Una strana mossa per salvare la tradizione del merletto di Burano
Il Comune di Venezia ha istituito un’associazione perché il merletto venga dichiarato dall’Europa prodotto di Indicazione Geografica Protetta: basterà a salvare il settore, insieme al ricambio generazionale? Ecco chi vende i merletti e quanto ci guadagna
A Burano, per generazioni le ragazze iniziavano presto a imparare l’arte del merletto. Sotto la guida delle madri o delle anziane dell’isola, trascorrevano i pomeriggi estivi sedute sotto i portici, immerse in un silenzio concentrato o in chiacchiere sussurrate, mentre gli aghi scorrevano tra i fili con abilità.
Oggi, di quelle giovani apprendiste restano alcune anziane merlettaie, ultime custodi di una tradizione che sembra sparire, impegnate a salvare un mestiere che rischia di scomparire. Ogni giorno, le merlettaie buranelle cercano nuove mani a cui affidare la loro arte, sperano di trovare eredi tra i nipoti o nelle scuole dell’isola, sognando che qualcuno si innamori di questi gesti antichi.
Per questo motivo nei giorni scorsi il Comune ha istituito l’associazione Merletto di Burano per intraprendere il percorso perché il merletto venga dichiarato dall’Europa prodotto di Indicazione Geografica Protetta.
«Ogni nodo e ogni punto è un pezzo di storia che rischia di andare perduto». Così una delle più anziane merlettaie, Paola Toselli di 82 anni, china sul «cuscino» del negozio più vecchio di Burano, Dalla Lidia Merletti D’Arte, mentre intreccia fili con una delicatezza quasi ipnotica.
Aveva solo dieci anni quando ha iniziato: era estate e la madre non voleva che si annoiasse, quindi l’ha mandata dalle maestre merlettaie. Nel negozio che ora gestisce il figlio, è entrata negli anni Sessanta e da lì le sue mani sono state ammirate e fotografate milioni di volte, intente a formare con l’ago vari punti, alcuni inventati dalle merlettaie.
Fra questi, il punto Venezia (che ricorda i ponti della città), il punto Burano (ricorda le reti dei pescatori), i punti ago, rosa e cappa.
«Ogni disegno è come una storia, ha un ritmo, un respiro. Se si sbaglia un solo punto, il lavoro perde armonia. Si deve fare tutto con estrema cura» continua Paola.
Una tecnica che si scopre osservando le mani delle donne muoversi in frequenti dimostrazioni nei negozi dell’isola, appoggiate a un cuscino che permette di avere entrambe le mani libere per guidare il filo.
«Alcuni non capiscono quanto lavoro ci sia dietro. Vedono solo il risultato finale, non sanno che ci sono voluti magari mesi. Noi mettiamo cura, anima, e una parte della nostra storia in ogni intreccio» aggiunge Antonia Costantini, 78 anni e testimone della storia di Burano, che ricama l’isola con fili coloratissimi.
Le commesse merlettaie ascoltano in silenzio, consapevoli di quanto sia vero: fare merletti richiede esperienza, una mano ferma e tanta cura.
Ci sono maestre, come Antonia, che si occupano per lo più delle trama dei ricami, chiamata “ghipùr” (dal francese “guipure”), eseguita con una serie di punti di vario tipo: sacola ciara, sacola fissa, formigola, redin e altri intrecci, merletti che nei secoli hanno orlato gli oggetti più importanti, dalle lenzuola nuziali a corredi da sposa e tovaglie sacre.
Ma adesso, per Antonia e per la merlettaia Marisa Vitturi, di 84 anni, è come una corsa contro il tempo: «Vogliamo insegnare, ma senza aiuti è tutto troppo difficile: abbiamo aspettato risorse, per la formazione, per aprire spazi dove poter tramandare le tecniche ai giovani. Ma, temo, facciamo a tempo a scomparire senza che nulla sia successo».
La battaglia è dura, ma nonostante la rassegnazione c’è ancora una speranza che non si spegne del tutto: questa è Ludovica Zane, 19 anni ed è la più giovane merlettaia, nata e cresciuta nell’isola dove ha imparato il mestiere da bisnonna Adelina e nonna Sandra Mavaracchio. Lei, il mestiere lo ruba a bottega nei dopo scuola.
«Un futuro? Lo vedo possibile solo in una produzione consistente per l’alta moda. Ma so che il compito che mi aspetta non è facile». Non è facile convincere chi la circonda, specialmente le sue amiche, che il merletto non è solo un passatempo da vecchie signore, ma un mestiere che ha ancora molto da dire nel mondo moderno. «Eppure sono convinta, spero di riuscire a far capire a tutti la sua bellezza».
Il mercato del merletto, simbolo di un lusso senza tempo
Ma qual è il mercato del merletto? Chi compra gli articoli prodotti con questa antica tecnica, chi li vende? Quanto costano? Sono tutte domande a cui si può trovare una (parziale, forse) risposta con una semplice ricerca sul web.
