Calderoli accelera sull’Autonomia: «Dopo il congresso della Lega porterò la legge in Cdm»
Il ministro Calderoli annuncia che procederà con la legge delega sull’Autonomia anche senza i pareri di tutti i ministri. E sul congresso della Lega è categorico: «Nessun rivale per Salvini»


«Quando sarà finito il congresso della Lega, porterò in Consiglio dei ministri la legge delega sull’Autonomia con le indicazioni della Corte Costituzionale. Anche se non avrò ancora ricevuto i pareri di tutti i ministri. Ora basta».
Roberto Calderoli, come sempre, non le manda a dire. Anzi, a sentirlo è evidente che il ministro per l’Autonomia regionale sia stufo di attendere, «anche perché glielo avevo detto a tutti i miei colleghi che se non si davano una mossa io andavo avanti lo stesso». Così, come nel suo stile, Calderoli riparte alla carica con il vessillo leghista per antonomasia sulla spalla, ripartenza che molti al Nord speravano di vedere.
Annunciata insieme alla notizia che Luca Zaia sta per formalizzare al ministro degli Interni Matteo Piantedosi la richiesta di tenere le elezioni regionali in Veneto non a ottobre, ma nella primavera 2026. Alla vigilia dell’evento congressuale di sabato alla fiera di Padova, il generale leghista che vanta “più mostrine” ha vari sassolini da togliersi dalle scarpe.
Cominciamo a svelare gli arcani: chi sono i ministri che ancora non hanno assolto al loro compito sull’Autonomia?
«In Consiglio dei ministri tre settimane fa ho segnalato che tutti avevano ricevuto il disegno di legge delega con principi direttivi che, come richiesto dalla Consulta, su ciascuna materia devono avere criteri e indirizzi specifici. Ho avvertito tutti che in mancanza dei pareri sarei andato avanti lo stesso. Ho sortito un bell’effetto perché da due, i pareri sono diventati undici. A oggi mancano l’Ambiente, il Lavoro, la Cultura e Imprese-made in Italy: di questi, i primi due sono coinvolti notevolmente nelle varie materie. Ma io la settimana dopo il congresso porterò il testo in Cdm e chi c’è, c’è».
Dicono che per cedere alle Regioni la Protezione civile, una delle materie senza livelli essenziali di prestazioni - cosiddette No Lep - il ministro Musumeci stia facendo resistenza. Sbagliato?
«Non è lui a frenare, no. Io sono riuscito a chiudere l’accordo con i sette ministeri coinvolti sul nodo della Protezione civile e con l’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, ma ho un funzionario che frena. Tanto alla fine, con le buone o no, le funzioni per quella materia le porto a casa. E se questo tipo non si dà una mossa, andrò in Consiglio a dire come stanno le cose».
Ma anche la Consulta vi consiglia di soprassedere: nella sentenza scrive che dalle materie No Lep alla fine usciranno lo stesso fuori diversi diritti da garantire, quindi meglio stabilire prima i Lep. Perché lei vuole andare avanti lo stesso?
«Perché non sono d’accordo: sono pronto a recepire la parte della sentenza in cui la Corte mi dice di stare attenti anche nelle materie No Lep a non parlare di trasferimenti di funzioni legate a diritti civili e sociali. Ma dal momento che quelle parti non le tocco, mi sento libero di procedere con gli accordi sulla Protezione civile e le altre materie, con il Veneto e con le Regioni che lo chiedono».
Comunque i Lep andranno votati in Parlamento. Quanto sarà lungo l’iter?
«C’è la legge delega che definisce i criteri da approvare in Parlamento, poi ci saranno i decreti legislativi che dovranno passare dalla Conferenza Stato-Regioni e dal voto delle Camere. Però i decreti legislativi li ho già pronti, grazie al lavoro enorme fatto dal Comitato sui Lep di Cassese».
Insomma, una cosa non breve. Nel governo inoltre sembra vi siano tre diverse spinte sull’autonomia: la vostra in avanti, quella debole di FdI e quella contraria di Forza Italia. Corretto?
