Massimo Campedel, il 29enne artigiano dei coltelli bellunesi: storia e tradizione nella forgia
Il giovane coltellinaio di Lambroi di Tiser, trasforma acciaio e storia in coltelli unici. Le sue britole bellunesi, forgiate con maestria artigianale, raccontano secoli di tradizione e cultura delle Dolomiti

Massimo Campedel, 29 anni, è un giovane affilatore e produttore di coltelli che ha trasformato una passione d’infanzia in un’attività artigianale di successo, lavorando nel suo laboratorio a Lambroi di Tiser, nell'alta valle del Mis.

«L'idea che attraverso il martello, un utensile impiegato per distruggere o demolire, io riesca a dare forma alle cose, è un qualcosa di magico. Un qualcosa che ogni giorno mi dà soddisfazione ancora oggi a distanza di anni».
La “britola” bellunese
Una lama d'acciaio, il manico di corno, la fusione nella fornace, poi il martello: il pennello di Massimo Campedel che ogni giorno dà vita alle famose "britole" bellunesi.
Lo "chef dei metalli", anche così gli piace essere definito: è un torrente in piena quando si tratta di spiegare le composizioni rocciose delle montagne che vede dalla finestra del suo laboratorio.
Ad ogni pietra corrisponde un metallo, lo sa benissimo Massimo Campedel, come lo sapevano benissimo "i nostri antenati", come li chiama lui, che nel corso dei secoli hanno forgiato le più sopraffini lame da taglio ad uso domestico e bellico.
Massimo Campedel accoglie tutti nel suo laboratorio senza esitazione. Ti spiega che usando a mani nude il martello con cui batte l'acciaio per ottenere le lame delle tradizionali "britole" bellunesi, il manico diventa sempre più liscio: «Il sudore della mano, i muscoli che si chiudono attorno all'impugnatura. Quando ogni giorno ripeto questo rito, mi sento come quei fabbri bellunesi che nei secoli scorsi erano qui stanziati per dare vita alle famosissime lame bellunesi».
Raccontare un territorio
Dopo un percorso scolastico che lo ha portato al liceo artistico e alla facoltà di restauro a Firenze, Massimo Campedel ha deciso di tornare a casa, nelle valli dell'agordino, dove ha iniziato a coltivare la sua passione per il mestiere di coltellinaio. Il suo laboratorio nasce in un vecchio fienile restaurato: l'abilità con cui riesce a forgiare i preziosi metalli di recupero, sembra quella di un mastro che da decenni è abituato a lavorare alla forgia.

«Sono un appassionato di storia», racconta Massimo Campedel mentre si fa spazio in bottega, «quando d'estate arrivano i turisti cerco sempre di accoglierli e di raccontargli la storia di queste valli, gli usi, i mestieri, le potenzialità, le speranze».
Non si sente un semplice fabbro, non si sente un coltellinaio, non si sente un affilatore di lame: «Sono semplicemente figlio di questi boschi. Fin da bambino ero qui, con il mio coltellino ad affilare ramoscelli, a costruirmi fionde, archi e frecce».

Continua: «Sono tornato a fare coltellini, perché la britola bellunese mette insieme tutto: queste valli, la cultura veneziana, la forma balcanica dell'elsa. In un solo manufatto, l'omaggio a tre terre che nei secoli si sono contaminate e sono fiorite insieme. Un oggetto che fa dimenticare il concetto stesso di confine».
I chiodi per la Basilica di San Marco
Ma per lui non c'è stato soltanto il lavoro da coltellinaio. «Una volta mi hanno chiamato per una commessa che prevedeva la realizzazione a mano di 3 mila chiodi per il restauro della cupola della Basilica di San Marco a Venezia».

All'inizio ho titubato, ma poi, grazie anche a mio papà che mi ha incoraggiato, ho deciso di forgiare i chiodi. Uno ad uno. Si è trattato di un lavoro mastodontico, impegnativo: ho distrutto tre manici di martello a forza di battere chiodi sull'incudine, ma alla fine, al netto di tutto, è stata una grande soddisfazione».
Ride Massimo ripensando a quell'impresa e a quei manici di martello spezzati in due.
Il legame con il territorio bellunese
Raccontare il territorio partendo dalle sue bellezze e dalla sua storia. Massimo Campedel non ha dubbi su questo: «Non sono semplici coltellini bellunesi quelli che costruisco e realizzo ogni giorno. Sono dei manufatti che si legano alla storia passata, secolare, quasi millenaria, del bellunese».
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