Deborah Compagnoni: «Quella caduta ad Albertville ha cambiato tutto»

La leggenda dello sci, tre ori in tre edizioni dei Giochi, ora firma la collezione Altavia: «Il successo può essere una grande ricchezza ma anche una trappola». L’intervista e un abstract dal suo libro

Roberta PaoliniRoberta Paolini

Deborah Compagnoni non ha solo un posto tra le leggende dello sci alpino, è un simbolo di forza d’animo e determinazione.

Con tre medaglie d’oro olimpiche conquistate in tre edizioni consecutive dei Giochi, ha scritto pagine indelebili nella storia dello sport mondiale.

Ma dietro i successi scintillanti si cela una donna che ha saputo affrontare infortuni devastanti e reinventarsi continuamente, senza mai perdere di vista l’importanza di restituire alla società. Oggi, vive una sua seconda vita: non solo come ambassador per le Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026, ma anche con progetti imprenditoriali e sociali e un libro in cui racconta con passione la sua vita, fatta di trionfi, cadute e rinascite.

La straordinaria carriera di Deborah Compagnoni, regina dello sci femminile

La sua collaborazione con Ovs per la linea da sci Altavia by Deborah Compagnoni punta sulla sostenibilità e sugli sport invernali. Come è nata questa partnership con il mondo della moda?

«Il progetto è nato grazie all’amministratore delegato dell’azienda, Stefano Beraldo, che ha una grande passione per lo sci. Con Giulia Mancini, che mi segue e lavora al mio fianco da quando ancora gareggiavo, abbiamo definito un progetto per la collaborazione alla realizzazione e alla promozione di una linea da sci uomo-donna e bambino con capi di alta qualità tecnica ma accessibili in termini economici. È un modo per avvicinare più persone agli sport invernali e sensibilizzare sui temi della sostenibilità sociale, ambientale ed economica. La collezione include capi tecnici per sci, freeride e outdoor, pensati anche per i giovani e le scuole».

La sua linea di abbigliamento e la special edition dei suoi storici sci Dynastar sembrano un omaggio alla sua carriera. Cosa l’ha ispirata?

«L’edizione speciale dei miei sci è un tributo ai luoghi e ai simboli delle Olimpiadi. Hanno una serigrafia che rappresenta le montagne olimpiche e il Parco dello Stelvio, con dettagli unici come l’aquila. Sono pezzi che raccontano la mia storia e quella dei territori a cui sono legata: la Lombardia e il Veneto».

Lei è considerata una delle più grandi sciatrici di tutti i tempi. Guardandosi indietro, qual è il ricordo più intenso o significativo della tua carriera?

«Uno dei ricordi più significativi è legato alle mie prime Olimpiadi, ad Albertville nel 1992. Avevo 21 anni e avevo appena vinto l’oro in Super G, ma il giorno dopo mi sono rotta il ginocchio. Quella giornata mi ha cambiato la vita. È stato un momento cruciale, sia per i trionfi che per le difficoltà che ne sono seguite. Un altro ricordo indimenticabile è stato vincere la mia ultima medaglia olimpica a Nagano nel 1998. Avevo quasi 28 anni ed è stato il coronamento del mio impegno e della mia carriera».

Lei ha vinto tre medaglie d’oro in tre diverse edizioni dei Giochi Olimpici, un’impresa unica nella storia dello sci alpino. Cosa le ha insegnato questa straordinaria esperienza?

«Ho imparato che alla base di tutto ci sono sacrificio, obiettivi chiari e un carattere solido. Il successo può essere una grande ricchezza ma anche una trappola. Per alcuni atleti, l’attenzione mediatica e gli aspetti economici possono essere destabilizzanti. Credo sia fondamentale avere intelligenza e equilibrio per sfruttare il successo in modo positivo e non lasciarsi travolgere».

La sua carriera è stata costellata da trionfi, ma anche da momenti difficili, come i gravi infortuni. Come ha trovato la forza per superare queste prove?

«La forza è arrivata da una combinazione di fattori: una parte di fortuna, ma soprattutto la capacità di gestire le proprie forze e fare scelte intelligenti. All’inizio della mia carriera ero molto istintiva e spinta dalla foga, ma gli infortuni mi hanno insegnato a essere più attenta e consapevole. La maturità mi ha aiutata a gestire meglio la mia carriera e a tornare più forte di prima».

