Tra Serbia e Kosovo scontri e accuse mettono in pericolo l’Accordo di Ohrid

Polemiche sulla trattativa innescata dall’Unione europea tra le parti.Auto  con targhe kosovare date alle fiamme nell’area dei serbi

Stefano Giantin
An ethnic Serb walks past Kosovo police securing the area near the northern Kosovo border crossing of Jarinje on the ninth day of protest on Tuesday, Sept. 28, 2021. Ethnic Serbs in Kosovo have been blocking the border for a ninth straight day to protest a decision by Kosovo authorities to start removing Serbian license plates from cars entering the country, raising fears such incidents could unleash much deeper tensions between the two Balkan foes. (AP Photo/Visar Kryeziu)
An ethnic Serb walks past Kosovo police securing the area near the northern Kosovo border crossing of Jarinje on the ninth day of protest on Tuesday, Sept. 28, 2021. Ethnic Serbs in Kosovo have been blocking the border for a ninth straight day to protest a decision by Kosovo authorities to start removing Serbian license plates from cars entering the country, raising fears such incidents could unleash much deeper tensions between the two Balkan foes. (AP Photo/Visar Kryeziu)

BELGRADO Dopo l’ottimismo e le pompose dichiarazioni dell’Europa, ombre fosche. Sono quelle che si stanno allungando sui rapporti tra Serbia e Kosovo, in teoria in via di normalizzazione dopo gli accordi di Bruxelles e di Ohrid, in pratica sempre complicati e incandescenti. E in via di ulteriore deterioramento.

Lo confermano tanti segnali che si stanno rincorrendo, in questi giorni. Segnali come l’attacco da parte di ignoti, con un ordigno, contro una pattuglia di poliziotti kosovari nel nord del Kosovo, ma anche il lancio di una bomba carta alla motorizzazione civile di Mitrovica nord, in area serba. E soprattutto il rogo doloso di svariati veicoli nel nord del Kosovo a maggioranza serba, tutti appartenenti a serbi del posto, “colpevoli” di aver immatricolato le loro auto con targhe con la sigla Rks, quella che indica il Kosovo indipendente, rinunciando alle vecchie targhe emesse dalle autorità di Belgrado.

In tutto parliamo di ben dieci auto «con targa Rks date alle fiamme», ha reso noto la polizia di Pristina. Che non è rimasta con le mani in mano. A finire in manette è stato così un serbo, iniziali M.B., che è stato arrestato perché sospettato di aver appiccato il fuoco ad auto appartenenti ai “traditori” serbi che si erano lasciati convincere a re-immatricolare le loro macchine con le targhe kosovare.

Arresto che ha fatto ulteriormente salire la tensione, con la Srpska Lista, il partito in Kosovo che rappresenta gli interessi dei serbi e di Belgrado, che ha accusato Pristina di voler riaccendere i contrasti interetnici e di «repressione e terrorismo» contro i serbi su istigazione del premier kosovaro Albin Kurti, oltre che di «rapimento» di serbi innocenti. Sulla stessa linea, gettando benzina sul fuoco, anche il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dačić, che ha accusato il governo di Pristina di voler creare ad arte una nuova crisi «per sfuggire ai doveri» derivanti dagli accordi presi a Bruxelles e a Pristina, un chiarissimo riferimento alla formazione della cosiddetta Associazione dei comuni a maggioranza serba, condizione per proseguire nell’attuazione delle intese di Bruxelles e Ohrid.

Clausola ancora inaccettabile per Pristina. «Non vogliono la pace» e si va verso una «nuova crisi prodotta» artificialmente, ha aggiunto Dačić. Ma tante sono le crepe che si stanno manifestando. L’ultima, ieri, ha toccato il fronte sportivo, con la Federazione gioco calcio kosovara, la Ffk, che ha chiesto l’intervento della Uefa dopo l’organizzazione di una «partita illegale», seppur a livello dilettanti, nel nord da parte dell’omologo serbo della Figc.

Anche a livello politico la situazione sembra andare nella direzione sbagliata, opposta a quella auspicata da Bruxelles, Washington e dalle maggiori capitali europee. Lo suggeriscono, tra le altre cose, le dichiarazioni del presidente serbo, Aleksandar Vučić, che ha assicurato di credere che con «l’attuale governo» in carica a Pristina non sia possibile alcuna vera normalizzazione dei rapporti, confermando che Belgrado crede che il Kosovo stia preparando una nuova crisi.

Sono Vučić e i suoi a voler «destabilizzare» il Kosovo, ha replicato il capo di gabinetto della presidentessa Osmani, mentre la Ue ha fatto appello alla calma. Prima di un nuovo inconcludente round negoziale, ieri a Bruxelles, ma questa volta solo a livello tecnico – altro indizio che la pace rimane lontana.

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