Referendum in Ungheria sull’ingresso dell’Ucraina nell’Ue
Gli elettori saranno chiamati a esprimersi sull’ipotesi che Kiev entri in Europa. Con la consultazione il governo Orbán punta a rafforzarsi in vista del voto nel 2026

L’Ucraina nella Ue? Sarebbe un passo rovinoso per l’Unione e per l’Ungheria. E allora i cittadini magiari facciano capire a Bruxelles che non si può. Si potrebbe riassumere così lo scenario che si sta sviluppando nell’Ungheria del premier populista Viktor Orbán, paese dove tutti gli elettori stanno ricevendo a casa una scheda per una controversa consultazione popolare. Si tratta di “Voks 2025”, referendum lanciato dal governo per chiedere agli ungheresi se siano o meno d’accordo sull’idea europea di ammettere Kiev nell’Ue.
Sulla scheda gli ungheresi dovranno rispondere a una domanda sola: «Appoggiate l’idea che l’Ucraina diventi un membro dell’Unione europea?». Ma dietro quella scheda c’è un enorme battage anti-Ucraina e anti-Ue, con l’Ungheria tappezzata di poster con le facce di Zelensky, Ursula von der Leyen e Manfred Weber e la scritta «Non permettiamo che decidano al posto nostro». A cercare di convincere gli elettori a votare no c’è lo stesso Orbán, che ha scritto agli ungheresi sostenendo che «Bruxelles vuole accelerare l’adesione dell’Ucraina senza chiedere l’opinione» degli europei, tanto meno degli ungheresi. E se Bruxelles agisce così, allora a Budapest il compito di tastare il polso dei cittadini.
Quale la posizione del governo magiaro? Lo si capisce nella pagina dedicata a Voks 2025 sul sito dell’esecutivo, dove si evidenziano i rischi derivanti dall’accoglimento di Kiev nella Ue. Rischi che sono «finanziari», dato che «fondi pensati per l’Ungheria saranno reindirizzati all’Ucraina», mentre Bruxelles starebbe pensando di «fare debiti» per finanziare l’adesione di Kiev. Poi ci sono i rischi collegati all’agricoltura, settore chiave per l’Ungheria. I contadini «perderanno i sussidi che andranno in larga parte» ai colleghi ucraini. Infine, ci sono le incognite, secondo Budapest enormi, relative al «mercato del lavoro», con «milioni di ucraini» che, diventati cittadini Ue, potranno trovarvi impiego, mettendo «in pericolo gli stipendi ungheresi».
Come leggere la consultazione? Altro non è che la continuazione della politica estera di Orbán, da sempre estremamente critico verso gli aiuti a Kiev, ma soprattutto va intesa come una mossa a fini interni.
La nuova nemesi di Orbán, Peter Magyar, leader del partito di opposizione Tisza, da molti sondaggisti dato in testa in vista del voto del 2026, si è apertamente schierato a favore di Kiev. Secondo un sondaggio di Tisza, il 58% dei magiari è pro-Kiev e per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. Per questo ora Orbán cerca di rovesciare il banco, anche suggerendo che Magyar sia una quinta colonna di Bruxelles. —
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