Dal donatore al ricevente senza perdere un colpo: a Padova il primo trapianto al mondo di cuore sempre battente

L’équipe del professor Gino Gerosa ha portato a termine con successo l’intervento pilota su un paziente veneto ora in via di dimissione: «Con questa nuova tecnica il cuore non soffre e non ci sono danni di ischemia». Il nodo della scarsità di donatori

Simonetta Zanetti
Il professor Gino Gerosa, direttore della Cardiochirurgia dell'Azienda Ospedale Università di Padova
Il professor Gino Gerosa, direttore della Cardiochirurgia dell'Azienda Ospedale Università di Padova

Dal donatore al ricevente senza perdere un colpo. Il primo cuore al mondo sempre battente è stato impiantato in Azienda Ospedale Università a Padova dall'équipe del professor Gino Gerosa, direttore della Cardiochirurgia, un paio di settimane fa.

A ricevere l'organo, un paziente veneto adulto affetto da una cardiomiopatia dilatativa post ischemica, già sottoposto all'impianto di una valvola. L'uomo ora sta bene ed è in via di dimissione.

Padova alza quindi l'asticella, dopo che un anno fa la stessa équipe del professor Gerosa aveva eseguito il primo trapianto in Italia da cuore fermo controllato: da allora sono stati eseguiti altri 40 interventi di questo tipo in sette centri del Paese.

Il prof Gerosa: "Ecco come abbiamo realizzato a Padova il primo trapianto a cuore sempre battente"

Ma la corsa a migliorare le tecniche resta costante a livello mondiale. E così, dopo che qualche tempo fa a Stanford, negli Stati Uniti, il professor Woo aveva eseguito il primo trapianto al mondo a cuore battente da donatore a cuore fermo, il professor Gerosa ha deciso di provare a spingersi oltre, decidendo di non interrompere mai il battito del cuore nel passaggio da donatore a ricevente.

«Nel consueto trapianto di cuore, l'organo viene prelevato e trapiantato da fermo mentre in questo caso ha sempre battuto», spiega Gerosa, «Tra l'espianto e l'impianto è stato perfuso con l'apposita macchina. Questo ci consente di lavorare con maggiore tranquillità perché sappiamo che il cuore non sta soffrendo e ci dà anche margini di manovra più lunghi».

Una nuova tecnica che azzera i danni di ischemia che si verificano ogni volta che un cuore viene fermato, ancor più quando vengono utilizzati organi da donatore a cuore fermo. Questo migliorerà i risultati dell'intervento stesso per il paziente: «Credo che questa tecnica modifichi e migliori i trapianti. Rappresenterà una nuova prospettiva per i pazienti in lista d'attesa e potrà essere introdotta come tipologia standard», conferma Gerosa.

Resta tuttavia il problema della scarsità di donatori in Italia: oggi i pazienti che trovano risposta su questo fronte sono meno del 50%. Anche per questo l'Azienda Ospedale Università di Padova è impegnata su due filoni di ricerca: il miglioramento del cuore artificiale francese, ad oggi ancora troppo grande per essere utilizzato in tutti i pazienti che ne hanno bisogno, e lo xenotrapianto.

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