Dai dazi Usa al congresso della Lega, Salvini: «Il piano della von der Leyen è già morto»
Il vicepremier e leader leghista: «Presto io in visita in America, Cina e Giappone. Autonomia, intoppi burocratici. Vannacci vicesegretario? Lui un valore aggiunto»


Non si arrestano le bordate all’Europa, «dove c’è chi vuole frenare la pace» e a Ursula von der Leyen, «che ha dato una lezione di democrazia venezuelana, non facendo votare dall’Europarlamento il suo piano, nato morto: non vedrà mai la luce». E neanche le sportellate a Macron, che sugli eserciti europei «parla a nome di nessuno, neppure dei francesi».
Così come non si arresta la diplomazia parallela di Matteo Salvini, pronto a partire in missione per Usa, Giappone e Cina: a dimostrazione che l’armistizio con Giorgia Meloni e Antonio Tajani è durato lo spazio d’un pomeriggio: «Nessuno in maggioranza può non vedere di buon occhio che da ministro delle Infrastrutture io stia preparando spedizioni con aziende italiane di livello per aprire nuove sedi e fare nuovi contratti - si giustifica il leader della Lega -. Entro la primavera farò le prime tre missioni, accompagnato da diverse aziende, tra cui alcune venete, per aprire nuovi mercati e fare nuovo business».
In un colloquio con alcuni giornalisti, Salvini tocca tutti i nodi sul tavolo: da come limitare i dazi Usa, al rapporto con Trump, dall’Autonomia alla data del voto in Veneto. Fino al congresso della Lega, dove non esclude l’ipotesi di nominare il generale Vannacci come vicesegretario.
Armamenti
Sul primo fronte di tensioni tra alleati, i miliardi di euro in armamenti, «la Lega è favorevole a investire in sicurezza interna, che sono comunicazioni, assunzioni e infrastrutture, come i ponti sul Po; e aumentare la spesa interna a questi scopi, ma dico clamorosamente no al vuoto proposto da von der Leyen, ribattezzato ‘Prontezza nel 2030’ che già è un ossimoro. Quindi assolutamente no a fare debito per assecondare le pulsioni belliche di chi non vuole la fine della guerra e penso al commissario Kallas che ha proposto una sciagura, spendere 40 miliardi per comprare proiettili».
Il Capitano è certo che non si arriverà mai a votare in Parlamento il mega investimento chiesto da Ursula: e quindi il problema di come conciliare le sue posizioni con quelle di Forza Italia non si porrà neppure. «Oggi (ieri, ndr) Giorgia a Parigi ha tenuto una linea saggia e prudente chiedendo di coinvolgere gli Usa, il dialogo con Washington è necessario. Purtroppo ci sono note stonate. C’è chi spinge il piano di Ursula da 800 miliardi in bombe e missili. Chi appoggia il piano Macron, che parla di guerra perché ha un disperato bisogno di visibilità. Mentre il mondo lavora per la pace, ci auguriamo che qualcuno non voglia far saltare il tavolo, a Parigi o Bruxelles. Macron e von der Leyen abbassino i toni».
Autonomia
Maglione blu, bandiere di Italia e Ue alle spalle come in ogni ministero, il Capitano comincia il colloquio compiacendosi dei progressi fatti nel Bellunese in vista delle Olimpiadi, perché «sulle varianti del Cadore si stanno mantenendo impegni presi e tempistiche, gli imprenditori veneti sono addirittura stupiti. Quindi bene. Sul decreto sicurezza ci siamo, dopo un anno ora siamo arrivati alla fase finale e mancano pochi giorni al varo».
Sullo stop patito dall’Autonomia regionale, invece «c’è qualche intoppo burocratico, non politico, da superare, perché la legge c’è e bisogna darle dei contenuti». La legge delega ha avuto l’ok dei ministri, «c’è un capufficio che dice di no, ma la politica deve prevalere, c’è un programma di governo e una maggioranza che, con maggiore o minori entusiasmi, vuole andare avanti. Anche sul premierato».
