Una grande macchia nera: così la Germania vira verso l’estrema destra
Un tedesco su cinque ha scelto l’Afd, il partito secondo cui non tutti sono uguali. Vince il cristianodemocratico Merz ma i giochi sono tutt’altro che definiti
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Non è una marea, è una grossa macchia. Una macchia nera. Circa il 20 per cento dei tedeschi ha votato per la destra estrema di Alternative für Deutschland, il partito per il quale i cittadini non sono tutti uguali e “gli altri” devono andarsene. È un segno dei tempi, il frutto di errori politici e disinformazione, ma non una ferita insanabile.
Perché quasi l’80 per cento degli elettori ha ribadito che la democrazia va praticata e manutenuta col confronto nella differenza, che i diritti di chi rispetta la legge sono indipendenti dalle origini, che lo Stato è qualcosa di più di una nazione.
Se il cristianodemocratico Friedrich Merz sarà cancelliere alla luce del 29 per cento circa raccolto da Cdu e Csu, la sua coalizione – probabilmente instabile - si ritroverà un compito senza precedenti recenti nel Paese: convincere milioni di arrabbiati impauriti che esiste un’alternativa all’Alternativa attuata con la forza e l’esclusione. Non avrà scelta se non rinnovarsi per rassicurare chi non vede un futuro. Nella stagione del sovranismo globale animata da Trump, un fallimento aprirebbe la strada a una sconfitta che, già fra due anni, potrebbe spazzare via lui e la Unione centrista creata sulle macerie della guerra da Konrad Adenauer.
L’affluenza all’84 per cento dice che la Germania è in allerta vigile. I risultati precisano che quattro tedeschi su cinque rifiutano l’estremismo non scevro da neonazismo e chiedono di fare in fretta. E che due su cinque votano a sinistra: sono più dell’AfD, insomma. Per loro, nell’attuale contesto internazionale, Merz e gli alleati (i socialisti sconfitti, i verdi o i liberali, si vedrà) devono riuscire a ribaltare la Germania, facendo ripartire la locomotiva economica con le riforme e risolvendo il problema della sicurezza che, nella testa della gente, equivale a trovare una quadra per le migrazioni.
Sono due missioni quasi impossibili per quanto indifferibili. Inevitabile cercare di ravvivare la fragile Europa, appoggiarsi al sodale francese azzoppato e ai soci del gruppo di Weimar, mentre il populismo alimenta le pulsioni centrifughe rispetto a Bruxelles, l’Unione non sa parlare alle persone e l’Italia non appare un amico plausibile. Metteteci anche le ambizioni di Putin sdoganato da Trump, la foga cinese, il tradimento dell’alleato americano: troverete il bandolo di tutte crisi che faranno ballare il governo federale. Con Alice Weidel, la donna che vuole il dominio tedesco e vive in Svizzera, che tatticamente porge la mano ai cristiano democratici per poter dire di essere stata rifiutata e tentare di grigliarli dall’opposizione.
È naturale ribadire che ci vuole unità, lungimiranza e pragmatismo. Scontato pensare che ogni energia e forza tedesca dovrebbe anche essere messa al servizio del rilancio nazionale come dell’Europa e dei suoi partner. Nel breve periodo, Merz potrebbe essere l’unico leader di tradizione pro-Ue saldamente in sella. Deve dimostrarsi un tedesco moderno e un nuovo europeo. Perché la Storia fa riemergere le parole con cui Johan Huizinga invocava un “habitus spirituale nuovo per innovare la società” e auspicava la rinuncia agli egoismi, perché si lavorasse sulla regolazione dei rapporti "sulla base di una larga comprensione internazionale, di un vicendevole riconoscimento dei desideri legittimi, del rispetto del diritto e dell'interesse altrui”. Lo storico olandese scriveva nel 1938. Ottantasei anni di storia, e gli orrori di una guerra mondiale, non hanno modificato l’urgenza delle sue parole.
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