Tra i primi risultati compare il sito di Martina Vidal, che propone centrini, lenzuola, fazzoletti, colletti, ventagli, tovaglie. E non proprio per tutte le tasche. Certo, tutto passa per le mani di esperti maestri di merletto che rendono unico ogni pezzo. Ma una farfalla da 6 centimetri per 7 viene 139 euro. Un centro tavola, 45 per 30, costa 1390 euro. Fino a una tovaglia da 5,30 metri per 1,90, che vale la bellezza di 249 mila euro.
Ma non è l'unica proposta che si trova navigando in rete. Il sito Venice Original, della Cna di Venezia, si trova a esempio un leone alato di San Marco di Sandra Mavaracchi, della dimensione di 22 centimetri per 16. Costa 900 euro. «È il risultato di 2160 ore di lavoro» viene specificato. E un centro rotondo del diametro di 90 centimetri? Più di mezzo milione di euro.
Evidentemente acquistare biancheria e accessori realizzati con il merletto di Burano fatto a mano rimane appannaggio di pochi.
Qui sotto, direttamente dalla Lidia Merletti d’Arte, atelier dotato anche di un suo proprio museo, un violino elettronico funzionante con inserti in merletto originale, in vendita a 7500 euro.
Il museo
Aperto nel 1981, ha sede negli spazi della storica Scuola dei Merletti di Burano, fondata nel 1872 dalla contessa Andriana Marcello per recuperare e rilanciare una tradizione secolare. Dopo la chiusura della scuola, un Consorzio creato dagli Enti pubblici veneziani e dalla Fondazione Andriana Marcello – nel frattempo costituitasi – inizia, a partire dal 1978, un’attenta attività di riscoperta e valorizzazione culturale di quest’arte: l’archivio dell’antica Scuola, ricco di importanti documenti e disegni, viene riordinato e catalogato; la sede viene ristrutturata e trasformata in spazio espositivo.
Nasce così il Museo del Merletto. Vi sono esposti oltre cento preziosi esemplari della ricca collezione della Scuola, oltre a importanti testimonianze della produzione veneziana dal XVI al XX secolo. Incluso dal 1995 nei Musei Civici di Venezia, questo spazio offre oggi non solo l’esposizione di pezzi di grande valore, ma anche la possibilità di osservare dal vero le tecniche di lavorazione proposte dalle merlettaie, ancora oggi depositarie di quest’arte e presenti al mattino in museo. Inoltre è a disposizione degli studiosi l’archivio, importante fonte di documentazione storico – artistica, con disegni, foto e varie testimonianze iconografiche.
https://museomerletto.visitmuve.it/it/il-museo/la-sede-e-la-storia/
Il glossario
Barbole: bande di merletto poste a guarnizione di cuffie. Utilizzate dal 1600, nel 1800 decorano i cappelli.
Blonda: merletto di seta a fuselli, con fondo a rete. Originario della Francia, dalla metà del 1700 si diffonde poi a Venezia e in Spagna. Il termine deriva dal francese “blonde”, dal colore della seta naturale utilizzata; tinta in nero sarà preferita per la confezione delle mantelline da bauta (travestimento veneziano carnevalesco).
Burato: tessuto ad armatura tela molto rada, utilizzato come supporto per ricami, cui nel ‘500 sarà dedicato un libro.
Collo rabat: colletto maschile “rovesciato”, formato da pannello quadrangolare (poi due rettangolari) di merletto che copriva appena le spalle, per poi scendere sul davanti. Utilizzato dal 1600, nel 1700 si trasforma in jabot ed è oggi usato ancora dai magistrati togati.
Collo berta: collare a ruota (detto anche “godet”) posto come mantellina a sottolineare gli ampi scolli tipici della seconda metà dell’800; revival medievale ricorda il nome della madre di Carlo Magno.
Collo berlino: definizione della Scuola Merletti di Burano, data ad un modello di probabile commissione berlinese.
Collo a pistagna: definizione della Scuola Merletti di Burano, data ad un modello di colletto sciallato con lembi allungati.
Cuscinello: vedi tombolo.
Facciole: strisce di tela o merletto poste al sottogola dalla fine del ‘600; usate dagli abati anche nel ‘700.
Filet: rete a maglie quadrate ricamate a punto tela e a punto rammendo con navetta o ago, detto “modano”.
Fisciù: (dal fr. fichu) fazzoletto da spalle triangolare con punte infilate nel farsetto (corpetto) o intrecciate davanti e annodate dietro. Indossato da dame e da borghesi nell’ultimo quarto del secolo XVIII, varia nella qualità del tessile con cui è confezionato.
