Gli ospedali del futuro: «L’intelligenza artificiale potrà aiutare i medici, non certo sostituirli»
Il professor Gian Luca Foresti, ordinario di cybersecurity al Dipartimento di Matematica dell’Università di Udine, al convegno Health talks 2024: «La prima e l’ultima parola spetteranno sempre allo specialista sanitario che deve usare i nuovi strumenti per arricchire le sue informazioni e valutare meglio le casistiche»
«L’intelligenza artificiale può aiutare il medico a prendere decisioni e a scegliere le cure migliori». Il professor Gian Luca Foresti, ordinario di cybersecurity al Dipartimento di Matematica dell’ateneo friulano, mercoledì 13 novembre analizza il tema nel corso del convegno “Health talks 2024 Intelligenza artificiale nella sanità: la sfida del futuro” organizzato dall’Osservatorio nazionale per i diritti dei malati, nella sala degli atti parlamentari della biblioteca del Senato, intitolata a Giovanni Spadolini.
L’obiettivo è capire come utilizzare l’Ai in sanità e su questo bisogna riflettere anche dal punto di vista etico.
Professore, nelle sfide future c’è un problema di sicurezza dei dati?
«Avendo una grande quantità di dati da gestire si presentano problemi computazionali, di sicurezza ed etici. Nel primo caso, a esempio, abbiamo bisogno di una grande capacità di calcolo».
Disponiamo di questa capacità?
«Ni: su queste cose la fame computazionale è infinita. I modelli che riescono a macinare più dati diventano più accurati. L’approccio attuale è quello che prevede l’addestramento dell’Ai con tanti esempi. Se un modello ha visto mille o un milione di esempi la capacità di riconoscimento cambia: più ne metto e più il modello diventa performante».
Se questo è l’approccio attuale quello futuro quale sarà?
«Ora l’addestramento da parte dell’uomo è molto costoso, dobbiamo fare in modo che sia il sistema a trovare i dati per correlazione e che sia lo stesso sistema a mettere da una parte quelli che evidenziano una patologia e dall’altra parte i sani».
Possiamo fidarci?
«È fuori dubbio che ci deve essere sempre il controllo del medico. Più aiuto, però, riusciamo a dare al medico migliore sarà la capacità di prendere una decisione e di scegliere la cura migliore per il paziente. Lo stesso vale per la valutazione delle controindicazioni di un farmaco rispetto a un altro. Se la vediamo dal punto di vista dell’aiuto che l’uso dell’intelligenza artificiale in sanità può dare al medico, questo è senz’altro un fatto positivo».
Possiamo dire che l’ultima parola spetta sempre al medico?
«Dobbiamo dirlo. La prima e l’ultima parola spettano al medico che deve usare questi strumenti per arricchire le sue informazioni per valutare meglio le casistiche. D’altra parte lo facciamo anche quando acquistiamo un’auto. È importante che il medico si assuma la responsabilità nei confronti del paziente, non si può demandare tutto a una macchina».
Siamo preparati ad affrontare la rivoluzione che provocherà l’uso dell’intelligenza artificiale?
«La mia opinione è che l’intelligenza artificiale non deve imporsi: sarebbe un errore non demandare alcuni compiti all’Ai per aiutare il decisore, ma allo stesso modo non possiamo demandare all’Ai una parte delle nostre responsabilità».
Quale sarà la vera sfida da affrontare?
«La sfida è usare i dati multimodali. Ora noi vediamo l’Ai che si specializza nella lettura delle immagini radiologiche o delle Tac, ma il modello dei dati sanitari è fatto di immagini, cartelle cliniche, testi, file e documenti scritti a mano. Il prossimo passo dell’Ai sarà riuscire a gestire tutti questi dati con queste caratteristiche, su questo si concentreranno i ricercatori nei prossimi anni».
Vale anche per altri ambiti?
«Vale, a esempio, per la sicurezza dove abbiamo immagini e file audio. In questo momento i modelli sono addestrati bene per la lettura di immagini e video, mentre stiamo lavorando per mettere assieme i dati con caratteristiche diverse».
Sulla lettura dei dati è già stato fatto qualche esperimento?
«Qualche mese fa sono stati scelti i 100 radiologi più bravi al mondo, ai quali è stato chiesto di analizzare alcuni casi sottoposti anche all’esame dell’intelligenza artificiale e i risultati sono stati gli stessi. Il test è stato fatto su dati dello stesso tipo, con caratteristiche uguali».
In sanità sarà questa quindi la strada da seguire?
«L’intelligenza artificiale è uno strumento di aiuto importante nella prima analisi fatta per il medico. Se pensiamo ai Paesi sottosviluppati dove ci sono pochi medici e tanti pazienti, l’Ai può aiutare parecchio».
In regione cosa stiamo facendo?
«Nei mesi scorsi, il tema è stato affrontato in un convegno a villa Manin e in quell’occasione è emerso un quadro completo che permette alla Regione di fare valutazioni mirate per analizzare, capire e criticare l’intelligenza artificiale».
L’Ai rivoluzionerà il sistema sanitario?
«Ritengo che se la si usa come supporto ai medici, l’Ai avrà un grande futuro. Se invece la si vuole spingere in sostituzione dei medici si andrà nella direzione sbagliata perché potrebbe bloccare l’intero sviluppo».
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