Il viaggio di Vučić a Mosca incrina i rapporti con l’Unione europea
Il presidente serbo parteciperà alla cerimonia per la vittoria della Seconda guerra. Dure critiche dell’Alto rappresentante Kallas. Il Telegraph: «Integrazione a rischio»

Quel viaggio non s’ha da fare, altrimenti l’intero paese rischia un lungo stop nel suo già accidentato percorso verso l’adesione all’Unione europea. Ma gli avvisi e i consigli non vengono ascoltati. E si va verso l’ennesimo muro contro muro tra Belgrado e Bruxelles, con Mosca che osserva soddisfatta.
Si potrebbe riassumere così il caso che riguarda il presidente serbo Aleksandar Vučić. Già assediato in patria dalle proteste degli studenti, Vučić potrebbe dover fare i conti anche con il pugno duro dell’Ue. È quanto hanno suggerito dichiarazioni di autorevoli leader europei, in testa l’Alto rappresentante Ue agli Esteri, Kaja Kallas, che hanno “consigliato” a Vučić di soprassedere sull’imminente e controverso viaggio a Mosca, dove è stato personalmente invitato assieme al leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, in occasione delle grandi celebrazioni della “Giornata della Vittoria”, il 9 maggio, giorno in cui la Russia commemora in gran pompa il trionfo sul nazifascismo.
Ma alla luce dell’invasione dell’Ucraina, l’Ue ammonisce che non tollererà defezioni tra i suoi ranghi. E ancor meno perdonerà chi aspira a entrare nel club europeo, ma continua a flirtare con Mosca, qualcosa ormai vissuto come un tradimento da parte di Bruxelles.
«Partecipare alla parata del 9 maggio» nella capitale russa «non sarà preso con leggerezza dall’Europa, considerando che la Russia sta conducendo una guerra» nel Vecchio continente, ha ammonito Kallas. Ma Vučić non è l’unico a non ascoltare i messaggi. Fra questi Robert Fico, il controverso premier della Slovacchia, che nell’Ue c’è già. E non è finita. Il Cremlino ha infatti anticipato che soldati serbi parteciperanno alla sfilata per il Giorno della Vittoria, un passo confermato dal politico filorusso serbo, Aleksandar Vulin.
La partecipazione serba alla “festa” di Mosca potrebbe rivelarsi un boomerang per Belgrado, che mantiene l’adesione alla Ue come obiettivo strategico, ma da sempre continua a mantenere rapporti privilegiati con la Russia e perfino più stretti con la Cina. A sostenerlo è stato il Telegraph, che per voce del suo corrispondente a Bruxelles ha addirittura evocato uno «stop» al percorso d’integrazione europea della Serbia.
E non sarebbe una boutade. Lo confermano le parole del segretario di Stato agli Esteri estone, Jonatan Vseviov, che ha spiegato che «bisogna far capire che certe decisioni hanno un costo». Vseviov ha poi precisato appunto che per paesi come la Serbia, ostinatamente Giano Bifronte, queste conseguenze sono che «non entreranno nella Ue», una posizione confermata dalla stessa Kallas, che ha specificato come molte capitali europee condividano la linea dura. Questo perché, ha continuato la feluca estone, Mosca ha «lavorato duramente» sugli inviti alla Parata, un «test» per la Russia per dimostrare «chi è dalla nostra parte e chi gioca nell’altra squadra».
E Vučić, partecipando alle celebrazioni ma anche invitando i servizi russi a indagare sull’affaire cannone sonoro – mai usato secondo gli 007 di Mosca – si presterebbe proprio al gioco di Putin. La situazione complicata è stata compresa dalla stessa dirigenza serba. «Saremo sotto pressione per l’evento a Mosca», ha ammesso Vučić. E Mosca? Gongola. Le minacce Ue a Belgrado sono espressione di «euro-nazismo», ha sentenziato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, perché Bruxelles vorrebbe costringere, come ai tempi del Fascismo, un paese, la Serbia in questo caso, a «rinunciare alla propria patria e fede».
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