Sementi locali contro lo strapotere di quattro multinazionali
Così una parte dell’agricoltura del Veneto «resiste» al cartello che sceglie cosa coltivare. «Ci ritroviamo ogni 15 giorni con agronomi e genetisti e selezioniamo le sementi locali riproducibili più adatte alla nostra specifica situazione»

È il contadino che decide cosa coltivare nel proprio campo? Se state rispondendo di sì, state sbagliando. Succede che alcune varietà scompaiono dal mercato per un paio d'anni di punto in bianco: il pomodoro velluto, ad esempio, o alcune tipologie di fagiolo borlotto nano, entrambe ricomparse dopo qualche tempo un po' modificati. Sono decisioni che prende chi i sementi li brevetta, li produce e li vende.
Nel 1981, le ditte sementiere erano 7mila, oggi sono quattro le multinazionali - Bayer, Corteva, ChemChina e Limagrain – che controllano più del 50% delle sementi mondiali. L'agricoltore sceglie quello che c'è nel catalogo. Ecco chi decide che cosa coltivare.
“Se vuoi decidere tu cosa coltivare – ci spiega Tiziano Fantinel – devi lavorarci. Con un gruppo di agricoltori della val Seren, nel feltrino, durante l'inverno ci ritroviamo ogni 15 giorni assieme a degli agronomi e genetisti e selezioniamo le sementi locali riproducibili più adatte alla nostra specifica situazione”.
“Si tratta di un processo di miglioramento genetico condotto con gli stessi agricoltori, non al chiuso dei laboratori, ma direttamente sul campo – ci spiega l'agriecologo Luca Conte -, un metodo sperimentato in varie parti del mondo, così la decisione di cosa coltivare rimanga nelle mani dell'agricoltore”.

Il fagiolo fumolet – il nome deriva dal suo colore grigio fumo – rinasce in questo modo, da una antica varietà coltivata nel basso feltrino già nel '700 all'ombra delle viti.
Le antiche varitetà
“Questo, così come il bonel basso o il blanchet, è adatto alle zone di bassa montagna dove, negli ultimi anni, possono capitare estati molto calde – racconta Fantinel -, abbiamo impiegato queste antiche varietà e con l'aiuto di agronomi e genetisti le abbiamo selezionate”.
Con un duplice vantaggio economico: da un lato, l'accesso libero a sementi riproducibili riduce i costi di produzione (per il mais, ad esempio, l'acquisto delle sementi incidono – secondo la stima di un consulente del settore – per il 16% dei costi aziendali); dall'altro, la produzione di prodotti tipici garantisce un maggior guadagno. Un particolare essenziale se pensiamo alla crisi drammatica che sta vivendo chi vive dei frutti della terra.

Quando i contadini vicentini a fine Ottocento sono fuggiti dalla fame verso altri lidi si sono portati con loro i semi del mais Marano che così si è diffuso.
“Un seme vitreo, molto duro, il mais Marano è adatto per la polenta, ma anche per i dolci, ha un gusto molto particolare” ci racconta Giandomenico Cortiana che alla fine degli anni '90 è stato tra i fondatori del consorzio di tutela del mais Marano dell'altovicentino.
“Abbiamo utilizzato le sementi custodite presso l'Istituto Stampelli di Lonigo dove c'era una banca dei semi e assieme ad un gruppo di ristoratori e con l'aiuto della Provincia abbiamo rilanciato questa produzione, ora ce la richiedono da tutta Italia” racconta Cortiana che ha anche messo in piedi, grazie ad un progetto finanziato dalla Regione, una Casa delle sementi dove sono custodite 40 varietà storiche di grano, farro e orzo. Sementi a libero accesso, ovviamente.

“Il finanziamento è finito, ma continuiamo a tenere in piedi l'iniziativa fornendo le sementi a chi ce lo richiede” racconta. A chi le utilizza viene richiesto solo di riprodurle e di ritornarne la stessa quantità e di raccontare gli esiti, “vogliamo capire cosa è successo con quella semente in quel determinato terreno e in quella determinata situazione per studiare possibili evoluzioni – sottolinea l'agricoltore vicentino –, studiando miscugli che possano rispondere meglio a situazioni sempre diverse”.
Varietà territoriali impressionanti
Il cavolo broccolo padovano negli anni Ottanta era quasi scomparso, poi grazie alla tenacia degli agricoltori della cooperativa padovana del Tamiso la semente è stata recuperata e selezionata negli anni con un lavoro di squadra sul campo tra agronomi ed agricoltori fino a farlo tornare sulle nostre tavole.
Tra le montagne del bellunese e la laguna di Venezia in pochi chilometri c'è un susseguirsi di varietà territoriali impressionanti e ad ogni territorio la sua varietà. Si tratta di preservarla e farne tesoro.
“Come volete governare un paese ove esistono 246 varietà di formaggio?” si lamentò il generale Charles De Gaulle a proposito della Francia. Nell’ultimo secolo il numero di varietà e tipologie di frutta e ortaggi coltivati è diminuito del 75% a favore di varietà geneticamente uniformi Una situazione molto più “governabile” da pochi consigli d'amministrazione.
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