Intelligenza artificiale, rivoluzione nella cura di prostata e polmone
Il direttore dell’Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedale Università di Padova, Dei Tos: «Con la profilazione genomica restituiamo opportunità a casi in cui le cure tradizionali non funzionano più. Prima dell’estate partiremo con il cancro della mammella»

In prima linea nel dialogo con l’intelligenza artificiale alla scoperta di una lingua comune per la ricerca finalizzata al miglioramento di diagnosi e cura.
A servizio dei vivi, quindi, diversamente da quanto potrebbe far pensare il suo ruolo di direttore dell’Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedale Università di Padova.
Così vorrebbe essere ricordato un giorno il professor Angelo Dei Tos, tra le altre cose direttore del dipartimento dei Servizi di Diagnostica Integrata di via Giustiniani nonché presidente della Scuola di Medicina e della Società italiana di Anatomia Patologica in carica dal prossimo dicembre per tre anni.
«La gente pensa all’Anatomia Patologica e si immagina che lavoriamo con i morti quando in realtà quasi tutta la nostra attività è a supporto dei vivi» sostiene Dei Tos «con 100 mila diagnosi l’anno, l’anatomia patologica è pietra angolare delle decisioni terapeutiche in oncologia. Senza contare il supporto alla diagnostica nelle neoplasie rare, per cui nel corso degli anni ho rivisto almeno 80 mila casi. Quindi un giorno vorrei essere ricordato per aver transitato in modo definitivo la mia disciplina al centro dell’arena clinica e per aver consentito la transizione del nostro universo nel digitale».

Intelligenza artificiale
Tra grandi speranze e qualche diffidenza, intanto dall’intelligenza artificiale arrivano i primi risultati: «Uno dei primi esiti che riusciamo a vedere nell’applicazione di determinati protocolli – anche se ci stiamo entrando con i piedi di piombo – è sul cancro della prostata: i sistemi di aiuto diagnostico che utilizzano algoritmi così complessi ci danno un’informazione precisa al 99,9%. Questo significa che di fronte a una biopsia negativa hai sostanziali certezze e questo, oltre a far risparmiare tempo, dà anche maggiori certezze sul percorso diagnostico-terapeutico. Stiamo parlando di prodotti approvati che noi stiamo prudentemente sperimentando tenendo conto che l’intelligenza artificiale è ideata, governata e applicata da esseri umani e sta sempre a noi l’ultima parola. Siamo di fronte a un sistema in costante evoluzione e miglioramento ma non infallibile, del resto nessuno lo è, nemmeno le persone».
In via di realizzazione una gara che coinvolgerà le strutture ospedaliere di Padova, Rovigo e Verona per ampliare la strada di applicazione dell’AI «con la coscienza che l’implementazione richiede due o tre anni per le digitalizzazioni massive per ogni singola istituzione» chiarisce «stiamo facendo la gara per aumentare il numero degli scanner, ovvero gli strumenti che prendono i vetrini e li trasformano in immagini digitali. La Crite ha già dato parere favorevole, quindi stiamo parlando di tempi tecnici di esecuzione. Ormai è solo una questione di hardware: saremo pronti prima dell’estate. Del resto la digitalizzazione è la condizione necessaria per l’accesso all’intelligenza artificiale».
Come detto, però, sul fronte dell’utilizzo dell’AI nell’ambito del cancro della prostata i risultati sono già pubblicati: «Stiamo cominciando a testare questo fronte e quello che stiamo vedendo è veramente promettente e rassicurante. Prima dell’estate partiremo con il cancro della mammella e con la determinazione del Pdl1 per il tumore al polmone. Quest’ultima è una delle molecole che bloccano la risposta immunitaria per cui si può intervenire con l’immunoterapia per rimuovere il “blocco”. L’utilizzo dell’AI consente una più accurata misura del valore di questo biomarcatore permettendo di trattare più pazienti, persone che prima non erano ritenute avere chance terapeutiche».
