Calcio, l’avventura di Colella alle Isole Comore: «Un onore rappresentare questa nazione»
Il trevigiano è fido collaboratore di Stefano Cusin, ct della selezione del piccolo arcipelago africano. «Esperienza che mi arricchisce moltissimo a livello umano»

«Sto vivendo un'esperienza fantastica alle Comore, è un onore rappresentare questa nazione». Con parole cariche di entusiasmo, Giovanni Colella racconta il suo percorso come vice-allenatore di Stefano Cusin, selezionatore della squadra africana. Le Comore, al 105° posto del ranking Fifa, in poco tempo hanno conosciuto il grande calcio: la nazionale è nata nel 2005 e nel 2021 ha conquistato la prima, storica, qualificazione alla Coppa d’Africa. Un traguardo bissato lo scorso novembre.
Ma dove sono le Comore? Lo Stato si compone di tre isole con 850 mila abitanti - poco meno degli abitanti della provincia di Treviso, per intenderci - collocate tra il Mozambico e il Madagascar. Questa non è la prima esperienza esotica del tecnico che abita a Carbonera: nel 2020 Colella ha guidato gli albanesi dell’Apolonia, nel 2023 ha vinto il campionato albanese con il Partizani Tirana e fino a febbraio ha allenato i kosovari del Feronikeli.
Nel 2024 si è diviso come advisor delle Comore, ora si dedica a tempo pieno alla nazionale. Una nazionale che sogna i mondiali: al momento le Comore sono seconde, alle spalle del Ghana, nel girone di qualificazione: «Rimaniamo con i piedi per terra - ammonisce Colella -. Stiamo facendo un bellissimo percorso, abbiamo un gruppo di giocatori disponibili ed è già un grande risultato esserci qualificati alla Coppa d’Africa».
Un ruolo chiave in questa avventura lo riveste l'amicizia con il commissario tecnico Cusin. «Siamo amici di vecchia data, ci siamo conosciuti circa 20 anni fa a Coverciano. C’è stata sempre stima reciproca e ci siamo sempre sentiti per confrontarci. Cusin ha iniziato la sua esperienza alle Comore, voleva potenziare lo staff ed ho accettato. Ero senza un club, ho fatto il mio percorso in Kosovo con la possibilità di avere liberi gli slot internazionali per dedicarmi alle Comore».
L'esperienza in Africa è un'occasione di crescita personale, come testimonia la gestione del periodo del Ramadan nell’ultima finestra delle nazionali: «Queste esperienze arricchiscono moltissimo a livello umano - spiega Colella -. Ci siamo confrontati in modo pesante con il Ramadan, eravamo in difficoltà perché i ragazzi sono molto credenti e ligi. La squadra era a pezzi e siamo crollati 3-0 contro il Mali. Abbiamo affrontato questo inghippo rispettando i canoni religiosi per poi arrivare in condizioni migliori alla seconda partita, dove abbiamo vinto 1-0 contro il Ciad a fine marzo».
Sono tre o quattro i voli che ogni volta deve prendere Colella ma ne vale la pena per quello che l’allenatore riceve in cambio: «La nazionale in Africa è l’espressione del paese, tutto si ferma quando gioca la nazionale. Quando ci siamo qualificati alla Coppa d’Africa, le Comore hanno fatto due mesi di festa: è come se il Lussemburgo di qualificasse agli europei. La comunità è molto più presente all'estero (a Marsiglia, per esempio), il paese è in uno stato embrionale. In ogni angolo in cui andiamo a giocare in Africa c’è un gruppo di tifosi comoriani allo stadio. Alle Comore si parla molto il francese, io me la cavo con l’inglese e non era scontato che mi accettassero: mi hanno accolto a braccia aperte».
Lo sguardo si proietta verso l'imminente Coppa d'Africa, che inizierà il 21 dicembre: «Giocheremo la partita inaugurale contro i padroni di casa del Marocco a Rabat, probabilmente di fronte a 100 mila persone. Andremo lì contenti di esserci arrivati e senza particolari aspettative».
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