Chirurgia robotica e intelligenza artificiale: il futuro è già qui, ma lo sguardo umano resta centrale

All’Azienda Ospedale Università la tecnologia robotica incontra l’esperienza umana: il professor Federico Rea racconta come il sistema Da Vinci, affiancato all’intelligenza artificiale, consenta interventi mini-invasivi sempre più precisi e sicuri

Simonetta Zanetti
Il professor Federico Rea
Il professor Federico Rea

 

In una società stregata dall’intelligenza artificiale, lo sguardo umano rimane centrale ed è in grado di entrare nella mente del robot guidandolo anche a distanza di migliaia di chilometri.

Oggi, infatti, grazie ai progressi della tecnologia robotica, un chirurgo può operare un paziente che si trova in un continente lontano, mettendo la sua particolare esperienza a servizio di un malato che è altrove.

L’intelligenza artificiale 

Ma non serve intervenire su un paziente lontano per testimoniare l’evoluzione della tecnologia su questo fronte. L’intelligenza artificiale, come parte integrante della tecnologia robotica, consente di immagazzinare migliaia di manovre operatorie con l’obiettivo di arrivare – presto – a condividerle a livello globale permettendo al chirurgo di prevedere il movimento più adeguato a seconda delle caratteristiche specifiche del paziente.

«La chirurgia robotica rientra all’interno della chirurgia mini-invasiva» spiega il professor Federico Rea, direttore dell’Unità di Chirurgia Toracica e a capo del Dipartimento di Chirurgia dell’Azienda Ospedale Università «ma consente movimenti molto più articolati, particolarmente raffinati, per cui diventa possibile raggiungere aree di difficile accesso con strumenti laparoscopici o toracoscopici. Il sistema robotico, oltre a fornire una visione tridimensionale, mima esattamente il movimento di un polso».

L’evoluzione robotica 

L’Azienda Ospedale Università è stata tra le prime strutture, oltre 20 anni fa, a utilizzare il robot Da Vinci per eseguire interventi particolarmente delicati: «Abbiamo cominciato con il mediastino, la zona tra i due polmoni, dove era difficile manovrare gli strumenti toracoscopici, per cui il robot era molto più adeguato e da allora c’è stato un grosso sviluppo in tutti i settori» prosegue il professor Rea «questa tecnologia a 360 gradi offre vantaggi per il paziente poiché comporta minore sofferenza – grazie a incisioni più piccole e degenze più limitate – e permette a noi di eseguire interventi molto più precisi, grazie a immagini ingrandite e senza perdere assolutamente manovrabilità all’interno del corpo umano».

Questa tecnologia era nata per scopi militari per operazioni a distanza: la prima è stata con la console operatoria negli Stati Uniti e il paziente era in Europa. Oggi, dopo decenni di monopolio americano, il panorama è caratterizzato dall’avvento di robot del mondo asiatico – prosegue Rea – con tecnologie sia giapponesi che cinesi.

«Tutto è diventato ancora più semplice perché sono aumentate le tecnologie di trasmissione dei dati e quindi con il 5G quello che noi facciamo in un continente può essere trasmesso immediatamente, senza ritardi nel movimento, in un altro. Questo è un vantaggio che affascina, anche se non sarà la regola, perché il chirurgo sarà sempre più o meno vicino al paziente.

Il grande vantaggio è che così abbiamo una registrazione di tutti i movimenti che facciamo, perché il gesto fatto alla console robotica viene poi traslato al braccio» prosegue il direttore del Dipartimento di Chirurgia «questo ci consente di immagazzinare milioni di movimenti e quindi di arrivare a prevedere se quel tipo di gesto fatto in quel paziente potrà ridurre il rischio di una complicanza. Analizzando i dati potremo capire quale tecnica, anche tra quelle solo leggermente diverse, sia più valida per un intervento, anche solo il modo di mettere i punti. E questo è di enorme importanza anche nella didattica, perché noi possiamo simulare l’operazione che abbiamo fatto, la possiamo vedere, rivedere e capire esattamente quali sono i gesti più adeguati».

L’acquisizione dei dati è automatica: «Il sistema robotico recepisce tutte le informazioni che sono poi da ricondurre all’interno di un sistema di database con meccanismi di intelligenza artificiale per analizzarle e questo potrà essere messo all’interno della stessa tipologia di intervento fatto in Europa piuttosto che in Cina» prosegue il professor Rea «a quel punto sarà possibile mettere insieme e confrontare i sistemi. È la sfida del futuro che molto darà sotto il profilo della pianificazione dell’intervento».

Oggi questa tecnologia viene già spesso utilizzata a livello aziendale associata alla pianificazione preoperatoria, mettendo a confronto tutte le immagini – Tac, risonanze, Pet – per indirizzare le scelte.

Prima di arrivare al tavolo operatorio, il chirurgo ha a disposizione diverse opzioni: dalla classica incisione, cosiddetta “a cielo aperto”, quindi interventi in laparoscopia o toracoscopia e altri, più complessi, realizzati con la robotica: «Questo sistema è un grande vantaggio, ma non deve essere spasmodicamente ricercato» chiarisce il professor Rea «quello che deve essere chiaro è che non è che un paziente che viene operato con il robot viene seguito meglio. Semplicemente, se viene fatta questa scelta, significa che è l’indicazione più adeguata. Non è perché c’è una grande diffusione dell’uso di robot che si deve usare quello e il bravo medico deve scegliere la metodica giusta. Come dire, oggi abbiamo gli aerei, le navi, le macchine, i motorini e le biciclette, ma non è che scegliamo sempre lo stesso mezzo per muoverci, a seconda del tipo di spostamento che dobbiamo fare prendiamo il veicolo più adeguato».

La formazione

L’Azienda Ospedale Università, guidata da Giuseppe Da Ben «acquisisce molte di queste tecnologie proprio per metterle a confronto» conclude Rea «noi adesso abbiamo una piattaforma Da Vinci in Urologia e ne abbiamo un’altra all’interno del Policlinico. Con queste possono operare due chirurghi insieme. Questo permette di affiancare nella stessa console un chirurgo giovane a uno esperto e in qualsiasi momento possiamo sostituire chi esegue l’intervento, sempre sotto la supervisione dell’operatore più anziano. Sotto il profilo della formazione è un vantaggio incredibile». 

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