Dazi
Il tema che terrorizza le imprese specie al Nord, va affrontato in modo pragmatico: Salvini dice di non aver parlato di dazi con Vance, ammette che «sono un rischio» e rispetto ad avere «un ombrello europeo per l’Italia sarebbe conveniente avere buoni e diretti rapporti con l’amministrazione Trump. Qualcuno non vuole per motivi ideologici, ma l’interesse nazionale deve prevalere sulla simpatia. Non sono trumpiano per simpatia, ma penso che un contatto diretto con Washington possa tutelare alcune filiere: vino, meccanica, farmaceutica, l’alimentare. Temo che Bruxelles abbia idee confuse anche quando minaccia guerre sui dazi agli Stati Uniti». Certo, Salvini ammette che «Trump usa metodi non ortodossi e originali», ma rispetto alle sue bordate ai parassiti europei ricorda di aver detto anche di peggio sull’Ue: «Non parlo di cittadini europei, non sono filoamericano a prescindere, anzi mi hanno accusato di essere filorusso. Ma se torna la pace per l’Italia si spalancano opportunità, mercati e crescita. Non fa piacere che in borsa le case automobilistiche perdano il 5%, ma il settore dell’auto è morto quando Bruxelles ha deciso il suicidio con l’amenità del green deal». Se l’Europa saprà imporsi, bene; se invece sarà quella di Von der Leyen «i nostri imprenditori si dovranno affidare a un governo che li metta al riparo. Confido in Giorgia: ha buoni rapporti sia a Washington sia a Bruxelles».
Elezioni in Veneto
Il grumo di problemi con gli alleati riguarda pure la data del voto regionale in Veneto. «La Lega è pronta domani mattina, siamo sicuri di vincere e possiamo votare a ottobre o a maggio, è uguale. Ma ho sempre ritenuto che sarebbe un peccato che la fiaccola olimpica non avesse come protagonista Zaia, visto che lui fu uno dei protagonisti della vittoria di aver portato l’Olimpiade qui, che porterà 5 miliardi di euro al territorio».
La Lega attende con ansia la sentenza della Consulta del 9 aprile sulla Campania, «se dicesse che non c’è limite di mandato, Luca si potrebbe ricandidare. Altrimenti non abbiamo ancora fatto un tavolo di centrodestra, ma siccome andranno al voto sei regioni, l’unica uscente a ottima guida Lega è il Veneto: e riproporre la squadra uscente è la cosa giusta da fare, non penso ci sia motivo di litigare». A rafforzare questa tesi, c’è il dato di 161 sindaci e 1110 amministratori locali, «un numero senza precedenti per la Lega». Quanto al candidato alternativo, «non si ragiona di scambi tra Veneto e Lombardia». Se non sarà Zaia, Alberto Stefani può essere il nome giusto per il dopo Zaia? «Alberto è bravissimo, sicuramente sta facendo un lavoro egregio: alla sua giovane età, ha già fatto il sindaco ed è segretario di una regione dove è riuscito a riportare sintonia. Ma vi è tanta gente tra i nostri che potrebbe fare bene il governatore».
Congresso della Lega
Il discorso non può che planare sul congresso della Lega e su Vannacci. Certo, il 5 e 6 aprile a Firenze si voteranno modifiche statutarie, qualcuno dice per consentire al generale di diventare vicesegretario. «Io ho chiesto ci fosse nello statuto maggiore facilità per iscriversi e decidere, noi abbiamo il doppio tesseramento di sostenitore e militante, ma ho chiesto di aprire le porte delle 1300 sezioni a energie e altre figure, in modo che anche i sostenitori potranno decidere sui loro sindaci e segretari».
Sulla eventuale nomina di Vannacci, oggetto di tensioni, nulla è escluso. «Chi saranno i vicesegretari verrà deciso dal consiglio federale dopo il congresso. Sicuramente ho invitato Roberto Vannacci, che è un valore aggiunto, che ha preso mezzo milione di voti, che porta avanti idee importanti. E che condivide il percorso autonomista e federalista in Italia, che deve coincidere con quello sovranista in Europa». Il generale magari potrebbe diventare il quarto vice di Salvini, con funzioni di commissario della Lega in Toscana, come lui vorrebbe. E chi storce il naso sarebbe così servito.
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