Meloni, la Bro d’Italia: blitz a Washington nella tana di Trump
Con disinvoltura e fiuto politico, la premier conquista la scena americana: tra intese personali, affinità ideologiche e una diplomazia dal volto umano, Giorgia Meloni si ritaglia il ruolo di interlocutore privilegiato del tycoon nel Vecchio continente


Giorgia Meloni ha colto l’attimo. Si è mossa con disinvoltura nel suo viaggio nel disordine, proprio nella tana del Signore del caos. Persino gli avversari della presidente del Consiglio sono costretti a riconoscere il successo della visita negli Usa. Il “contatto” è stato stabilito. E Meloni può fregiarsi del ruolo di primo interlocutore nel Vecchio continente.
La premier, naturalmente, è stata molto attenta nel tenersi in equilibrio tra le due sponde dell’Atlantico. Il viaggio è stato preceduto da un confronto con Ursula von der Leyen. Ma è evidente come l’idea che Meloni ha dell’Ue continui a mettere al centro gli Stati. E i rispettivi capi di governo.
Non si trattava del primo contatto Meloni-Trump. Ma la sintonia vista a Washington sembra destinata a durare – per quanto possibile sia individuare qualcosa di stabile nell’Età dell’Ora trumpiana. E non può essere ridotta all’evidente consonanza culturale e ideologica su diversi temi, sui quali i leader hanno prevedibilmente spinto – si pensi ai ripetuti richiami al nodo dell’immigrazione.
Va riconosciuto che il confronto è stato ben preparato, sotto il profilo diplomatico. Come fatto notare da molti osservatori, Meloni ha gestito con scaltrezza anche i passaggi potenzialmente più scivolosi. La padronanza dell’inglese, fluent quanto basta, si è rivelata un fattore decisivo, nel tentativo di saldare il legame personale. Del resto, a dispetto del contesto istituzionale-formale, le relazioni internazionali si basano sull’incontro tra persone. E forniscono ai capi di governo l’opportunità per rafforzare la propria posizione interna.
Vale a maggior ragione nel caso del tycoon e di quella che alcuni hanno definito la “broligarchia” di Washington: una forma di potere che fonde l’influenza economico-tecnologica – la nuova oligarchia, per l’appunto – con le relazioni personali e amicali. Da Bro: ben più che l’abbreviazione di brother (fratello), il termine indica una fratellanza che sa di comune appartenenza, complicità, cameratismo.
Meloni, lo sappiamo, non ha paura di muoversi in un mondo che parla “al maschile”. Al maschile, non a caso, Il presidente del Consiglio declina il proprio ruolo. Alla Casa Bianca, la leader di Fratelli d’Italia si è presentata come Bro d’Italia. Ha mostrato di parlare la stessa lingua di Trump. Esibito gli stessi riferimenti cultuali (Make the West Great Again). In sintesi, ha mostrato di essere una “dello stesso giro” di Trump. E di Musk, che ha trovato il tempo di incrociare, dopo le incomprensioni dell’ultimo periodo su satelliti e dintorni. Con buona pace di Salvini, che già si immaginava coinvolto in una bromance con le star americane. Con buona pace dei partner europei, dei loro dubbi sulla visita e la contro-visita a Roma. All’Europa perennemente lenta e impacciata, incerta e acefala, Meloni ha contrapposto la velocità di contatto diretto e personale. La semplicità della visita a casa di un amico, che ricambierà la cortesia.
Torna alla mente la vecchia battuta di Henry Kissinger: «Chi chiamo se devo chiamare l’Europa?». Ecco, nella lista dei contatti di Trump ora un numero c’è, con vicino la stellina dei preferiti. Il prefisso è quello dell’Italia.
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