TikTok, dopo il blocco di un anno continuano le polemiche in Albania

Per il premier Rama, «la minaccia per i minori è seria». Il leader dell’opposizione, Berisha: «È un atto di censura estrema»

Stefano Giantin
L’app di TikTok sullo schermo di uno smartphone. Per tutto il 2025 l’accesso al social media sarà vietato a chi si connette dall’Albania
L’app di TikTok sullo schermo di uno smartphone. Per tutto il 2025 l’accesso al social media sarà vietato a chi si connette dall’Albania

Una tempesta che non accenna a placarsi, tra proteste, accuse, veementi polemiche politiche e la prevedibile ira degli utenti più giovani. È lo scenario che si sta osservando in Albania, Stato che – per volontà del premier Edi Rama – dopo lunghe considerazioni ha preso una decisione-choc: quella di vietare per un anno, a partire dal 2025, l’accesso al social network TikTok a chi si connette a Internet dal Paese delle aquile.

I precedenti

Il divieto, ricordiamo, è stato preso sabato. E arriva dopo un’ondata di “incidenti” che hanno coinvolto TikTok in gran parte dei Paesi balcanici, vittime bambini e ragazzini rimasti feriti a causa di sfide pericolose lanciate sui social. Ma a Tirana il network di condivisione video era già da tempo visto con estremo sospetto dalle élite al potere, in particolare dopo la morte, avvenuta un anno fa, di un ragazzino di soli 14 anni, accoltellato da un coetaneo, sembra dopo ripetute liti ingaggiate via social. Il fatto di sangue sarebbe stato seguito da molti video di giovani albanesi che avrebbero “glorificato” l’assassinio e il killer proprio via TikTok e da altri post che mostravano minorenni con armi bianche e coltelli da esibire anche nelle scuole, oltre a tante, troppe scene di bullismo.

Il divieto

Menzogne e ignoranza, i due ragazzini coinvolti nel caso – la vittima e l’assassino – non avrebbero neppure avuto «un account su TikTok», si è difeso il gigante dei social, che ha suggerito pure che i video di esaltazione del gesto criminale sarebbero stati «postati su altri social, non su TikTok». Ma Rama non fa marcia indietro. In un lungo post su X, domenica sera, ha assicurato che il divieto è «una decisione presa secondo coscienza dopo consultazioni con genitori e nelle scuole» durate mesi. Premier che è andato oltre, dichiarando di fatto guerra a un social che «non ha il diritto di chiedere alcun chiarimento. È l’Albania che decide, non i proprietari dell’algoritmo». «Forse saremo troppo piccoli per chiedere a TikTok di proteggere i bambini e i giovani» e allora Tirana ha deciso di fare da sola, perché «la minaccia» per i minori «è seria». E «il 90% dei genitori» chiedeva il divieto, ha sostenuto sempre Rama.

Ma il quadro appare ben più complesso. Secondo svariati studi, più del 20% della popolazione globale soffre di dipendenza dai social ed è vero che «qui da noi è anche più marcata, con i bambini che possono trascorrere 9-13» ore davanti a uno schermo, ha fatto eco anche la psicologa Valbona Treska. Che ha però aggiunto che i divieti non sono la soluzione, perché «se rimuoviamo TikTok, arriverà un’altra piattaforma».

Le reazioni

«Vietare TikTok è un atto di censura estrema», ha attaccato anche la “nemesi” di Rama, il leader dell’opposizione di centrodestra, Sali Berisha, che ha usato proprio TikTok per lanciare il proprio messaggio di rivolta contro le decisioni dell’esecutivo. «Il peggior modello per i bambini è il governo di Rama: se rubi diventi ministro, se sei arrogante diventi sindaco», ha rincarato l’alto papavero del Partito democratico, Gazment Bardhi.

Ma anche tra i giovani albanesi sui social, TikTok in testa, gli umori sono pessimi. «Il social non c’entra nulla con la violenza», ha così affermato Mira su TikTok, «il problema è nelle menti delle persone, non in Instagram o TikTok», ha fatto eco chi si nasconde dietro il nickname Ton Dursaku. «Sono solo minacce quelle di Rama, non se ne farà nulla», ha tranquillizzato invece Indrit. Il social imbattibile è «qualcosa di divertente, per passare il tempo» e «non siamo d’accordo con il divieto, non incita alla violenza», altre opinioni di ragazzi raccolte dai media internazionali. Le ultime, forse, prima del divieto imminente.

 

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