzata in traumi e con esperienza in zone di crisi. «C’è un classico fenomeno di effetto domino, come quando qualcuno passa col rosso e altri seguono a ruota», esordisce Andjelić in una conversazione con Il Piccolo.
L’effetto «è molto ben conosciuto in psicologia, significa che le persone con una certa predisposizione, individui già instabili, riproducono ciò che hanno visto e questi eventi rappresentano una “porta”» che spiana la strada a nuove tragedie, «per ripeterle, li incoraggia».
Ma c’è di più. «Penso - continua Andjelić – che gli eventi di questo genere ci dicano che come società, non solo in Serbia, abbiamo un problema», anche e soprattutto con il «sistema di valori».
«Considerate cosa guardano i bambini: ho personalmente problemi a trovare film senza spargimenti di sangue e ciò significa che la violenza, le uccisioni diventano normali, perché le vediamo ogni giorno sullo schermo. Sono cose anormali, che diventano normali, salta la differenza tra reale e non reale, il cervello si confonde. Accade che quando vedi che qualcuno cade a terra o un altro prova dolore, non reagisci più, perché il tuo cervello ha consumato così tante immagini simili che reagisce come fosse una situazione comune».
È quanto potrebbe essere accaduto anche in casi come quello del ragazzino Kosta alla scuola Ribnikar, «un bambino d’età molto giovane», che è carnefice e allo stesso tempo «vittima dell’incredibile quantità di cose senza senso che facciamo consumare ai più piccoli», il risultato del «caos nella società» che da anni, forse decenni, è comune in Serbia e oltre, illustra Andjelić. «Era solo una questione di tempo che accadesse tutto questo, tenendo conto anche dei tanti casi di violenza nelle scuole» accaduti negli ultimi anni, dei casi di «minori molestati, filmati mentre venivano picchiati, di una ragazzina di 12 anni violentata a scuola da ragazzini di 14-15 anni. Abbiamo un problema serio».
Problema che la Serbia sembra voler contrastare con più polizia e polso fermo. Ma sarebbe la strategia meno intelligente. «Vorrei invece vedere il sistema educativo che insegna ai bambini come trasformare i conflitti, come creare relazioni, sviluppare empatia, comprensione, tolleranza, sono quelle le armi da usare, non i metal detector o nuove leggi», sottolinea la psicoterapeuta, immaginando i ragazzi “istruiti” a «non coltivare neppure l’idea di picchiare un amico o di uccidere qualcuno. Quella è la soluzione per proteggerci, una buona educazione».
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