Panchine sradicate, migranti leprotti: tra omofobia e razzismo, vent’anni di frasi di Gentilini

Salvini e Vannacci in confronto allo sceriffo di Treviso sembrano due dilettanti. Ecco il Genty divisivo che diventò caso nazionale: dalle pulizie etniche ai carri piombati. Le battaglie con i «preti rossi», i pizzini, le pistole: il Vangelo secondo Gentilini

Massimo Guerretta
Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, morto a 95 anni
Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, morto a 95 anni

Le ruspe di Salvini? In confronto erano delle micromachines. Vannacci? Un dilettante. «Negri», «culattoni». Tutti da eliminare, ovviamente «con pulizia etnica». Ai cronisti a volte non bastava un blocco per gli appunti per annotare le uscite di Giancarlo Gentilini.

Non passava giorno che regalasse titoloni di giornale, provocasse divisioni, litigi, progetti, visioni e paroloni. Una pacchia per chi fa il giornalista, meno per chi poi deve gestire una personalità così esuberante.

Un politico divisivo: o lo amavi o lo odiavi. Il politicamente scorretto era il suo pane, con un linguaggio che non lasciava immaginare il fioretto, tanto era brutale. Era virale prima dei social: «Il vangelo secondo Gentilini».

Serve ricordare quando tolse le panchine da via Roma? Caso nazionale - era il 1997 - Treviso diventò suo malgrado famosa nel mondo: «Era domenica e ho visto decine di negri seduti sulle spallette del ponte, altri sulle panchine. Non tollero che Treviso sia terra d’occupazione. Una città bella è pulita, vissuta dai cittadini».

Prima tolse le magnolie dal Duomo, poco dopo Gentilini vuole far illuminare a giorno le mura per ripulirle da «puttane, culattoni, efebi, negri». Un refrain che userà anche per il parcheggio dell’ospedale.

Altra uscita, diventata ahinoi leggendaria, quella sui leprotti: «Dovremmo osare dei costumini da leprotto agli extracomunitari così le doppiette dei cacciatori potrebbero esercitarsi. Pum, pum pum...».

E sui migranti? «Le navi dei clandestini vanno affondate a Tirana». Sui cori contro Omolade, il giocatore nigeriano del Treviso che indusse i tifosi a lasciare lo stadio di Terni: «Nessun razzismo, ma una normale contestazione all'allenatore».

Comizio a Vigonza: «Per i politici dell'Ulivo servire un colpo alla nuca come si fa con i conigli».

Sono raffiche: «In Parlamento andrei con le bombe a mano» (marzo 2001). «Atalmi potrebbe abbrustolirsi come le vittime delle Torri gemelle» (gennaio 2003).

«Faremo pulizia etnica delle sinistre» (maggio 2003). «Dobbiamo prendere a pedate sui coglioni i concorrenti» (maggio 2006). «Voglio eliminare i bambini che vanno a rubare agli anziani» (settembre 2008). Un altro must: «Darò disposizione alla mia comandante dei vigili affinché faccia pulizia etnica dei culattoni».

Riecco poi Genty al comizio di Venezia del 2008, a predicare «pulizia etnica» questa volta contro nomadi e zingari: «Voglio eliminare i bambini degli zingari che vanno a rubare agli anziani» e via di questo passo. Frasi che gli valsero due condanne per istigazione all’odio razziale, confermate in Cassazione.

Quanto si divertiva ad agitare la pistola di servizio dei vigili urbani, era la sua cifra stilistica per contraddistinguere Treviso come città sicura, ben lontana da quanto accadeva a Padova (disse che Zanonato si ispirò a lui per via Anelli) e a Venezia, con Cacciari distante milioni di anni luce dalle sue idee e dalle sue prese di posizione.

Indimenticabili i teschi disegnati agli incroci pericolosi, in giro per i quartieri e le strade ad altro scorrimento, gli scontri con «i preti rossi» per gli immigrati a dormire fuori dal Duomo.

Gli arcinoti «carri piombati»... Detestato in certi ambienti culturali e politici, ha puntato tutto sull’impatto h24 della sua opera: era ovunque. Con i suoi pizzini non c’era foglia che poteva cadere in centro storico (sulle periferie, invece...).

E che liti con Dino De Poli, non accettava che qualcuno gli mettesse i piedi in faccia. E non voleva lasciare Treviso: «In parlamento? Noi, io devo guidare i trevigiani».

L’ha fatto fino alla fine, maledicendo chi era «andato al mare consegnando la città ai comunisti», dopo la sconfitta del 2013. L’onta imperdonabile: avevano tradito il Vangelo secondo Gentilini. 

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