Tensioni con la Lega, Tajani: «Momenti delicati, a tutti chiedo prova di responsabilità»
Il ministro degli Esteri: «No a litigi pretestuosi. Cautela nei rapporti internazionali. Veneto al voto nel ’26? Ne parleremo a Roma»


Invita tutti, ma proprio tutti, «a tenere atteggiamenti responsabili», glissa quando gli si chiede se Salvini farà il bravo quando finirà il congresso della Lega, il 6 aprile; conferma «il massimo rispetto» per la Francia e il suo presidente Macron, bistrattato dall’altro vicepremier.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, oggi in Friuli Venezia Giulia nel ruolo di leader di Forza Italia per sostenere i candidati alle comunali, prova a spegnere i fuochi (finora fatui) che ardono nel governo. Sul piano internazionale si dice convinto che «Putin vorrà chiudere presto la fase della guerra».
Sul piano interno, porta sbarrata a un terzo mandato per Luca Zaia, con uno spiraglio sul rinvio del voto regionale a primavera 2026.
Ministro, partiamo da qua: sarebbe d’accordo con l’ipotesi avanzata dal collega Piantedosi?
«Il ministro Piantedosi ha dato una informazione tecnica sulla base delle norme vigenti, nazionali e regionali, e ha indicato la possibilità della primavera 2026 come data del voto in Veneto. Adesso con il presidente del Consiglio, il governo deciderà come intervenire su questo termine. È una scelta politica e Piantedosi ci ha ricordato quali sono le condizioni tecniche per il voto regionale in Veneto».
Visto che si sta parlando di Zaia, niente terzo mandato?
«Sul terzo mandato siamo sempre stati contrari, non è una scelta a favore o contro qualcuno, ma di democrazia. Noi riteniamo che un presidente di Regione, che nel suo territorio ha più poteri del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio, dopo due mandati debba tranquillamente lasciare la carica, eventualmente per nuovi impegni».
Per allargare il discorso alla Lega, chi sono i partiti populisti e “quaquaraqua”? Nessuno crede che si riferisse ai 5 stelle...
«Mi riferisco a tutti coloro i quali agitano polemiche pretestuose sulle nostre scelte e sulle nostre alleanze in politica estera, in un momento che è eccezionalmente delicato per l’Italia e per il futuro della nostra economia e del nostro assetto sociale. Ho subìto, per esempio, attacchi per la cautela con cui stiamo affrontando la partita dei dazi, salvo scoprire poi che questa è la linea che viene adottata dalla stessa Commissione europea. Non mi interessa indicare i colpevoli, mi interessa che i comportamenti di tutti siano estremamente responsabili».
Certo, sentirsi delegittimato da un alleato nel suo ruolo istituzionale l’ha indotta a reagire, anche per non perdere peso politico con le altre cancellerie. Pensa che Salvini placherà queste provocazioni dopo il congresso della Lega del 5 e 6 aprile?
«Non mi sento delegittimato in nulla, non lo sono. Il mio unico scopo è portare avanti politiche che tutelino l’interesse dell’Italia e non la espongano ai contraccolpi che questa fase di evoluzione politica nelle relazioni internazionali potrebbe produrre come effetti collaterali».
A proposito di relazioni con la Russia: quanto tempo ci vorrà, secondo lei, prima che Putin in Ucraina accetti la tregua propugnata da Trump? Andare avanti così gli conviene, no?
«Gli incontri fra Stati Uniti e Russia sono in una fase iniziale e vengono condotti con una certa discrezione. Putin potrebbe voler continuare nelle operazioni militari per guadagnare di più nella trattativa, ma sappiamo bene che la Russia stessa in questa guerra sta riversando risorse ingenti. Può avere interesse a vedere riconosciuti alcuni suoi obiettivi, ma di sicuro vorrà chiudere presto la fase della guerra».
Dopo tre anni di conflitti, si profila una pace in cui l’Ucraina dovrà cedere “terre rare” agli Usa e “terre abitate” alla Russia. Si può parlare di pace giusta se il Paese aggredito viene trattato da aggressore?
«Noi italiani, assieme all’Europa, sappiamo bene chi è l’aggredito e chi è l’aggressore. Difenderemo e aiuteremo l’Ucraina a ottenere le garanzie necessarie a firmare una pace giusta. Una pace che è nell’interesse di tutti, ma che non dovrà vedere l’Ucraina sacrificata sull’altare di interessi che cancellino la sua sicurezza e la sua dignità».
Il presidente Mattarella ha consigliato la premier di seguire l’esempio di statisti lungimiranti che scelsero l’Europa quando l’Italia uscì dalla temperie della guerra. Condivide questo suggerimento?
«Giorgia Meloni e il suo governo stanno seguendo l’esempio degli statisti che hanno fatto grande l’Italia. In particolare, il mio movimento politico fa riferimento ai padri del Partito popolare, che nel dopoguerra hanno costruito la stabilità e il benessere del nostro Continente».
Il presidente Macron, ferito dal vicepremier che gli dà del matto; il rapporto incrinato con Ursula von der Leyen; la difficile relazione con Trump di Meloni, che non sembra rivestire il ruolo che sperava. Come gestisce la Farnesina tutte queste debolezze messe in fila?
«Non ci sono debolezze: ci sono relazioni che offrono opportunità e anche punti di forza che dobbiamo consolidare. Abbiamo chiarito ufficialmente che con il presidente Macron il rapporto del governo italiano è di massimo rispetto, e non a caso domani il presidente Meloni sarà a Parigi alla riunione organizzata dalla Francia. Le relazioni con la nuova amministrazione americana ci permetteranno di dialogare in maniera diretta e di far avanzare le nostre ragioni senza imbarazzi».
Domani a Parigi l’Italia dirà che abbraccia piano riarmo Ue oppure partecipa da spettatrice?
«A Parigi si discuterà delle possibili opzioni politiche e militari che i Paesi dell’Europa dovranno adottare per consolidare la tregua e poi la pace fra Russia e Ucraina. La presidente Meloni sarà lì contribuire a costruire una azione comune e coordinata fra tutti i paesi interessati a questi obiettivi».
Sui dazi ogni Paese si difende da sé o state lavorando per adottare strategie comuni europee gestite dal Commissario al commercio?
«I Paesi dell’Unione europea da anni hanno delegato alla Ue il coordinamento e anche la gestione delle politiche commerciali internazionali nei rapporti con gli altri Stati. I dazi li mette eventualmente la Commissione Ue. Per questo in pochi giorni ho incontrato due volte il commissario Sefkovic. Noi come Italia ci difendiamo da possibili contraccolpi in vari modi: innanzitutto individuando nuovi mercati alternativi verso cui puntare, un’azione che sarebbe sempre positiva e utile anche se dagli Usa non dovessero arrivare problemi. Su questo ho presentato un “Piano d’azione” a cui il ministero degli Esteri ha lavorato con Ice, Simest e Sace. Lavoriamo poi con contatti continui, in coordinamento con il Commissario Ue, con l’amministrazione americana, per capire cosa hanno intenzione di fare e per comprendere quali problemi potrebbero esserci».
Pensa sia alle porte una guerra commerciale senza sconti per nessuno?
«Per coordinare eventuali azioni di risposta consultiamo la Ue: saggiamente la Commissione ha preparato alcune misure di risposta agli Usa, ma ha deciso di attendere due settimane dopo i possibili annunci americani del 2 aprile, per evitare di innescare una guerra dei dazi che procurerebbe danni a tutti se condotta in maniera sconsiderata».
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