Oltre la gabbia dell’anoressia, la storia di Elisa: «Con la scrittura ho imparato a ri-amarmi»

Il racconto della triestina Elisa Sossi, 28 anni: «Ho perso 15 chili in tre mesi, mi sono sempre sentita giudicata. Come se la malattia fosse una scelta o un capriccio»

Chiara Dalmasso
Elisa Sossi, 28 anni, giornalista e scrittrice triestina
Elisa Sossi, 28 anni, giornalista e scrittrice triestina

Sentirsi di troppo, e al contempo sentirsi troppo: pesante, grassa, ingombrante. Elisa Sossi ha 28 anni, vive a lavora a Trieste, e da quando ne aveva 15 convive con l’anoressia. Le restrizioni alimentari sono iniziate nel periodo adolescenziale, un momento critico, tra dinamiche familiari, amicizie e amori sbagliati: «Ho perso 15 chili in tre mesi, per un intreccio di fattori che fatico ancora a dipanare», racconta. Nodi difficili da sciogliere, e forse nemmeno importa farlo.

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«I miei genitori, vedendomi dimagrire così velocemente - non mangiavamo quasi mai insieme, per motivi lavorativi e di organizzazione - iniziarono a preoccuparsi, anche perché non ero sovrappeso» continua. «All’inizio, almeno in parte, non capirono. Dopo alcuni momenti di reticenza e scontro, comprensibili da chi non ha dimestichezza con disturbi di questo tipo, mi sono stati molto vicino».

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Sossi, da figlia unica, oggi riconosce di essere stata fortunata ad avere la mamma e il papà che ha: «Non tutti avrebbero reagito così», confida, facendo emergere come la scoperta della malattia non abbia coinciso con la presa di coscienza di essere malata. Sembra sottile, ma non lo è. «Mi sono sempre sentita giudicata, come se il mio disturbo fosse una scelta o un capriccio adolescenziale, che poi sarebbe passato da sé» spiega.

A forza di sentirselo ripetere, si finisce per crederci. «Nel tentativo di essere vista, cercavo di diventare invisibile, sparendo fisicamente ogni giorno di più: ero ossessionata dal controllo delle calorie e sono arrivata al punto in cui quel controllo ha avuto la meglio su di me. Giunta al limite, ho deciso di farmi aiutare e ho intrapreso diversi percorsi, conosciuto tanti specialisti con cui non mi sono trovata bene: era tutto ridotto al peso che avrei dovuto raggiungere per essere in salute, per loro io ero un numero» racconta.

«Ci è voluto un po’ di tempo, ma poi finalmente ho trovato una psicologa e un nutrizionista di cui mi fido, che mi aiutano a gestire gli alti e i bassi di una malattia che ancora accompagna la mia vita

Elisa, però, è tanto altro, oltre la gabbia dell’anoressia: da quando è bambina, intraprende la danza classica, «importante per la mia formazione come persona, e contemporaneamente zona trigger per il discorso del confronto con le altre». Il fisico da ballerina, purtroppo, in molti casi è ancora ritenuto indispensabile per svolgere al meglio questa disciplina. «Ma la danza - prosegue Sossi - mi ha aiutato più di quanto mi abbia condizionato».

Il libro di Elisa Sossi
Il libro di Elisa Sossi

Capitolo imprescindibile della sua vita, così come la scrittura, altro strumento di conforto e autoterapia: oltre a scrivere per mestiere (è giornalista e copywriter), Elisa ha pubblicato due libri, “Il peso della leggerezza” e “Un riflesso non mi basta”. «Tenere una penna in mano è sempre stato il mio passatempo preferito, fin da quando ero bambina mi dedicavo a inventare storie. Una volta concluso il liceo (il linguistico Petrarca di Trieste), ho interrotto gli studi per un anno e ho scritto il primo libro, fondamentalmente per uscire dal mio isolamento. A quei tempi, non avevo ancora realizzato davvero di essere malata, ma sentivo la necessità di condividere un certo fastidio verso una società che giudica i disturbi invisibili inesistenti, e ritiene patologia solo quella che provoca dolore fisico comprovato».

 

Da quel primo diario, la scrittura di Elisa si è evoluta ancora, sfociando in una seconda opera, uscita a gennaio, che raccoglie tutti i post pubblicati sui social negli ultimi cinque anni. «Uso Instagram per condividere pensieri e riflessioni e grazie a questo strumento ho conosciuto tanti ragazzi e ragazze che mi capiscono e mi supportano». Un diario continuo e connesso, per creare legami e dare voce a pensieri nascosti. Uno spiraglio sul mondo e sul futuro, «che finalmente, da qualche tempo, riesco a vedere».

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