La Liga veneta chiede al Governo una legge nazionale per vietare il burqa

Risoluzione presentata in consiglio regionale a Venezia dal salviniano Giuseppe Pan per sollecitare il governo. Maggioranza compatta, attacca l’opposizione: «Clima elettorale e comunque le regole già ci sono»

Laura Berlinghieri
La Liga veneta dichiara guerra al velo integrale nei luoghi pubblici
La Liga veneta dichiara guerra al velo integrale nei luoghi pubblici

La Lega salviniana torna a premere sul tasto dell’immigrazione. «Tempo di elezioni» si nota dall’opposizione. Ma tant’è.

«Con questa risoluzione, il Consiglio regionale del Veneto esorta il Governo e il Parlamento ad adottare misure legislative che vietino l’utilizzo di burqa e niqab nei luoghi pubblici e nelle scuole, valutando anche l’estensione del divieto ad altri capi che impediscono il riconoscimento della persona». Recita così la risoluzione presentata dal capogruppo della Lega-Liga Veneta, il salviniano Giuseppe Pan.

Una risoluzione per esortare il Parlamento a legiferare su una questione, in realtà, già normata. Perché è il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza a stabilire che «è vietato comparire mascherato in luogo pubblico».

Ma la battaglia contro il burqa, soprattutto a Nord Est, è un cavallo di battaglia buono per tutte le stagioni e al quale la Lega non sa rinunciare. Foriero di voti com’è, evidentemente.

L’eurodeputata Anna Maria Cisint, da sindaca di Monfalcone, sulla guerra al burqa e al burkini ha costruito una carriera che è riuscita a farla assurgere alla ribalta nazionale. E si trova sempre a Monfalcone la scuola superiore nella quale è stata ricavata una stanzetta, sorta di “anticamera” per le studentesse islamiche, che da lì devono transitare ogni mattina, per mostrare il volto ed essere identificate, prima di entrare in aula. Mentre è stata presentata nel Consiglio comunale di Venezia la proposta (sempre della Lega) per il daspo urbano alle donne che indossano burqa o burikin nei luoghi pubblici.

«Questa iniziativa si fonda su un principio chiaro: nei luoghi pubblici e istituzionali è fondamentale che ogni cittadino sia identificabile. È un presupposto basilare per la sicurezza e l’ordine pubblico» spiega intanto Pan, dell’ala più “intransigente” del Carroccio.

Ma dalla sua si schiera anche un leghista decisamente più moderato, pur se dal piglio barricadero, come il presidente dell’intergruppo, Alberto Villanova. «Non è discriminazione, ma è l’esatto contrario: queste prigioni di stoffa sono strumenti di sottomissione delle donne. Ed è giusto che vengano proibiti» dice. E la pensa come lui anche Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia al Ferro-Fini: «L’intenzione non deve essere fare una caccia alle streghe e il divieto di coprire il volto va applicato in modo equilibrato. Ma la priorità deve sempre essere il garantire la sicurezza e la riconoscibilità delle persone nei luoghi pubblici». E quindi no ai veli capaci di coprire il volto in maniera integrale.

A pensarla così sono, chiaramente, pure i Fratelli d’Italia. Pur con la precisazione, ad personam, del capogruppo Lucas Pavanetto: «Capisco le esigenze pubblicitarie di Pan – dice – ma credo che i parlamentari del governo ci stiano già lavorando, anche a prescindere dalla sua sollecitazione».

Mentre l’opposizione attacca. «Una sciocchezza non troppo originale – dice Vanessa Camani, capogruppo del Pd – scopiazzata da iniziative di altri territori, che non affronta nella maniera corretta e concreta il tema della sicurezza. Invece di fare queste sparate, la Regione provveda ad aumentare dotazioni e stipendi delle forze dell’ordine e a presidiare il territorio in modo efficace, perché i rischi non si nascondono sotto i burqa».

«Una risoluzione pericolosa e provocatoria – la definisce invece Elena Ostanel (Vcv) – La sicurezza non dipende certamente dalla scelta di chi decide di usare il velo e questa risoluzione è puramente ideologica, per stuzzicare il proprio elettorato e discriminare chi da anni lavora per l'integrazione, a partire dalle stesse comunità musulmane». Mentre Erika Baldin (M5S) sostiene: «Combattere la radicalizzazione passa soprattutto dall'incontro, dalla conoscenza e dalla disponibilità reciproca».

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