Molecular Tumor Board
Ma l’avanguardia dell’Anatomia Patologica non si ferma qui. Sempre secondo la filosofia di ampliare il numero dei pazienti curabili, rosicchiando speranza a sentenze di morte prima inappellabili, il lavoro del Molecular Tumor Board (Mtb), in cui gruppi oncologici multidisciplinari si confrontano settimanalmente per cercare di recuperare alla terapia pazienti in cui le cure tradizionali non funzionano più: «Il Molecolar Tumor Board, che dirigo, sta ampliando i confini regionali con richieste di convenzione che arrivano dalle province autonome di Trento e Bolzano di poter discutere anche i loro casi. Qui cerchiamo alterazioni nel genoma del cancro con una profilazione estesa, cioè analizziamo circa 500 geni in cerca di alterazioni che siano potenziali bersagli terapeutici» spiega «siamo stati i primi in Italia e quelli che hanno determinato la riscrittura della legge nazionale che governa l’utilizzo dei Mtb. Si tratta dell’ultima frontiera per il malato. Attualmente discutiamo 3-4 casi a settimana con centinaia di pazienti profilati e questo ci ha consentito di dare una indicazione terapeutica a circa il 25% dei malati: possono sembrare pochi ma sono vite umane che vengono restituite a un’opportunità di cura».
Sul tavolo qualunque tipo di tumore che viene selezionato in base a criteri precisi – che ci sia un senso nel cercare una terapia alternativa e che il paziente sia nelle condizioni di sopravvivenza stimata tali da potersi giovare di un approccio terapeutico diverso –, con grande attenzione alle neoplasie rare laddove l’expertise e la disponibilità di farmaci sono ancora rari.
«Al momento il sistema soffre del fatto che c’è una correlazione stretta tra alterazioni molecolari e farmaci disponibili» prosegue Dei Tos «ad esempio, c’è un’alterazione molecolare comune che riscontriamo nei tumori che è un gene che si chiama P53. Tuttavia questo non è associato a un trattamento specifico. Il fatto di trovarlo può quindi avere solo un valore prognostico. Dopodiché stiamo parlando di un campo in espansione in cui più si ricerca più si amplia la pratica clinica. Questo è un sistema che da un lato dà possibilità a persone prima considerate spacciate e dall’altro svolge un’azione di governo della spesa su farmaci ad alto costo perché ci dice chi possiamo trattare».
Il tema della guerra al cancro, tuttavia, non si esaurisce nell’indagine genomica: «Probabilmente bisogna percorrere anche strade diverse a partire dal fatto di considerare che il cancro è come una società complessa, fatta di interazioni. Qui noi guardiamo cosa fa la cellula neoplastica ma non guardiano cosa fa in interazione con il sistema immunitario con le strutture in cui vive ed è la frontiera che stiamo portando avanti soprattutto con il professor Piccolo andando a interrogare molti più fattori. In oncologia oggi il mantra è Ngs che è una tecnica scorrettamente tradotta in profilazione genomica estesa che guarda solo all’aspetto del tumore relativo alle sue alterazioni molecolari».
Immunoterapia
Un altro fronte particolarmente promettente dal punto di vista terapeutico, è il lavoro sul carico mutazionale del tumore: «Il numero delle mutazioni che il cancro porta nei geni è determinante per l’immunoterapia» chiarisce dei Tos «e questa è una delle armi più efficaci nella terapia del cancro. La filiera è questa: di fronte a una malattia che ha esaurito le linee terapeutiche, se il paziente è candidabile, faccio l’analisi estesa del genoma del cancro, vedo se ho un’alterazione targettabile o, come seconda informazione, se sono in presenza di un tumore che ha tante mutazioni. In questo caso più mutazioni ha più posso pensare di utilizzare l’immunoterapia. È un dato molto importante e concreto che possiamo utilizzare: vale anche in assenza di mutazioni ma in presenza di un carico mutazionale molto alto. Quando funziona l’immunoterapia è quasi miracolosa: permette trattamenti prolungati, poco tossici e buone risposte. Di fatto si tratta di farmaci che stimolano il sistema immunitario ad attaccare il cancro che, altrimenti, non riconosce. Questa ha già cambiato il destino del tumore del polmone che era una malattia praticamente incurabile. Si è cominciato da lì, assieme a melanoma e vescica urinaria perché sono i tre tumori con il più alto carico mutazionale».
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