Disturbi alimentari, la storia di Viola: «Il cibo era diventata la mia ossessione, contavo sempre le calorie»
In Italia oltre 3 milioni di persone soffrono di disturbi legati al cibo. Tra i più noti ci sono anoressia e bulimia ma sono molti di più. E la storia di Viola, 17 anni nome di fantasia, ci aiuta a capirli meglio: «Chiedete aiuto, non abbiate paura»
Se il polso si riesce a stringere tra due dita, va bene. Se il braccio è piccolo tanto da sembrare una linea sottile, ancora meglio. Poi ci sono le costole, da toccare e accarezzare. Si vedono? Benissimo. Le anche sporgono? Che bello.
Sono questi i pensieri di chi ha vissuto o vive un disturbo alimentare. A qualcuno potrà sembrare un’esagerazione: mangiale due cose, su, non fare così, dicono i più. Ma per chi c’è dentro, per chi ha vissuto questi fantasmi, quelle parole e sensazioni le ricorderà come un momento di gioia, di beatitudine. Un traguardo tagliato di una maratona dove si perde, però. Non si vince nulla.
Il 16 ottobre si celebra la giornata mondiale dell’alimentazione per la Fao. In Italia ci sono 3 milioni e mezzo di persone che convivono con un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Sono anoressia, bulimia quelle più famose. Ma c’è anche l’ortoressia, il controllo spasmodico delle calorie. Tutto ruota attorno a una cosa: il cibo. Il cibo quando è tanto, il cibo quando è poco, il cibo quando va nascosto o quando va buttato via fuori dal corpo.
Lo sa bene anche Viola, nome di fantasia necessario per tutelare la sua sfera privata, 17 anni. Lei che si è spezzata e ricostruita, lei che più volte si è misurata quel polso sempre più piccolo e che ha voluto raccontare la sua storia affinché «le altre ragazze e gli altri ragazzi non si sentano mai soli».
Il suo disagio, come capita molto spesso agli adolescenti, nasce a scuola, alle medie. «Una compagna di classe una volta mi ha fatto un commento un po’ sgradevole e lì mi sono guardata e analizzata. Eh si, mi piaceva mangiare, sono sempre stata una buona forchetta», ricorda ridendo. Peccato che quel commento, trascurato e lasciato in un angolo, sia diventato un piccolo tarlo. «Vedevo le altre, le trovavo più carine e io ero strana. Non ero al mio posto».
Una compagna di classe una volta mi ha fatto un commento un po’ sgradevole e lì mi sono guardata e analizzata
Poi sono arrivate le superiori e poco dopo il Covid. La stragrande maggioranza di ragazzi con disturbi alimentari ha raccontato come la pandemia abbia acuito i disagi fisici ed emotivi. «Ho iniziato ad allenarmi, in maniera soft. E ho iniziato a perdere peso. Ho avuto la certezza che qualcosa fosse cambiato quando, una volta rientrati in classe, hanno iniziato a trattarmi diversamente, a guardarmi diversamente». Sì, le persone sono più gentili quando si perde peso: «Esatto. Mi sentivo per la prima volta contenta e felice. E quella gioia cresceva sempre di più man mano che perdevo peso».
Le persone sono più gentili quando si perde peso
E da lì inizia il loop: allenamento, meno cibo, meno calorie, più sforzo, più fame, più nervosismo. Cosi, sempre più veloce, sempre più ansiogeno: «Ho iniziato a diminuire gli ingredienti dei miei pranzi durante il Pcto, fingevo di avere mal di pancia per non mangiare. Addirittura aspettavo che i miei facessero colazione per farla io, anzi non farla, o dicevo loro che mi sarei preparata la cena da sola per il gusto di cucinare».
In realtà il solo piacere era quello di limitare gli ingredienti: via dolci, via zucchero, via pane, grissini, il tanto amato gelato. «Avevo il terrore dell’olio. Ed ero ossessionata dalle salse: dovevo vedere quanto ne mettevano e scegliere quelle che avevano meno calorie». Ed era tutto cosi: un conteggio continuo di calorie, sempre meno, fino a saltare i pasti: «C’erano giorni che non mangiavo fino alle cinque. Mi allenavo tre volte al giorno e prima degli allenamenti “ufficiali” dovevo fare esercizio a casa. Ed ero felice, ero cosi soddisfatta dei miei risultati».
Ed era tutto cosi: un conteggio continuo di calorie, sempre meno, fino a saltare i pasti
Qualcosa poi è cambiato. I genitori di Viola si sono presto accorti dei cambiamenti della figlia: stanchezza e nervosismo prima di tutto, ma anche il freddo. «Avevo sempre i brividi, il freddo fino alle ossa anche a giugno. Mi sentivo congelata dentro». A quel punto l’intervento della mamma e la visita dal medico di base: «C’è voluto tempo prima che capissi, che aprissi gli occhi». Tutto bene alla fine? «Macchè. c’è stato il risvolto della medaglia. Ho iniziato a mangiare tanto e malissimo». E riecco il loop del cibo, solo cibo, sempre cibo.
Si guarisce da un disturbo alimentare? «Sì, ma serve tanta accettazione. A volte ho pensato anche di avere il potere di farlo e rifarlo quando volevo. Mi ero imposta questa regola del lunedì. Mangiavo dolci e schifezze il fine settimana, convinta che il lunedì potessi ricominciare ad avere una sana alimentazione. Ma cosi non è stato. La situazione mi stava sfuggendo di mano ancora».
Giorno dopo giorno, tanto sostegno e aiuto dalle persone amate, Viola si è rialzata: «Ho imparato ad ascoltarmi, a volermi bene, ad accettare che posso mangiare tutto con moderazione e con intelligenza. Ho deciso di abbinare cibo sano a qualche concessione. E non me ne faccio una colpa».
Non ha aiutato il continuo bombardamento di nuovi alimenti, tutti che puntano sui “zero zuccheri”, “zero calorie”, proteico, altamente proteico: «Il mio cibo preferito era diventato il budino al caramello, proteico ovviamente. Come se questa cosa mi permettesse lo “sgarro lecito”. E invece era come ingerire quattro bistecche. Allora ho detto: sai cosa? Invece di quattro bistecche mi mangio un piatto di pasta. Perché è migliore? Forse si. Ma sicuramente perché ne ho voglia».
Ad aiutarla un libro comprato durante un viaggio in Scozia: «You Are Not a Before Picture mi ha fatto sentire compresa. Così come ho seguito anche alcune youtuber che avevano vissuto la stessa cosa e hanno avuto la forza di raccontarla. Ecco i social possono tirarti giù nel baratro con i loro modelli sbagliati o possono aiutare e farti sentire parte di qualcosa di più sano».
Quello su cui punta poi l’attenzione Viola è il sostegno e il dialogo: «A chi vive questa situazione dico: parlatene, fatevi aiutare, lasciate che gli altri vi ascoltino davvero. Che sia a scuola, dove spesso ci sono punti di ascolto, in famiglia o tra amici. Trovate chi rispetta il vostro vissuto e parlatene con loro. A volte diranno cose che vi faranno arrabbiare, altre volte vi ameranno e vi aiuteranno. Ma parlarne è il primo passo per stare meglio».
Quel libro scelto da viola ha proprio ragione: noi non siamo l’immagine di prima.
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