Grottesca: con tale termine si designa una tipologia decorativa parietale derivante da quella rinvenuta nella Domus Aurea di Nerone (nelle cosiddette “grotte”). Costituita da un leggero e fantastico disporsi di forme vegetali miste a figure umane, animali stravaganti e scenette narrative. Comparsa agli inizi del ‘500, nel corso del ‘700 visse un revival naturalistico.
Guanti “mitaines”: guanti a dita scoperte, lunghi fino al gomito, realizzati a ricamo o a merletto; di moda all’epoca del Re Sole, in Francia; alla fine del secolo XIX sono utilizzati solo per la sera.
Merletto ad ago: merletto realizzato con ago e filo di lino (anche di cotone dal secolo XX) senza l’utilizzo di nessun supporto, utilizzando un cussinello, simile al tombolo, su cui posa un cilindro ligneo (murello) fermato da un telo su cui è stato precedentemente cucito il disegno.
Merletto a fuselli: fissato il disegno sul tombolo si procede intrecciando fili collegati a fuselli (detti anche piombini o mazzette) e fermandone con spilli la lavorazione.
Macramè: (dall’arabo mahrama ) ancor oggi eseguito in area ligure, si costruisce dal nulla annodando fili fissati superiormente, che vengono lasciati poi sciolti, a frangia in basso.
Motivo “a meandro”: decorazione che si sviluppa a partire dal 1740, caratterizzata da serie parallele di tralci ondulanti verticali da cui si dipartono mazzi fioriti più o meno naturalistici.
Pellegrina: (dal fr. pélerine, ampio colletto del mantello del pellegrino), nel ‘600 lunga in vita dietro e con lunghi lembi davanti; nel ‘700 e nell‘800, ha forma di mezza ruota.
Punto Burano: tipologia di merletto ad ago che si differenzia dal Punto Venezia per lo sfondo, costituito da un reticolo a minuscole maglie rettangolari simili a sequenze verticali di scalette a pioli.
Punto corallino o piatto: merletto ad ago piatto, con decoro a diramazioni esili e contorte ispirate alle arborescenze coralline e sviluppatosi a partire dall’ultimo quarto del 1600.
Punto Milano: merletto a fuselli caratterizzato all’inizio da motivi continui, senza fondo, realizzati separatamente a punto tela e uniti in fase finale. Nel ‘600 compare prima un fondo a barrette, semplici o doppie, poi un reticolo a maglia tonda o esagonale che si ritrova nei manufatti fiamminghi.
Punto Pellestrina: merletto a fuselli che appare agli inizi del ‘600, molto simile per tecnica (punto tela, treccia,mezzopunto) e decoro al coevo punto Milano da cui si differenzia per le barrette del fondo, spesso a “Y”.
Punto rosa: merletto ad ago con decoro che si distingue per la miniaturizzazione degli elementi e per la sovrapposizione di multipli strati. Si sviluppa a partire dal 1680.
Punto Venezia: tipologia del merletto ad ago che si differenzia dal Punto Burano per lo sfondo costituito da un intreccio, un tempo caotico ora a nido d’ape, di barrette (sbari) semplici o con pippiolini (picò) prodotte a punto asola o festone (cappa)
Punto Venezia piatto: caratterizzato da motivi decorativi fitomorfi di dimensioni uniformi collegati da sottili barrette e pippiolini e privi dei rigonfiamenti tipici del Punto Venezia a grosso rilievo.
Punto Venezia tagliato a fogliame a grosso rilievo: caratterizzato da un decoro di foglie e infiorescenze liberamente interpretate rese con una grande quantità di imbottirure e rilievi. Si sviluppa dal 1650 prima con motivi semplicemente accostati, poi con fondo a barrette. Noto in Europa come Gros point de Venise .
Punto Venezia tagliato a fogliame: simile al precedente ma caratterizzato dall’assenza di imbottiture e rilievi.
Ricamo rinascimento: simile nell’aspetto al merletto, si basa sulla sistemazione di una spighetta (striscia sottile toilé realizzata a fuselli a punto tela, oppure a telaio), secondo un disegno predefinito, collegata da elementi riempitivi ad ago. Si tratta di una versione economica del punto Venezia tagliato a fogliame.
Reticello: antenato del merletto. Tipologia di ricamo ottenuta sfilando orditi e trame di una tela di base fino a ridurla ad un insieme di pochi fili verticali ed orizzontali su cui creare poco per volta un determinato decoro.
Rocaille: decorazione ispirata al motivo della conchiglia ( con cui siabbellivano grotte e giardini fin dal ‘600), da cui deriva il termine Rococo, per indicare uno stile artistico.
Tombolo: cuscino cilindrico imbottito di paglia o segatura poggiato sopra un specie di sgabello rovesciato detto “scagno” ed utilizzato per la realizzazione del merletto a fuselli. A Venezia viene detto “balòn”.
Tramezzo: (dal fr.entredeux ) striscia di merletto da inserire tra due lembi di tessuto.
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