Vučić chiama le imprese italiane: «Venite a investire in Serbia»

L’invito del presidente al Business forum. Tajani: «Siete cruciali per la pace». Simest apre una sede
Stefano Giantin
A sinistra il ministro degli Esteri Antonio Tajani con il presidente serbo Aleksandar Vučić
A sinistra il ministro degli Esteri Antonio Tajani con il presidente serbo Aleksandar Vučić

BELGRADO Non c’è solo il caso Kosovo a impegnare l’agenda della leadership politica in Serbia, ma anche il tema dello sviluppo economico, essenziale per stabilizzare e modernizzare il Paese balcanico. In questo quadro, Belgrado chiama Roma. E Roma risponde.

È lo scenario che si è concretizzato martedì nella capitale serba, in occasione di una visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani e del Business forum italo-serbo, annunciato già durante il vertice di Trieste a gennaio e martedì divenuto realtà.

Tajani a Belgrado: “La presenza nei Balcani è una scelta politica italiana”
La redazione
Il ministro Tajani ANSA/CLAUDIO PERI

A fare gli onori di casa, il presidente serbo Aleksandar Vučić e lo stesso Tajani, oltre a 400 imprenditori italiani e serbi arrivati nella capitale per incontri d’affari e scambio di informazioni.

Un Forum che non dovrebbe essere evento a sé, ma l’inizio di una più stretta cooperazione con una nazione amica, nell’appello lanciato dallo stesso Vučić. «Chiedo a tutte le aziende italiane di venire in Serbia», ha detto così il leader serbo aprendo i lavori del consesso. E facendo poi una lunga lista dei vantaggi che offre il Paese balcanico. «Offriamo un sistema sicuro e affidabile, non abbiamo agito a discapito degli imprenditori, ma al contrario abbiamo fatto il possibile per ridurre loro le spese»; e ancora «la nostra valuta è forte, il debito pubblico è al 52% del pil, non abbiamo nessun problema in fatto di finanze pubbliche», ha sottolineato Vučić, che ha poi invitato la premier Meloni a Belgrado. E ha ringraziato Tajani per il fatto che ora «siete tornati, siete presenti»: un riferimento non solo al forum di ieri, ma anche agli assist che l’Italia starebbe dando al percorso della Serbia verso la Ue. Italia «che non è mai stata tra i Paesi che fanno pressioni, ma sempre pronta a darci una mano», ha chiosato Vučić, un riferimento quest’ultimo ai dossier più delicati, come quello del Kosovo ma anche a quello delle sanzioni contro la Russia.

Le parole di Vučić sono state confermate dallo stesso Tajani. La Serbia è «Paese amico», ha assicurato il titolare della Farnesina, che ha avuto parole di stima per Vučić, descritto come uomo che vuole «portare la pace nei Balcani». Ma per la pace servono anche «stabilità e crescita». E queste sono anche le chiavi per affrontare le ingerenze russe nella regione come pure la «questione migratoria», ha continuato Tajani. La rotta balcanica, seppur negli ultimi due mesi meno trafficata che nel corso del 2022, rimane fonte di preoccupazione «sia per l’Italia sia per la Serbia» e «dobbiamo affrontare insieme questo tema che è prioritario». E la Serbia «può giocare un ruolo fondamentale per garantire la stabilità dei Balcani, da cui dipende anche una soluzione dei fenomeni migratori: più ci sarà crescita economica, più ci sarà pace, più avremo la possibilità di chiudere stagioni di guerra che hanno a lungo lacerato questo territorio così caro all’Italia», ha aggiunto Tajani.

Ci sono però anche diversità di valutazioni, ha suggerito Vučić, ricordando che Serbia e Italia non hanno la stessa posizione a proposito del Kosovo, per Belgrado parte integrante del territorio nazionale, Stato indipendente per Roma – e ieri Vučić ha ribadito il suo no al riconoscimento e all’ingresso nell’Onu di Pristina, malgrado le intese con il Kosovo a cui avrebbe molto contribuito l’Italia, ha assicurato Tajani.

Ma ieri di Kosovo si è parlato relativamente poco. Temi-cardine sono stati infatti quelli economici. E ci sono stati anche passi concreti. Il più significativo, l’annuncio dell’apertura della prima sede all’estero della Simest, proprio a Belgrado. Infine, la firma di dieci intese su cooperazione economica, agricoltura, infrastrutture. E la promessa della creazione di un “comitato economico congiunto”, oltre che dell’organizzazione di un nuovo business forum. Ma questa volta non a Belgrado, bensì a Trieste.

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