Il problema non è solo il gender gap: crollo delle imprese femminili a Nord Est
Il calo si registra sia in Friuli Venezia Giulia sia il Veneto. La disparità di genere nell’occupazione è ancora marcata con le nostre regioni distanti dai livelli europei

La medaglia ha due facce: da un lato le imprese femminili che registrano un segno meno, profondissimo. Dall'altro la disparità di genere. Sono due aspetti che non possono prescindere l’uno dall’altro.
I dati a Nordest
Succede anche qui, a Nordest. A dirlo sono due report - il primo della Camera di commercio di Pordenone Udine, il secondo della Fondazione Nord Est -, fotografano qual è la condizione della donna che lavora, in proprio o da dipendente, a pochi giorni dall'8 marzo. Luci e ombre in ogni caso. Perchè se le imprese femminili a Nord Est, secondo la ricerca della Cciaa friulana, sono 137.156 (94.666 in Veneto, 21.791 in Friuli Venezia Giulia e 20.699 in Trentino Alto Adige), nel 2024 il loro numero non è aumentato.
Anzi in Friuli Venezia Giulia è perfino sceso -0,5%, mentre in media in Italia è risultato invece in lievissimo aumento, +0,4%, e nell'intero Nord Est è stabile, nello specifico Veneto -0,1% e Trentino Alto Adige +0,7%.
Con 21.791 imprese femminili, ossia un dato pari al 22,5% del totale delle 97.001 imprese registrate, il Fvg si colloca leggermente al di sopra della media italiana (22,2%). I valori di Veneto (20,6%) e Trentino Alto Adige (18,4%) sono invece inferiori a quelli medi italiani.
Il Nord Est rispetto all’Italia e al resto d’Europa
Ma c'è un altro dato che non può rassicurare ed è evidenziato dal dossier della Fondazione Nord Est. La disparità di genere è ancora un problema rilevante. Il Nord Est, con un tasso di occupazione femminile al 68,4%, si posiziona 12,5 punti percentuali sotto l'Estonia (80,9%), il Paese più virtuoso in Europa, e 11,8 punti sotto la Svezia (80,2%).
La migliore performance nordestina è dell'Alto Adige (74,2%), comunque 6,7 punti distante dall'Estonia, collocandosi più vicina ai livelli della Repubblica Ceca (74,5%) e dell'Irlanda (74,3%). Le altre regioni mostrano ritardi più marcati: il Veneto (67,4%) è distante 13,5 punti dal vertice europeo, il Friuli Venezia Giulia (66,7%) segna il gap più profondo, pari a 14,2 punti, mentre l'Emilia Romagna (69,1%) mostra un distacco pari a 11,8 punti percentuali.
Il divario di genere colpisce tutte le fasce di età. Liguria e Friuli Venezia Giulia registrano il divario più elevato nella fascia 25-34 anni, pari a 18,2 punti percentuali, un valore circa doppio rispetto alla Germania. E così il cammino verso l'uguaglianza uomo-donna sul posto di lavoro rischia di essere molto lento, tanto che i ricercatori della Fondazione prevedono che, nonostante i progressi, servano dai 9 ai 28 anni per raggiungere i livelli più avanzati, quelli di Stoccolma.