Oggi è Ambassador per le Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026. Che emozioni prova nel rappresentare un evento così importante?

«Le Olimpiadi sono l’evento sportivo più importante al mondo. Milano-Cortina 2026 rappresenta un’opportunità unica per il nostro Paese. Sarà un’Olimpiade dei territori, capace di valorizzare aree meno conosciute e di rilanciare l’economia locale. Sono fiduciosa che l’Italia saprà organizzare tutto in modo eccellente, sia dal punto di vista tecnico che logistico. Sarà un evento che lascerà un segno positivo».

Il suo impegno con l’associazione ODV Sciare per la Vita e l’Unicef è un esempio di come lo sport possa sostenere cause importanti. Come riesce a coniugare queste passioni?

« Sciare per la Vita è un’associazione ODV nata nella mia Santa Caterina Valfurva per raccogliere fondi per combattere le leucemie e le malattie ematologiche infantili. Ogni anno organizziamo eventi che coinvolgono campioni di vari sport e famiglie, ottenendo sempre grande partecipazione. Collaboro anche con Camminare per la Vita, che sostiene associazioni locali come la Città della Speranza. È gratificante vedere come lo sport possa fare davvero la differenza».

Santa Caterina Valfurva le ha dedicato una pista, Jesolo un lungomare e Ita un aereo. Come vive questi riconoscimenti?

«È un grande motivo di orgoglio, anche se mi imbarazza un po’. Sono una persona piuttosto riservata, ma sapere che il mio nome rimarrà legato a questi luoghi è una soddisfazione enorme».

Lei è un’icona dello sport mondiale. Come ha vissuto la popolarità durante la sua carriera?

«La notorietà è arrivata con i successi, ma ho sempre cercato di mantenere una vita riservata. Ora, con i miei figli più grandi e il mio impegno per le Olimpiadi, mi sento pronta a tornare più attiva nel mondo dello sport e della montagna, il mio ambiente naturale».

Qual è il messaggio che vuole trasmettere ai giovani atleti?

«È importante avere passione, equilibrio e determinazione. Lo sport deve essere uno stimolo positivo, un impegno che ti fa crescere come persona. Bisogna anche riflettere su come la scuola possa promuovere l’attività motoria, che è fondamentale per la crescita dei bambini. Sogno un sistema in cui tutti possano avere accesso allo sport, perché è una base per una vita sana e felice».

Le foto storiche

Deborah con il fratello Yuri
Deborah con il fratello Yuri
Deborah da bambina
Deborah da bambina

La biografia

Deborah è la sciatrice italiana più vincente di sempre e la prima ad aver vinto tre medaglie d’oro in tre differenti edizioni dei Giochi Olimpici invernali nella storia dello sci alpino.

Oltre ai 3 ori ed 1 argento Olimpici, il suo palmarès include 3 ori mondiali, una Coppa del Mondo in Slalom Gigante e 44 podi in Coppa del Mondo. Viene quindi da chiedersi cos’altro avrebbe potuto vincere nella sua straordinaria carriera se il destino non l'avesse ripetutamente messa alla prova con tanti gravi infortuni: il grido di dolore dopo la caduta ad Albertville nel 1992, durante lo slalom gigante, ripreso in diretta televisiva, è ancora ricordato da tutti gli appassionati di sci del mondo.

Quando gareggiava la sua popolarità e simpatia erano ai livelli di Valentino Rossi ed Alberto Tomba. Icona dello sport, oggi impegnata in progetti legati agli sport invernali con una sua linea di abbigliamento da sci, oltre ad una special edition dei suoi storici sci. Dal 2021 ha deciso di mettere a disposizione la sua grande esperienza negli sport invernali a favore delle prossime Olimpiadi in Italia ricoprendo il ruolo di Ambassador
delle Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026.

Le sono state intitolate una pista da sci nel suo paese natale, Santa Caterina Valfurva in Valtellina, un tratto del lungomare di Jesolo ed un aereo della flotta ITA. Conduce uno stile di vita sano ed attivo ed è da sempre impegnata nel sociale con la sua Associazione “Sciare per la Vita” ODV, che si occupa della raccolta fondi per sostenere la cura e la ricerca sulle malattie ematologiche e oncologiche infantili; è
Ambassador Unicef.

