Scuola, la cultura da condividere per un’identità italiana ed europea
Il progetto di riforma Valditara torna a puntare sulla tutela della nostra storia e delle tradizioni. Ma solo riscoprendo le radici condivise possiamo costruire un nuovo senso di appartenenza
Il progetto di riforma della scuola elementare e media proposto dal ministro Valditara riporta alla ribalta il travaglio di decenni di riforme incomplete o mancate di tutto il sistema scolastico italiano. Il nodo resta sempre quello: come formare all’italianità italiani e immigrati tenendo conto delle loro origini ma senza perdere per strada la nostra storia e la nostra tradizione culturale?
La riforma Valditara mira a una restaurazione di valori storici e identitari che ha anche una sua legittimità e molti osservatori lo hanno scritto. Ma deve essere posta nel contesto di un ripensamento generale su che cos’è l’Italia oggi e chi sono gli italiani. Pensiamo anche solo al nostro paesaggio urbano. Statue, monumenti, toponomastica che sono diventati luoghi indecifrabili anche per i nativi italiani. Quanti ragazzi nati da italianissimi genitori saprebbero riconoscere un San Sebastiano da un San Girolamo in un museo? E quanti ragazzi bengalesi o marocchini sanno chi è quel signore a cavallo con la spada sguainata del monumento davanti alla scuola? Ma soprattutto, quanto tutto questo può infondere appartenenza e attaccamento alla comunità nazionale?
Nelle colonie francesi dell’Ottocento il libro di storia dei bambini congolesi cominciava con il capitolo “I nostri antenati Galli”. Se non vogliamo arrivare a simili assurdità dobbiamo fare qualcosa. È certo sensato insegnare a tutti la storia della nostra costruzione nazionale ma oggi è impensabile farlo senza spiegare in parallelo anche la storia nazionale dei nostri vicini.
I ragazzi italiani non lo sanno che mentre sui loro libri Caporetto è descritta come una tragedia, in quelli dei coetanei sloveni è una vittoria. Questa consapevolezza servirebbe a capire la percezione che gli altri hanno di noi. Sapere che la nostra costruzione nazionale si è fatta anche a scapito di quella altrui aiuta i nostri ragazzi ad avere una visione meno esclusiva della storia e a cogliere la relatività di ogni costruzione nazionale.
E li introduce a quell’altra grande assente dei nostri programmi scolastici: l’Europa. L’adesione all’Unione europea fa pienamente parte della nostra storia nazionale. Eppure i programmi scolastici quasi non ne parlano o la trattano in modo asettico, come se tutto si riducesse a una qualche associazione benefica. No, l’Unione europea è un progetto politico, esattamente come i nostri stati nazionali, alla cui costruzione il nostro paese si è impegnato con l’adesione.
È un’ideale che per realizzarsi richiede passione e impegno ed è proprio in questo progetto che italiani e immigrati possono condividere un nuovo sentimento di appartenenza, un progetto comune. Anche l’insegnamento della Bibbia ha un senso se non diventa propaganda, se quando se ne spiegano le grandi figure si mostrano i collegamenti con le altre grandi religioni del libro che sono diventate anch’esse parte della nostra realtà attuale.
In questo modo i ragazzi italiani e stranieri conosceranno meglio le religioni dei loro compagni e infine impareranno a leggere e a capire il paesaggio culturale in cui vivono, sentendosene parte.
Nell’epoca della grandi migrazioni non si potranno ignorare regioni del mondo che oggi ci sono precipitate in casa, perché senza essere parte della nostra storia la influenzano e grazie ai loro immigrati l’Italia oggi si proietta in essi e in una certa misura li condiziona.
L’emigrazione albanese in Italia ha italianizzato parti dell’Albania e lo stesso vale per la Romania. Quanto al latino, potrà avere un ruolo se lo si insegnerà in modo vivo. Tradurre Cicerone servirà a poco a un ragazzo che vorrà fare l’istituto tecnico. Invece parlarlo il latino potrebbe servirgli. Intanto perché è un esercizio mentale, come il calcolo. Ma poi perché è divertente: lo farà come un gioco che lo avvicinerà alle altre lingue neolatine che si parlano in Europa.
Ma una riforma davvero rivoluzionaria dovrebbe farsi a livello europeo e portare a un ripristino della cultura classica in tutta l’Ue nelle scuole superiori. La cultura classica non ha bandiera e appartiene a tutto l’Occidente. È da questa cultura che sono scaturite le nostre nazioni.
Solo così, quando ritorneremo a condividere la cultura che ci fu comune, troveremo anche il modo per praticare un nuovo e più elevato patriottismo, non solo nazionale ma infine europeo in cui tutti, europei e immigrati troveranno un senso di appartenenza. —
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