No, non basta la forza di volontà: i falsi miti da sfatare sui disturbi alimentari

Non esiste solo l’anoressia. E i disturbi alimentari non colpiscono solo le ragazze e no, non è colpa della famiglia. Il percorso di riabilitazione è complesso, tanto quanto la patologia. A peggiorare le cose ci si mettono pure alcune errate gabbie mentali e credenze, ecco le più diffuse

Maria Ducoli

Complessi, sfaccettati, poliedrici. I disturbi del comportamento alimentare (dca) sono una bolla a sé, un mondo a parte con regole e leggi tutte sue, schemi rigidi o assenza di controllo, emozioni troppo forti e altre quasi impercettibili.

Una tana del coniglio in cui, proprio come Alice, si precipita e il proprio corpo si allarga a dismisura un minuto prima, mentre quello dopo si restringe di colpo.

Non a causa di pozioni magiche dai colori allettanti, ma per la dispercezione corporea, così viene chiamata da chi se ne intende.

Una tana che è lontana da tutto il resto. Dalla semplicità delle cose, come mangiare. Dalla spontaneità, come riposarsi se si è stanchi. Lontano anche dagli altri.

Proprio a causa della loro complessità, del loro essere un mondo a parte, il rischio è quello di fraintendere i disturbi alimentari, di non capirli o di capirli nel modo sbagliato.

 

E, da qui, una serie di falsi miti. Tutti da sfatare.

 

Se quando pensi a un dca pensi solo all’anoressia, ti stai sbagliando: solo l’8% di chi è affetto da disordini alimentari soffre di anoressia, mentre il 19% soffre di bulimia, il 22% di binge eating e il 47% di quelli che vengono definiti come disturbi alimentari non altrimenti specificati.

Se pensi che un dca colpisca solo le ragazze, ti stai sbagliando: secondo i dati, il 25% delle persone che soffrono di un dca sono ragazzi. Ma questo numero riguarda solo coloro che chiedono aiuto, c’è ancora tutto un sommerso.

Se pensi che un dca sia una fase adolescenziale, ti stai sbagliando: i disturbi alimentari non sono “fasi” o “capricci” legati all’età. I dati dimostrano che una percentuale significativa di adulti oltre i 40 vive con un dca, spesso diagnosticato tardi.

Se pensi che le persone che soffrono di anoressia siano sottopeso, ti stai sbagliando: i disturbi alimentari non hanno un aspetto specifico e si stima che oltre la metà di persone che soffrono di anoressia sia normopeso, cosa che spesso rende più complicata la diagnosi. Questo perché i dca non hanno a che fare solo col peso e con l’aspetto fisico, ma con il comportamento e le emozioni.

Se pensi che il binge eating sia solo una mancanza di autocontrollo, ti stai sbagliando: si tratta di un disturbo caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, accompagnati da un forte senso di perdita di controllo e vergogna. Non è una questione di volontà o disciplina.

Se pensi che chi soffre di binge eating sia sempre in sovrappeso, ti stai sbagliando: anche chi ha un peso “nella norma” può soffrire di abbuffate ricorrenti e vivere un forte disagio psicologico.

Se pensi che la bulimia sia meno grave dell’anoressia, ti stai sbagliando: tutti i disturbi alimentari possono avere conseguenze fisiche e psicologiche gravi. La bulimia è spesso invisibile perché chi ne soffre mantiene un peso stabile, ma i rischi per la salute sono altrettanto pericolosi.

Se pensi che solo i disturbi alimentari “più conosciuti” sono gravi, ti stai sbagliando: ne esistono altri, come l’ortoressia (l’ossessione per il mangiare sano) o l’Arfid (disturbo evitante restrittivo dell’assunzione del cibo) che sono altrettanto seri e tutti meritano attenzione e un trattamento adeguato.

Se pensi che se qualcuno mangia in pubblico non ha un dca, ti stai sbagliando: un comportamento alimentare visibile non riflette necessariamente ciò che una persona sta vivendo dentro. Molte persone riescono a mascherare le loro difficoltà mangiando in pubblico e mantenendo una facciata di normalità.

Se pensi che i dca siano facili da riconoscere, ti stai sbagliando: molti dei disturbi alimentari sono “invisibili”, una persona può sembrare in salute secondo gli standard della società ma vivere una profonda lotta interiore.

Se pensi che i dca siano una scelta, ti stai sbagliando: ancora oggi c’è l’idea che chi è affetto da un dca sia responsabile della propria malattia. Questo porta la persona a provare vergogna e, spesso, a nascondere il proprio disturbo e a rinunciare alle cure. Penseremmo mai che chi è diabetico, ha il cancro o una qualsiasi patologia fisica l’abbia scelto?

Se pensi che un dca sia solo una questione di cibo, ti stai sbagliando: questi disturbi affondano le radici molto più in profondità e hanno a che fare con il modo in cui le persone provano a gestire emozioni difficili, stress, traumi e insicurezze.

Se pensi che sia colpa della famiglia, ti stai sbagliando: la causa non è mai dettata da una singola persona o evento, i disturbi alimentari derivano da una combinazione di fattori genetici, ambientali e sociali.

Se pensi che basti iniziare a mangiare per guarire da un dca, ti stai sbagliando: questi disturbi non si possono risolvere semplicemente mangiando o controllandosi di più. Sono malattie complesse che richiedono un approccio terapeutico.

Se pensi che commentare il corpo degli altri sia innocuo, ti stai sbagliando: frasi sull’aumento o sulla perdita di peso, su quanto si mangia, possono alimentare pensieri ossessivi e alimentare il disagio. Evitare questo tipo di commenti è un gesto di rispetto.

Se pensi che da un dca non si guarisca mai, ti stai sbagliando: guarire è possibile, ma solo grazie ad un supporto multidisciplinare, in cui la terapia ricopre un ruolo fondamentale.

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