«Non è solo questo. C’è un Paese che non vuole cambiare. Nei Palazzi si dice che i ministri passano, i funzionari restano: cambiano le maggioranze, ma i capi gabinetto sono sempre le stesse persone. Mentre su altre riforme possono essere meno interessati, su funzioni e competenze vengono toccati poteri che loro ritengono imperituri e quindi si sentono come colpiti da calci negli stinchi...».
Non c’è un problema politico alla base? Ovvero, che poiché il premierato non decolla, pure l’autonomia deve stare ferma?
«Beh prima gli alleati mi dicevano che le due riforme dovevano procedere di pari passo, anche se una è Costituzionale e ha un iter lungo; poi però io sono andato veloce, ma non si può rallentare una cosa che sta nel programma di governo: portiamole avanti entrambe e basta».
A proposito di alleati: che aria tira sul voto in Veneto? Verrà rinviato al 2026?
«Quando una Regione deve stabilire una data elettorale, la deve concordare col ministro degli Interni, quindi Zaia formalizzerà la richiesta del voto nel 2026 al ministro. C’è una legge regionale che dice che la finestra elettorale è da maggio a giugno e non è stata impugnata dal governo. La definizione della data dunque è affidata a Zaia e a Piantedosi, il quale pare sposare questa tesi».
E sul candidato governatore come finirà? FdI non molla.
«Aspettiamo il 9 aprile, quando ci sarà la sentenza della Corte sul caso De Luca, che riguarderà tutti. In Veneto sicuramente il candidato sarà della Lega. Con gli alleati si parlerà di tutte le scelte da fare nelle cinque regioni che andranno al voto: la Campania e la Puglia sono altre due candidature pesanti da scegliere, ma anche la Toscana».
Dica la verità: queste tensioni con Forza Italia sono destinate a durare fino alle elezioni del 2027?
«Ciascun partito ha la sua sacrosanta identità e cercherà di sottolinearla ogni volta sarà possibile».
Ma ciò crea problemi alla premier per la sua navigazione.
«Però vedo che alla fine in aula si vota sempre compatti in un senso».
Però sul fronte internazionale queste diversità la indeboliscono, o no?
«A me sembra che il parere espresso da Meloni sul piano di riarmo Ue non sia così distante da quello di Salvini. Ha messo una serie di paletti al piano di von der Leyen, che oggi è ancora un libro bianco. La premier giustamente è andata a dire che non accetta diverse cose di quel piano, quindi va ancora scritto tutto».
Il 5 aprile ci sarà il congresso della Lega. Che cosa annuncerete sabato a Padova?
«Spiegherò in base a numeri di Istat, Eurostat, che l’Autonomia si deve fare per porre fine alle inefficienze del sistema. Non si possono buttar via i soldi...».
Anche perché non ce ne sono...
«Però per certe cose li trovano, eh!»
Pensa che li troverete i fondi per le armi?
«Non ho capito questo sprint di von der Leyen, non mi sembra aver raccolto tutto questo consenso».
Ma al di là della svolta nella storia provocata da Trump, secondo lei, anche i grandi player europei, cito Leonardo o Finmeccanica per l’Italia, non premono per far entrare i Paesi in questo grande business, per poter produrre nuove tecnologie e ricevere nuove commesse?
«Sicuramente meglio rivolgersi a loro rispetto ad andare in altri Paesi, perché in termini di Pil qualche riscontro ci sarebbe. Ma se abbiamo il problema di arrivare al 2% del Pil per le spese della Difesa e siamo sotto un punto di Pil sulla spesa sanitaria, dobbiamo per forza aumentare la spesa per la Sanità. Se non altro perché il diritto alla salute è l’unico principio fondamentale in Costituzione».
Ultima cosa: Matteo Salvini avrà qualche rivale al congresso?
«Non credo proprio, non vedo nessuno intenzionato a candidarsi».
Riproduzione riservata © il Nord Est