Tajani: «Terzo mandato, il problema non è Zaia ma la regola generale»

Il vicepremier e leader di Forza Italia categorico: «No a leggi ad personam». Il governatore intanto smussa i toni: «Corsa solitaria? Non ne ho mai parlato»

Enrico Ferro, Laura Berlinghieri
Il ministro Antonio Tajani con il presidente veneto Luca Zaia (foto Interpress)
Il ministro Antonio Tajani con il presidente veneto Luca Zaia (foto Interpress)

Un patto tra Matteo Salvini e Luca Zaia: in cambio di una posizione unitaria al prossimo congresso della Lega il segretario ha assecondato la minaccia del Doge di candidarsi in solitaria in Veneto.

È il retroscena emerso sull’asse Venezia-Milano, dopo giorni convulsi di trattative che coinvolgono non solo il segretario federale leghista e il presidente della Regione Veneto, ma anche quell’esercito di militanti che le cronache politiche dividono all’ingrosso tra “zaiani” e “salviniani”.

Sembra proprio che la questione del prossimo governatore del Veneto sia legata a doppio filo con la stabilità del governo di Giorgia Meloni. O almeno questo è ciò che trapela dai partiti del centrodestra, dopo la sortita di Salvini post consiglio federale.

Una conferma, inconsapevolmente, l’ha data il 17 gennaio Zaia in fiera a Vicenza Oro. «Cosa solitaria? Chi ne ha parlato? Salvini parlerà con Meloni. Non ho altro da aggiungere», ha risposto piccato ai giornalisti che lo incalzavano sulla sua ipotetica ricandidatura.

«È stato un incontro tranquillo», ha ripetuto il presidente, descrivendo il consesso con i maggiorenti della Lega. «Più che intesa diciamo che c’è una comunanza di visioni. Il segretario dice che si va avanti per avere candidatura».

Ma quella del 17 gennaio è stata un’altra giornata di botta e risposta, con i leader nazionali direttamente coinvolti.

«Non credo che il problema sia Zaia, ma la regola generale: non si fanno le leggi per una persona o per l’altra. È una questione di principio, non legata al Veneto o alla Campania», ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a Skytg24. «Mettiamo sul tavolo i migliori candidati della coalizione e poi si decide insieme. Siamo pronti a valutare i candidati degli alleati, ma abbiamo il diritto di proporre i nostri».

E Tajani ha già annunciato quale sarà il nome che metterà sul tavolo: quello di Flavio Tosi.

«La Lega sa benissimo che il terzo mandato non esiste. Due partiti su tre della maggioranza non lo vogliono. Idem buona parte dell’opposizione. La Consulta ha già detto che il limite è legittimo per i sindaci, e quindi potrebbe dirlo anche per i governatori. Quindi Zaia non ha nessuna chance», ha ribadito l’eurodeputato forzista in una intervista a Repubblica.

Ma il collega Giorgio Mulè mette in guardia tutti: « Attenzione, i veneti sono nitroglicerina». Come per avvisare tutti di un pericolo concreto per la tenuta del governo.

Sul terzo mandato per i governatori dice la sua anche Raffaele Speranzon, vice capogruppo di FdI al Senato e da molti accreditato come la persona più vicina in Veneto alla premier Giorgia Meloni.

«Lo sblocco dei mandati? Al momento c’è una legge che impedisce ai presidenti di Regione di candidarsi più di due volte consecutive», dice il veneziano. «Se esisterà una maggioranza in grado di modificarla, allora, via libera. Ma al momento non mi risulta che esista. E ritengo che il dibattito sia ormai fuori tempo». Come dire, tanti saluti cari leghisti. Alla faccia degli accordi tra Zaia e Salvini. «La nostra priorità è garantire al Veneto la continuità di governo nel centrodestra» continua. «Riteniamo che la ritrovata compattezza della Lega sia una bella notizia, che ci mette nelle condizioni di avere degli interlocutori validi, con cui costruire delle decisioni unitarie e condivise. Quanto alle parole di Matteo Salvini, non le commento: l’unica deputata a farlo è Giorgia Meloni».

Ma alla sicumera dei Fratelli, i leghisti rispondono con un caso concreto che, a detta loro, dimostrerebbe quanto sia diverso il paradigma tra elezioni politiche e consultazioni più territoriali. È Bassano del Grappa l’esempio.

Nella città del ponte degli alpini FdI aveva candidato la sindaca uscente Elena Pavan, mentre la Lega aveva scelto di andare da sola con il consigliere regionale Nicola Finco. Alla fine ha vinto Finco, nonostante il 37% che il partito di Giorgia Meloni ha preso alle ultime europee.

«Se ci presentiamo da soli vinciamo lo stesso, a mani basse. Superiamo di sicuro il 50%», ripetono i leghisti, alimentando il fuoco della rivolta.

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