Cecilia Cantarano, l’influencer che parla di ansia: «Sapere che non sei solo aiuta»
La 24enne ha presentato al festival Parole Ostili a Trieste il suo libro, in cui il panico è «amico». Si è anche soffermata sulla sua diagnosi di Adhd, emersa da poco
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Se una giovanissima content creator con un milione di follower e fascino a volontà decide di parlare apertamente della propria esperienza con l’ansia, gli attacchi di panico e la terapia, qualcosa sta davvero cambiando.
A Trieste, la città che con Franco Basaglia ha rivoluzionato l’approccio alla salute mentale, Cecilia Cantarano ha portato al Festival di Parole O_stili, con la sua consueta ironia e la grande lucidità nel leggere e interpretare il mondo, la sua testimonianza di ventiquattrenne che ha scelto di raccontarsi senza filtri, in rappresentanza di una generazione che ha fatto della salute mentale non più un tabù ma un tema da affrontare alla luce del sole.
«Sono stati fatti passi avanti nel cercare di normalizzare il campo della salute mentale, abbattendo lo stigma che fino a poco tempo fa impediva alle persone di confessare pubblicamente di fare ricorso a figure come psicologo e psichiatra, come se si trattasse di qualcosa di cui vergognarsi» , ha spiegato Cantarano presentando il suo libro “Ansia, panico e altri amici. Quaderno da colorare per farsela passare” (Sem, 2024). «Anche se ci sono ancora delle resistenze, ne parlo perché siamo in tanti a stare male e sapere che non sei solo aiuta moltissimo».
L’idea, ha evidenziato la creator, è di vivere l’ansia non tanto qualcosa da combattere, ma come un’amica: perché «la paura può diventare panico, ma può anche portare a essere prudenti».
Cantarano ha anche parlato della sua diagnosi di Adhd, scoperta solo un paio di anni fa: «Non so spegnere il cervello, è come avere la tv con cento canali accesi contemporaneamente. L’Adhd è sempre più diffuso, perché ci sono troppe informazioni da elaborare per il nostro cervello da web e social, e andiamo in burnout» .
Una condizione che si intreccia con la pressione sociale: «Si premia così tanto l’eccellenza che poi ti senti sempre più in difetto. La comunicazione dei media celebra chi si è laureato in tre anni in medicina... ma non tutti i cervelli funzionano allo stesso modo». «La terapia è come dare dei gomitoli allo psicologo: lui può aiutarci a sbrogliarli, ma fare la sciarpa poi spetta a noi», ha spiegato usando una delle sue efficaci metafore.
«Non accade di trovare il professionista adatto sempre al primo colpo, ma è importante perseverare». Un messaggio importante per una generazione che vive quella che definisce «precarietà sentimentale, politica e sociale». Perché, dice Cantarano con ironia, «siamo tutti sulla stessa barca, ma è il Titanic. Io avrei preferito uno yacht». —
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