Migranti in Albania: toghe pronte alla bufera, ma Nordio chiede toni bassi
«Il governo vuole lo scontro, non io», dice la giudice Albano replicando al leader leghista. In arrivo nuove decisioni. L’Anm: «Ora peggio che con Berlusconi»
Alla vigilia di un nuovo pronunciamento dei giudici sul trattenimento dei migranti in Albania, ma su cui ora grava il decreto Paesi sicuri, il clima è già incandescente. Al convegno nella capitale sui 60 anni di Magistratura Democratica, le toghe si preparano all'ennesimo polverone politico, prevedendo sentenze simili a quelle dello scorso 18 ottobre, che bocciarono il trattenimento dei primi dodici migranti portati nel centro italiano in Albania.
«Una nuova bufera? Ne parleremo domani (oggi per chi legge, ndr). Credo che quanto successo finora sia già molto grave e problematico», dice rompendo il suo silenzio stampa la presidente di Md, Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma. Si tratta della stessa magistrata che non ha convalidato il trattenimento di uno dei primi dodici migranti nel cpr di Gjader, e per la quale - solo qualche giorno dopo - è stata disposta una vigilanza a causa delle minacce giunte sulla sua mail e via social.
«Sono stata scelta io come parafulmine perché era molto comodo. Abbiamo subìto una campagna che nei fatti si è tradotta in un'intimidazione», si sfoga Albano, che precisa: «È il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi. In tasca non abbiamo il libretto di Mao né il Capitale di Marx, ma la Costituzione», prosegue, rimandando al mittente le critiche del vicepremier Matteo Salvini sulle toghe rosse.
Tutta l'Anm ora teme «che possa reinnescarsi una polemica che non giova a nessuno», tanto da confidare «che ciò che è stato scritto nei provvedimenti già emersi possa essere letto, compreso. Si può dissentire o meno, la parola la diranno la Corte di Cassazione (il 4 dicembre, sulla mancate convalide di trattenimento del 18 ottobre, ndr) e quella di Giustizia ma non c'è nessuna volontà di politicizzazione», ribadisce il leader del sodalizio dei giudici Giuseppe Santalucia.
Di fronte alle toghe progressiste, in videocollegamento il ministro della Giustizia Carlo Nordio propone uno scambio per favorire il dialogo: «Mi auguro che nel confronto futuro ci sia sempre meno una critica della magistratura al merito politico delle leggi in Parlamento e un abbassamento di toni da parte della politica a criticare le sentenze».
Ma questo dialogo con il governo secondo Albano deve tradursi nel coinvolgimento degli esperti su proposte di legge piuttosto che procedere a colpi di decreto: «Se si ascoltasse il parere dei giuristi, forse verrebbe fuori un prodotto qualitativamente migliore dal punto di vista dei rapporti con gli ordinamenti che hanno un valore di fonte sovranazionale: è sempre stato così nel passato». Ma per l'Anm il clima è «persino peggiorato» rispetto agli attacchi che arrivavano durante i governi Berlusconi.
«Prima - dice Santalucia - erano i pm le toghe rosse, che ora invece sono dappertutto, anche nei tribunali civili che si occupano di immigrazione. Una cosa è la critica e un'altra cosa è la rappresentazione di un potere che diventa arbitrario ed eversivo. Tutto questo è inaccettabile». Nell'esecutivo però un avvertimento arriva anche dal viceministro della Giustizia: «È giusto criticare le leggi, ma non bisogna interferire con i percorsi formativi delle leggi» e le fonti del diritto «sanciscono che non ci si debba pronunciare anticipatamente su ciò che deve poi essere oggetto di giudizio», dice infatti Francesco Paolo Sisto. —
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