Autonomia differenziata, si riparte dopo la decisione della Consulta

Il ministro Calderoli ha fatto sapere a suoi di avere tutte le intenzioni di riprendere le trattative a brevissimo, per dare un segnale alle opposizioni, sì, ma anche ai compagni di maggioranza

Laura Berlinghieri

Il dossier relativo alla Protezione civile è pronto, attende soltanto il lavoro su previdenza complementare e professioni per essere licenziato, nell’ambito di un primo pacchetto di materie non Lep.

Adesso che la Corte Costituzionale si è espressa, mettendo una pietra tombale sulle ambizioni referendarie degli oppositori dell’Autonomia differenziata, il ministero di Roberto Calderoli e i presidenti delle quattro Regioni interessate alla riforma – quello veneto, su tutti – possono riprendere il filo dei discorsi, e gli incontri.

Dalle nostre parti, gli uffici non hanno mai smesso di lavorare ai fascicoli con elencate le funzioni. Quanto agli incontri romani, invece, l’indicazione è sempre stata chiara: meglio aspettare la decisione della Consulta, che è arrivata lunedì scorso, anche se per conoscerne le motivazioni saranno necessari alcuni giorni.

Ma intanto ieri, al ministero delle Autonomie, sono state già organizzate le prime riunioni. Al presidente Zaia e alla sua squadra di esperti non è ancora stata recapitata alcuna convocazione al Ministero, ma anche questa dovrebbe essere soltanto questione di giorni.

Calderoli, nel frattempo, avrebbe fatto sapere a suoi di avere tutte le intenzioni di riprendere le trattative a brevissimo, per dare un segnale alle opposizioni, sì, ma anche ai compagni di maggioranza.

Quanto invece ai primi rilievi sollevati dalla Consulta – i famosi sette punti di incostituzionalità della riforma, individuati con la sentenza che ha praticamente sventrato la legge – il governo non sembra orientato a riscrivere tout court il testo; o almeno è questa la posizione di Calderoli, il quale avrebbe intenzione di risolvere con una legge delega sui Lep le tre questioni che attengono proprio ai Livelli essenziali delle prestazioni.

Le contestazioni della Consulta, in effetti, riguardano sostanzialmente l’oblio a cui è stato condannato il Parlamento, nel primo testo scritto dal ministro Calderoli.

Quanto agli ulteriori quattro punti, invece, il ministro ha fatto sapere che non farà sostanzialmente nulla, avendo interpretato la sentenza della Corte come manipolativa, e quindi capace di modificare la norma vigente, senza la necessità di un ulteriore intervento del legislativo.

Si va avanti, quindi, con le materie non Lep. Con una richiesta di funzioni che è comune alle quattro Regioni interessate alla riforma – Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria – per accelerare i tempi. Pochi ostacoli sulle materie non Lep, purché le funzioni individuate non attengano a diritti civili e sociali.

Mentre la questione è ben diversa a proposito delle funzioni che, per essere trasferite, necessitano prima della determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni.

Per queste, non solo bisognerà attendere la relazione della commissione Lep presieduta da Sabino Cassese, in arrivo nelle prossime settimane; e poi l’esito dei lavori della commissione tecnica per i fabbisogni standard, presieduta da Elena D’Orlando. Ciascuna delle 14 materie dovrà essere oggetto di una specifica intesa Stato-Regioni, e quindi dovrà seguire l’iter ordinario di approvazione in Parlamento, con il rischio conseguente di essere emendata, anche in sede di commissione.

Per questo, è un percorso che appare piuttosto tortuoso. E in effetti anche il nuovo presidente della Consulta Giovanni Amoroso ieri ha ribadito: «Occorre che il legislatore intervenga e determini i criteri per i Lep, che sono il pilastro su cui si regge la legge».

Quanto invece alle materie non Lep, potenzialmente l’approvazione potrebbe essere cumulativa di tutte e nove. Ministero e Regioni, però, hanno deciso di procedere per “pacchetti” di materie, dalle tre alle cinque: per definire il numero, sarà fondamentale capire in quali tempi sarà possibile procedere.

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