Craxi, Berlinguer e il decreto di San Valentino che tagliava la scala mobile
Era il 14 febbraio 1984: lo scontro, ricostruito con i retroscena da un saggio di Fabio Martini, evidenziò allora la frantumazione delle anime della sinistra, una frattura tornata di grande attualità

È uno di quei momenti della storia in cui due leader e due visioni della politica si incrociano in una congiuntura inedita e fatale: quello scontro tra Bettino Craxi ed Enrico Berlinguer sul famoso “decreto di San Valentino” che tagliava tre punti di scala mobile, ovvero l’aggancio degli stipendi all’inflazione a due cifre (ricostruito con retroscena inediti nella nuova edizione di Controvento, saggio di Fabio Martini edito da Rubettino), racchiudeva in sé una questione più vasta e complessa: non solo liberare il Paese dagli scatti di contingenza indiscriminati che facevano sballare i conti pubblici, ma «far uscire il Pci dalla logica della contrapposizione»: facendolo aderire a una misura suggerita da economisti come Ezio Tarantelli, considerata invece da Berlinguer una rottura del patto consociativo, «una violazione della Costituzione materiale». Tale da influire sul destino della sinistra italiana, che ne uscì frantumata come mai prima e incapace di unirsi come responsabile alternativa di governo alla Dc: tanto da ritrovarsi addirittura su fronti opposti 10 anni dopo, quando alcune delle menti migliori del socialismo e migliaia di militanti orfani del Psi, mentre Craxi veniva condannato in contumacia per tangenti, abbracciarono le ragioni del centrodestra, attirati dalla rivoluzione liberale promessa da Silvio Berlusconi.
Oggi quel drammatico passaggio causato dal decreto sulla scala mobile del 14 febbraio 1984 (che ricorda le divisioni nel Pd renziano sul jobs act) torna d’attualità, non solo in concomitanza con i 25 anni dalla morte di Craxi e i 40 anni (celebrati nel 2024) dalla scomparsa di Berlinguer.
Ma è una chiave per capire le radici della frattura tra le anime della sinistra: quella che proviene dalle culture socialiste e cattolico democratiche, in una parola “riformiste”, più inclini ad assumere una postura di governo; e quella più vicina alla tradizione della sinistra comunista che ha vinto il congresso con Elly Schlein. Non a caso impegnata a sostenere con la Cgil un referendum per abolire il jobs act (varato per riformare il mercato del lavoro), che mezzo partito - da Paolo Gentiloni a tutti gli esponenti di quelle culture politiche - mai voterà.
Quel passaggio storico fu l’ultimo atto di una contesa lacerante, che si provò a scongiurare. Craxi fece trattare i suoi colonnelli: «Ridurre l’inflazione serve a tutti e specie ai lavoratori», disse il ministro del Lavoro Gianni De Michelis a Giorgio Napolitano, in uno dei tanti incontri riservati.
Fino a quando – racconta Martini – a una cena della baronessa Donatella Pecci Blunt, lo stesso De Michelis si sentì dire da Eugenio Scalfari, Carlo De Benedetti e Giovanni Spadolini «ma perché insistete? Così si sfascia tutto...».
Giusta previsione di quanto sarebbe poi avvenuto. L’ultimo tentativo lo fece Craxi in persona col segretario Cgil, Luciano Lama. Che ammise: «Questo provvedimento può essere utile, ma Berlinguer vuole questa linea».
Ecco il punto di rottura, dovuto a una reciproca avversione, alla totale assenza di “chimica” tra due personaggi e due caratteri forti, che portò a una di quelle scelte che fanno la storia, nel bene o nel male: presa con il vento contrario del sindacato più forte e perfino di Confindustria, che a sorpresa si spaccò «per la contrarietà di De Benedetti e Romiti, anche se alla fine prevalse il sì grazie al carisma di Gianni Agnelli».
Subito dopo il varo del decreto, il Pci annunciò la raccolta di firme per un referendum abrogativo, cogliendo di sorpresa Craxi: «Se invitassi gli italiani a vaccinarsi con il vaiolo, il Pci direbbe che il vaiolo fa bene alla salute!», fu la sua battuta tagliente.
Ma quella battaglia intrapresa da Berlinguer per dare una spallata al leader socialista e poi appoggiare un governo con Dc e Pri, ebbe altro esito.
Il referendum fu vinto da Craxi contro ogni previsione (affluenza al 78,8%), epilogo cui il leader del Pci non poté assistere perché morì poco prima, colpito da ictus a Padova. Da lì in poi fu un’altra storia, ma quella dei riformisti di radice socialista e comunista stenta a ricomporsi, come si vede dalle perenni fibrillazioni nel Pd su scelte di politica fiscale, industriale e sociale. La storia delle divisioni a sinistra è cominciata cent’anni fa e il compito ormai è arduo. —
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