Mauro Giacca, lo scienziato triestino al timone del Centro terapie cardiache avanzate
Il centro si concentrerà sullo sviluppo di terapie geniche per stimolare la rigenerazione del cuore nei pazienti con insufficienza cardiaca
«Sono entusiasta di avviare le attività del nuovo Centro. C’è un enorme bisogno di nuove terapie per l’insufficienza cardiaca e siamo in un momento emozionante per la medicina, poiché le tecnologie sono progredite al punto di permetterci di sviluppare una categoria completamente nuova di farmaci per il cuore, basati su Rna e geni, che potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie cardiache».
È il commento a caldo dello scienziato triestino Mauro Giacca, direttore della School of Cardiovascular and Metabolic Medicine & Sciences del King’s college di Londra, appena nominato a capo del nuovo Centro per la ricerca d’eccellenza in terapie cardiache avanzate (React), finanziato con 50 milioni di sterline dal Medical Research Council e dalla British Heart Foundation.
La rigenerazione del cuore
Il centro si concentrerà sullo sviluppo di terapie geniche per stimolare la rigenerazione del cuore nei pazienti con insufficienza cardiaca, una condizione che colpisce oltre 65 milioni di persone nel mondo.
Utilizzando tecnologie basate sull’Rna, come mRna e piccoli Rna regolatori, e sistemi di somministrazione virali e non virali, il progetto punta a risvegliare i processi rigenerativi naturali del cuore, ispirandosi a modelli animali come salamandre e pesci: l’obiettivo è avere terapie pronte per la sperimentazione clinica entro sette anni. Collaborazioni con partner accademici e industriali, tra cui Astra Zeneca, accelereranno il trasferimento delle tecnologie verso la clinica.
Professor Giacca, che obiettivi si è posto come direttore del nuovo Centro React?
«Vogliamo utilizzare le nuove tecnologie portate alla ribalta dai vaccini anti-Covid a mRna o a vettori virali per sviluppare nuove terapie geniche per la rigenerazione cardiaca. Abbiamo ottenuto un finanziamento molto importante per farlo, 50 milioni in 7 anni, rinnovabili a 14, e messo in piedi collaborazioni accademiche e industriali prestigiose, inclusa quella con il fondo d’investimento Syncona, per riuscire a centrare un obiettivo ambizioso: vogliamo riuscire ad arrivare alla prima terapia al più tardi entro 7 anni».
Da quanto tempo lavora su questo filone di ricerca?
«Abbiamo iniziato a svilupparlo a Trieste, con Gianfranco Sinagra, più di dieci anni fa, con l’idea di trasferire Rna e geni nel cuore per convincere le cellule cardiache a duplicarsi e riformare le porzioni di cuore perdute».
Quali tecnologie impiegherete per tentare di riattivare i processi rigenerativi nelle cellule dei cuori umani danneggiati?
«Puntiamo soprattutto su due tecnologie, con l’obiettivo di stimolare la formazione di nuovo tessuto muscolare cardiaco e nuovi vasi sanguigni. Se si tratta di geni basati su Dna vogliamo trasferirli alle cellule impiegando dei piccoli virus come vettori, come già fatto a Trieste negli ultimi anni. Nel caso invece dell’Rna impiegato come farmaco vogliamo usare per la veicolazione la stessa tecnologia a base di nanoparticelle lipidiche su cui sono basati i vaccini Pfizer e Moderna. Lo scenario è quello di un cardiologo interventista che inetta nel cuore l’Rna contenuto nelle nanoparticelle: l’Rna raggiunge così le cellule cardiache e fa riformare la porzione perduta di cuore».
Quali le sfide che vi attendono?
«Dovremo trovare dei modi per iniettare endovena queste particelle. Nel frattempo cercheremo anche nuovi Rna, che funzionino anche per rigenerare il cuore di chi ha avuto un infarto anni fa e si ritrova con un’insufficienza cardiaca e una grossa cicatrice. Sono già pronti invece i piccoli Rna che abbiamo scoperto a Trieste e che speriamo di portare in clinica, se tutto va bene, già a inizio 2026».—
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