Salvini non vuole correre rischi e blinda le regole al congresso federale

Il Consiglio federale della Lega approva le correzioni che consentiranno al segretario di restare senza rivali all’appuntamento di aprile a Firenze

Carlo BertiniCarlo Bertini
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini

Con Giorgia Meloni gioca a fare la lepre per farsi inseguire nella sua corsa a destra, con alterne fortune. Con i militanti gioca a fare il leone della foresta, senza rivali a contendergli una leadership ormai datata una dozzina d’anni: dopo la prima volta nel 2013, l’ultimo congresso che lo acclamò segretario fu a Parma nel 2017.

E anche quello del 5-6 aprile a Firenze si preannuncia blindato. Il Capitano non dovrà vedersela con nessuno dei suoi colonnelli più scalpitanti, che del resto non hanno manifestato fin qui alcuna intenzione di sfidarlo: come Massimiliano Romeo, segretario della Lombardia e fautore della “difesa del Nord”, o Luca Zaia, orfano di cadrega tra pochi mesi ma sempre molto potente; o Massimiliano Fedriga, presidente del Fvg che piace ai poteri moderati, o Attilio Fontana, governatore lombardo.

Tutti costoro, così come qualche giovane cavallino rampante di periferia, pur avendo sollevato dubbi sulla linea ufficiale, non oseranno mettersi contro Matteo Salvini. Il quale però, tanto per non solleticare tentazioni, ha fatto approvare un regolamento congressuale che veste come una camicia di forza chiunque abbia intenzione di soffiargli lo scettro. Solo per dirne una: chi volesse candidarsi alla segreteria, dovrebbe raccogliere da 120 a 200 firme in quattro regioni diverse. Difficile per chiunque.

Insomma, se c’è qualcuno che può impensierire il leader della Lega, è solo il generale Vannacci, che minaccia un giorno sì e uno no di lanciare un suo soggetto politico che svuoterebbe i fienili del Carroccio. E di cui si parla come possibile vice di Salvini nominato al congresso. Ma a parte questo tarlo, il tavolo della Lega deve essere liscio come un piano da biliardo, perché a Salvini serve un partito compatto dietro di lui per gli anni a venire.

La bozza di regolamento approvata dal Consiglio federale, dietro i tecnicismi, assegna pertanto un ruolo determinante anche ai delegati del Centro-Sud, sorta di nemesi per chi non crede nel progetto di una Lega nazionale dopo le batoste elettorali degli ultimi anni.

Ma il Capitano, anzi, rilancia: premia le regioni che hanno ottenuto una maggiore percentuale di voti alle ultime elezioni, impedendo di fatto un blitz ai suoi danni di territori del Nord, stanchi di veder messe in soffitta le storiche parole d’ordine.

Al punto 2 della Premessa, si specifica che i delegati da spedire a Firenze saranno scelti in base alla media di due parametri: la percentuale di voti presi dalla singola regione rispetto a quella ottenuta dalla Lega su base nazionale; secondo, il numero di “veterani”, ovvero di iscritti senior ( Soci ordinari militanti, acronimo Som) di una regione rispetto al totale.

Una gabola che scongiura colpi di mano, che sarebbero stati invece possibili con le regole in auge fin qui: secondo cui i delegati venivano calcolati in base al numero di Som di ogni regione. Il che creava blocchi di potere dentro il parlamentino leghista di regioni, come Veneto o Lombardia, che da sole avevano la totale maggioranza di iscritti.

Mentre così le regioni del Sud, che alle europee hanno avuto buone performance di voti, potranno giocarsi la partita bilanciando quelle del Nord. Non a caso, al primo congresso regionale in Sicilia, il commissario Nino Germanà, vanta «la forte crescita del partito e il risultato eccellente» di aver messo insieme «oltre tremila iscritti e più di 400 amministratori locali». Grazie al miraggio del Ponte sullo Stretto.

E non a caso Salvini di recente ha nominato altri due vicesegretari, oltre al lombardo Andrea Crippa: il veneto Alberto Stefani, che avrà un ruolo chiave nella contesa con FdI alle regionali; e il laziale Durigon, che assicura un bacino di consensi nel Centro-Sud dove la sua parola conta, eccome.

Nei 17 articoli del Regolamento (che fissa in 400 il numero complessivo di delegati), si stabilisce che, per scongiurare mozioni alternative a quella di maggioranza, depositata subito da Stefani, gli emendamenti dovranno essere firmati da ben 100 congressisti di almeno due regioni.

Un meccanismo a prova di dissenso, anche perché gli altri testi da mettere ai voti dovrebbero essere molto duri nei confronti del segretario e, nello stesso tempo, in grado di raccogliere 100 firme di delegati ben intenzionati ad andare contro la leadership ormai consolidata nella Lega. Si tratta di un’ipotesi del terzo tipo, che infatti non si realizzerà nei fatti. 

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