Dino Zoff torna a casa, viaggio dove tutto è cominciato
A Mariano del Friuli, il Portiere si racconta tra amici, memoria e silenziosa grandezza: «Chi scommette non dovrebbe andare in Nazionale»

Casa Zoff a Mariano del Friuli è la meta di una processione. Tanti amici, conoscenti e anche qualche semplice curioso hanno voluto salutare il Mito Dino Zoff, ritornato nel suo Friuli per le riprese del docu-film sulla sua vita dal titolo “Volevo solo fare bene il mio lavoro”. Abbracci, sorrisi, parole appena sussurrate, occhi lucidi e quella discrezione tipicamente friulana. Sullo sfondo, Zoff, forse il più felice di tutti nel rivedere i suoi amici di infanzia, lieti di fare un salto indietro nel tempo e ricordare storie e aneddoti. Come quello del ... letame. «A Dino che era sempre piccolo dicevamo di saltare sul letame perché così sarebbe cresciuto come l’erba», dice uno di loro. «Ma cosa fate? La buttiamo così in vacca? – sbotta Dino abbozzando un sorriso –. Siamo qui a parlare della Coppa del Mondo e voi tirate fuori il letame...».
Dino è arrivato da Roma mercoledì sera. Le riprese a Mariano ieri sono state fatte nella sua casa natale e nel “museo” in cui sono esposti i cimeli della sua carriera. Stamattina ci si sposterà sul campo dell’Us Mariano che non dista più di cento metri. «Tutto è cominciato qui – dice Zoff – e avere l’opportunità di tornare a casa è sicuramente piacevole». Ad accompagnarlo c’è la moglie, la signora Annamaria, la nuora Anna Boiardi, che ha curato la produzione del docu-film, i due nipoti. C’è anche la sorella Amneris che vive in Friuli. Il progetto è stato affidato alla Tunnel Produzioni, il regista è Giovanni Filippetto che è emozionato. «Vedo Dino molto contento».
Delicata l’immagine di Zoff chino che parla con i suoi due nipoti. Per vedere e ascoltare bisognerà attendere autunno. Le riprese dovrebbero essere completate entro la fine di settembre, poi la produzione Rai sarà pronta. «Questo docu-film da buon friulano non è stato certo sponsorizzato da me – assicura Dino –, però mi fa piacere e mi auguro che venga fuori un buon prodotto». È stata la nuora Annamaria Boiardi l’ideatrice dell’operazione: «Quando una decina di anni fa io e Dino scrivemmo “Dura solo un attimo la gloria” facemmo anche delle riprese. Ho sempre pensato che sarebbe stato un peccato che andassero persi tutti i suoi racconti. Nel mondo di oggi Dino si sente un estraneo, ma proprio per il momento storico che stiamo vivendo e per quello che ha rappresentato la Nazionale del 1982 è giusto lasciare qualcosa di concreto, di tangibile».
Le riprese e i ricordi
Le riprese sono cominciate a Roma. Prima lo scenario dello stadio Olimpico assieme a Tardelli e Bruno Conti, poi all’Auditorium Parco della Musica, in uno splendido dialogo a due con Francesco De Gregori. Ci sarà anche il contributo di Mariella e Riccardo Scirea, moglie e figlio dell’indimenticabile e indimenticato Gaetano, compagno di squadra, amico e poi anche vice di Zoff quando gli fu consegnata la guida della Juventus.
Da Scirea a Bearzot il salto è breve. Gaetano e il signor Enzo sono state le due figure a cui Zoff è rimasto più legato nel corso della sua vita. Lo stuzzichiamo sottolineando che quella del Vecjo è rimasta una figura sottovalutata di cui si parla sempre troppo poco: «Quello dipende da voi giornalisti – replica Dino –. Io posso solo ribadire che solamente con Bearzot avremmo potuto vincere in Spagna. È stato un comandante vero, si è preso tutte le pallottole lui. Quel Mondiale lo ha vinto più lui del sottoscritto, di Rossi o di Tardelli». Restando in tema di Nazionale hanno fatto un po’ scalpore le parole di Zoff di qualche giorno fa in merito ai calciatori che scommettono. «Chi fa questo non dovrebbe andare in Nazionale», avrebbe detto Zoff. Dino precisa: «Io ho detto che ci sono delle regole da rispettare, troviamo il modo di non far incorrere i ragazzi in questi errori. Siamo uomini e possiamo sbagliare, però chi va in azzurro deve sapere cosa indossa, quando metti su quella maglia hai una grande responsabilità».
Gli amici friulani
Poi è tempo di rituffarsi in mezzo agli amici di una vita e parlare con loro in friulano: «L’ho fatto per i primi vent’anni della mia vita. A Roma, dove sono emigrato, ce ne sono pochi. In friulano parlavo sempre con Bearzot in Nazionale». Quando andava tra i pali a rappresentare l’Italia e aveva in testa un pensiero fisso: fare solo bene il suo lavoro. L’ha fatto e continua a farlo ancora oggi con l’esempio, che conta sempre più delle parole.
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