I dati del Friuli Venezia Giulia
Ma scendiamo nello specifico sui nostri territori. Sono prevalentemente concentrate nel commercio e nei servizi alle famiglie e alle imprese, sono di piccole dimensioni (fino a 5 dipendenti) – anche se crescono del 2,5% le società di capitale fra 2023 e 2024 – e, per quanto riguarda le individuali (circa 7 su 10), oltre che nelle città più grandi, dove raggiungono circa il 30% del totale, le imprese al femminile del Friuli Venezia Giulia risultano concentrate nella Carnia e nel Tarvisiano, dove superano un terzo del totale, fatto legato anche alla specializzazione settoriale di queste imprese, che operano soprattutto nel settore dei servizi e dell'ospitalità.
I ruoli esecutivi. A livello di ruoli esecutivi detenuti nelle società di capitali, le donne ne possiedono 32.676, di cui il 52,3% come socio o socio di capitale, il 37,8% come amministratore e il 9,9% in altre cariche.
I dati del Veneto
Il cielo delle imprese femminili venete è grigio. Il 2024 è stato l'anno in cui il numero delle realtà guidate da donne ha toccato i minimi dal 2015. In soli tre anni, dal 2021 al 2024, in tutta la Regione sono sparite 1.602 realtà: dalle 88.672 del 2021, oggi se ne contano 87.070.
Colpa della crisi, dell'inflazione, del caro energia o di aiuti giudicati non sufficienti dalle imprenditrici stesse, fatto sta che oggi aprire una società propria fa più paura che mai, mentre tenerla aperta è diventata una corsa ad ostacoli.
Innanzitutto, chiariamo che per impresa femminile si intende un'azienda in cui la presenza di donne è predominante nella proprietà o nella gestione.
Può essere un'impresa individuale la cui titolare è donna, una società di persone o cooperativa dove sono donne almeno il 60% dei soci, oppure una società di capitali in cui il 51% delle quote è posseduto da imprenditrici e l'organo di amministrazione è a maggioranza femminile.
I numeri
In Veneto le sedi d’impresa femminili sono il 20,8% delle imprese attive. Secondo i dati sulla demografia d'impresa dell'ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Treviso su dati Infocamere, le attività femminili al 31 dicembre 2024 sono 770 in meno rispetto al 31 dicembre 2023 e ben 1.290 in meno rispetto al 2022.
A calare sono, trasversalmente, tutti i settori. Si sono ridotte in modo più drastico le ditte legate all’ambito dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, diminuite di 2.626 unità in 10 anni e quelle del commercio al dettaglio, oggi sono 2.824 in meno rispetto al 2015.
Anche nel comparto della manifattura ci sono state diverse defezioni: 668 in totale le società perse, di cui 673 nel settore moda e 131 nel legno arredo.
In controtendenza le ditte femminili nel comparto dei servizi alle imprese, che sono cresciute di 4.115 unità.
Analizzando, invece, le serie storiche si vede come siamo nel pieno sviluppo di un fenomeno che ha avuto origine alcuni anni fa. Le imprese femminili dal 2015 hanno continuato a crescere per numero di unità e di addetti fino al 2019, dopo quell’anno le imprese femminili hanno cominciato la loro discesa, sempre più rapida. Alla velocità di una biglia su un piano inclinato, per intenderci.
I dati provinciali
Scattando una fotografia della situazione dell’imprenditoria femminile veneta, le cose cambiano a seconda del lasco temporale preso in considerazione. Dal 2023 al 2024 il bilancio è negativo per tutte le province venete. In soli 365 giorni, Belluno ha perso 113 attività, Padova, 117, Rovigo 237, Verona 211.
Meno peggio, ma sempre con saldo negativo, le province di Treviso (-65), di Venezia (-16) e Vicenza (-11). I numeri, chiariscono gli esperti, sono il risultato anche di diverse cancellazioni d'ufficio, ma l'incidenza sul totale non supera il 10%.
L’analisi dei dati
Sul tema interviene Barbara Barbon, presidente Donne Impresa Confartigianato del Veneto: «Le imprese femminili ci sono, dobbiamo impegnarci affinché ne nascano di nuove. Per esempio, ci sono diverse donne che in controtendenza lasciano il posto fisso per aprire una propria attività e modulare il tempo a disposizione dividendosi tra la propria attività e i figli.

Purtroppo, continuano ad incontrare ostacoli nell'accesso al credito, è un problema vecchio, che continua a perpetuarsi. C'è lo stereotipo che le donne non siano preparate, invece mai come ora lo sono. A questo si somma la necessità di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Le donne imprenditrici sono chiamate a giocare un ruolo centrale in questo periodo di trasformazione, utilizzando le loro competenze, la creatività e la capacità di adattamento per costruire imprese che siano sostenibili, innovative e in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo».
«Le imprese femminili si concentrano in determinati settori: nei servizi alla persona, nell'istruzione, nella sanità e nei servizi sociali, nel turismo, nell’horeca, nella restaurazione, catering. Pertanto, i dati vanno sempre letti in maniera relativa e non assoluta. Se le chiusure fossero tutte concentrate in questi comparti, allora sarebbe una tragedia. Invece, colpiscono settori in cui normalmente le aziende femminili non sono forti», aggiunge Elena Morello, presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Padova.

«Le donne spesso si trovano a dividersi tra vita privata e lavoro e in più hanno nelle loro corde l’esswere caregiver, per questo tendono a preferire la flessibilità, e quindi un’attività che conceda di gestire al meglio il loro tempo.
Ne risentono quei lavori che richiedono una presenza di 24 ore su 24. Le attività di parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, sono in salute e in crescita».
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