Il libro

UNA RAGAZZA DI MONTAGNA
Storie di un’infanzia felice tra neve, prati e avventure
di Deborah Compagnoni, Illustrazioni di Anna Regge

Rizzoli illustrati

*
S. Antonio V.

8 aprile 1980

“Cosa vorrei fare da grande”

Per ora sono piccola e mi piace giocare con mio fratello Yuri a pallone e con i suoi amici Simone e Carletto quando siamo a S. Antonio.

A S. Caterina invece ci sono tanti miei cugini, Giovanni, Miriam, Isa anche se è piccola.

Con loro facciamo mille giochi, ve ne elenco solo alcuni perché sarebbero troppi. Casette nel bosco, negozio di frutta e verdura creato solamente con le cose della natura, nascondino di mattina dietro alla

casa vecchia dei nonni. Albergo nel “baitin” di Giovanni, giochi in scatola, caccia alla vipera, raccolta immondizie (che abbiamo fatto alla fine dell’estate quando i turisti sono partiti).

Questi giochi sono svolti d’estate, in inverno andiamo a sciare quasi tutti i giorni, di domenica a dottrina ma quando ci sono le gare no.

Andiamo a pattinare e a slittare anche sulla strada di “Vedig” e Gavia. Da grande vorrei sciare, fare le gare, ma non è un mestiere, vorrei dipingere quadri veri, grandi e venderli. Fare la maestra di ginnastica e la guida alpina ma lo fanno solo gli uomini.

INTRODUZIONE

Ho ritrovato il tema mentre cercavo tra i miei ricordi d’infanzia materiale per questa raccolta di racconti.

Mi è sembrato un segno: e non solo perché i giochi che elenco sono gli stessi protagonisti delle mie storie, o perché concludo con un sogno profetico; ma soprattutto perché la me bambina ritratta nelle pagine che oggi sto scrivendo, a distanza di quarant’anni, è la stessa che emerge con tanta nitidezza da queste brevi righe dalla sintassi zoppicante: la spensieratezza, le ambizioni, il carattere deciso, la passione per la natura.

Sono cresciuta in un paese che non raggiunge i cinquecento abitanti, in un comune diffuso che riunisce sette frazioni. Mio nonno paterno ha avuto dieci figli, metà dei bambini del paese erano miei cugini, la maestra della scuola elementare, che raggiungevo in corriera nel paese vicino, era mia zia.

Non avevo una casa con quattro mura, una cucina, un salotto e qualche camera: vivevamo in albergo,

ogni ospite era accolto come uno di famiglia e tutto il paese era il mio cortile. Il mio parco giochi erano i prati, gli stagni, i boschi; i miei confini non strade o cancelli, ma le montagne che segnavano il fondovalle, i fiumi e le malghe. Quelle che avete tra le mani sono storie semplici, di un’infanzia felice e simile a quelle di molti altri bambini della mia generazione.

Eppure, ho sentito l’esigenza di metterle nero su bianco, per condividerle, affinché raggiungano un pubblico più ampio di quello a cui sono solita raccontarle (la mia famiglia e i miei amici intimi ormai le conoscono a memoria). Nella loro semplicità raccontano di come l’infanzia possa essere la culla di talenti e passioni; rievocano un mondo in cui i bambini giocavano a contatto con la natura e potevano sperimentare

mille modi di essere e di crescere. 

Ho scelto di scrivere con la voce della me bambina, perché spero che questi racconti siano capaci di trasportare anche voi in un luogo a metà tra la memoria e la fantasia, dove i sogni d’infanzia sono possibili, le giornate spensierate e immerse nella bellezza, nel gioco, nella scoperta. Vi consegno quindi, rilegato e abbellito dalle illustrazioni, un pezzo importante di me. In questi anni ho vissuto più di una vita diversa, ma non sono cambiata poi così tanto, e il mio cuore resta lì, tra quelle montagne che hanno plasmato non solo la mia infanzia, ma la persona che sono diventata e che, come un arco, incorniciano e proteggono casa mia: Santa Caterina di Valfurva. Spero che questi racconti vi portino a immergervi in tutta la sua bellezza. 

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