Cure più umane: che cos’è la Carta di Udine e perché tutti ne abbiamo bisogno

Sottoscritto in Friuli un protocollo per un nuovo modello gestionale e clinico delle prestazioni sanitarie. Miglioramento del benessere del paziente e dei professionisti tra gli obiettivi del tavolo tecnico ministeriale

Christian Seu
L'intervento del ministro Schillaci alla presentazione della Carta di Udine
L'intervento del ministro Schillaci alla presentazione della Carta di Udine

Accompagnare il paziente nelle fasi della malattia, dalla diagnosi, alla cura, passando per la convalescenza. Coinvolgendolo, a salute riacquisita, in percorsi di informazione destinati ad altre persone affette dalla stessa patologia. E poi il benessere del personale sanitario, che può essere raggiunto con attività di team building e formazione mirata, anche psicologica. In una parola: umanizzazione.

Sono le fondamenta di un modello di intendere le cure, la medicina ospedaliera e quella territoriale, che stanno alla base del paradigma studiato a Udine dal professor Massimo Robiony, già direttore della clinica di chirurgia Maxillo-facciale dell’ospedale friulano e oggi “papà” della Carta di Udine sull’umanizzazione delle cure (qui per scaricarla), presentata sabato 30 novembre nella prima tappa di un tour che toccherà parecchie città italiane e che ha già coinvolto diverse università dello Stivale.

Sembra scontato parlare di cure umane. Eppure non lo è affatto in un momento storico in cui le strutture sanitarie sono alle prese con difficoltà mai vissute prima dal sistema, stretto tra una riorganizzazione costretta a tenere d’occhio i mal di pancia dei campanili (specie quando si parla di ottimizzazione delle risorse) e la difficoltà di reperire il personale, sempre meno e sempre più anziano.

Il percorso

Gli Stati generali sono il frutto di un cammino iniziato quasi dieci anni fa. Il progetto, ideato dal professor Massimo Robiony, è stato prima applicato nella Clinica di chirurgia maxillo-facciale e poi nel Dipartimento testa-collo e neuroscienze dell’Asufc, diretti dallo stesso Robiony, che oggi è componente del Tavolo tecnico ministeriale per l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo. Nel 2023 si è concretizzato nell’offerta formativa dell’Università di Udine con il master in Salute e umanizzazione delle cure nell’organizzazione e gestione del servizio sanitario nazionale.

Gli obiettivi

L’obiettivo è definire un modello capace di coniugare la prospettiva clinico-assistenziale e quella organizzativo-gestionale. Come? Per sintetizzare la costruzione del modello, gli estensori hanno immaginato il sistema della salute come un tempio, dove le fondamenta sono rappresentate dalla centralità dell’essere umano e del diritto alla salute sancito dalla Costituzione.

I pilastri sono la formazione, la ricerca, i percorsi clinico-assistenziali e quelli di valutazione. L’architrave e il timpano sono costituiti dagli obiettivi: il miglioramento della qualità della vita, della qualità delle cure, del benessere individuale e organizzativo. Ma come si concretizza tutto questo? Con percorsi che vedono il malato coinvolto anche nel post-cura, con il coinvolgimento dei medici di base, ma anche con percorsi di team building all’interno delle equipe mediche, come sperimentato a Udine.

Le relazioni

Dopo i saluti istituzionali, la mattinata al Salone del Parlamento del castello è stata animata dalle relazioni, a partire da quella di Sandra Gallina, direttrice della Direzione generale della salute della Commissione europea, che ha sottolineato le «sfide di sostenibilità legate all’inverno demografico che l’Italia sta vivendo». Secondo Gallina, «il sistema si sta rendendo conto che l’approccio che vede le discipline inquadrate in silos non può funzionare a lungo, ma serve un coordinamento olistico. Il malato ha una storia complessa, non è una malattia: siamo sulla giusta via se capiamo le sue esigenze».

L’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, dal canto suo, ha evidenziato come «in generale, abbiamo l’abitudine di parlare troppo di ospedali, non focalizzando l’attenzione sul territorio. Serve il coraggio della politica, che su questi temi non rispetta il dettato costituzionale, se agisce con approcci ideologici».
Alla tavola rotonda che ha concluso la mattinata hanno preso la parola, tra gli altri, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Rocco Bellantone e Giovanni Migliore, presidente della Società italiana di medicina narrativa. Dopo le parole dei rettori delle università italiane è salita sul podio anche Rita Charon, docente alla Columbia University e considerata la pionera della medicina narrativa.

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