Addio a Bruno Pizzul, voce storica del calcio italiano
Il popolare telecronista è morto all’età di 86 anni all’ospedale di Gorizia. Nella sua carriera ha raccontato i Mondiali da Messico 1970 a Corea 2002, gli Europei dal 1972 al 2000, le coppe internazionali degli anni Settanta, Ottanta, Novanta e inizio Duemila

La scorsa settimana, quando lo avevamo cercato per chiedergli il consueto “pezzo” sulla vigilia di Udinese-Parma, al telefono ci aveva risposto la moglie Maria. «Purtroppo Bruno è in ospedale», ci aveva detto. Un sussulto e la preoccupazione che ti assale.
Stamattina all’alba un messaggio su whatsapp: “Bruno Pizzul si è spento nella notte all’ospedale di Gorizia”. Aveva 86 anni. Oltre alla moglie (la Tigre come la chiama lui) lascia tre figli, Fabio Silvia e Anna.
Il giornalista sportivo friulano più noto non stava benissimo, lo sapevamo, le righe che scriveva erano sempre brillanti, ma la voce era stanca. In redazione gli avevamo promesso che saremmo andati a trovarlo. Purtroppo non abbiamo fatto in tempo. Ha scritto per quarant’anni sulle colonne del Messaggero Veneto la sua rubrica. “Area di rigore” era diventata un appuntamento fisso. Metteva in campo oltre che la sua arte oratoria anche la grande esperienza vissuta in tanti anni di professione in giro per il mondo a seguito della Nazionale.
Assunto in Rai, Pizzul aveva lavorato alla Domenica Sportiva, aveva partecipato a numerosi Mondiali (l’esordio a Messico ’70) era diventato il telecronista della Nazionale italiana nel 1986 sempre in Messico.
«Purtroppo non ho mai potuto gridare Campioni del Mondo!», diceva. Ci andò vicino a Italia ’90 con gli azzurri eliminati in semifinale dall’Argentina e soprattutto a Usa ’94 quando Baggio e compagni persero la finale ai rigori contro il Brasile.
Da giovane aveva giocato anche a calcio. Il suo momento più alto a Catania dove conobbe un altro fuoriclasse del giornalismo, l’ex direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò. Il mestiere gli aveva permesso di incontrare e conoscere i più grandi sportivi del pianeta, ma le amicizie più vere, pur vivendo sempre a Milano prima di andare in pensione, erano legate al Friuli dove era tornato a vivere: Zoff, Reja e tanti altri ancora.
Bruno Pizzul, come tutti i grandi, faceva dell’umiltà la sua dote naturale. Chi scrive lo conobbe a Lecce in occasione di una trasferta dell’Udinese. Mi presentai timidamente e lui si mise a parlare come se mi conoscesse da sempre.
È stato un privilegio potersi confrontare con lui, sentirlo settimanalmente al telefono per analizzare (si fa per dire, lui aveva carta bianca) il taglio da dare all’articolo. Adesso quelle telefonate e quelle chiamate ci mancheranno terribilmente.
Riposa in pace. Buon viaggio Bruno.
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