Gelindo Bordin: «Far crescere i talenti della nostra atletica è un grande privilegio»

Dalle maratone a manager in Diadora, la nuova vita del geometra diventato campione

Lucia Anselmi
Gelindo Bordin
Gelindo Bordin

Gelindo Bordin, dalla vita di atleta a quella di manager cosa significa oggi per lei coltivare le nuove leve azzurre?

«Devo dire che, prima di tutto, ho la fortuna sia di avere a che fare con giovani disponibili e di talento, sia di poter lavorare con un’azienda come Diadora che ha come intento principale quello di seguire l’atleta a 360° gradi. Grazie all’utilizzo di macchinari specifici e alla possibilità di poter seguire i ragazzi passo dopo passo ho la possibilità di poterli vedere evolvere nel loro percorso andando a soddisfare quelle che sono le loro necessità».

È stato difficile appendere le scarpette al chiodo e intraprendere una nuova carriera?

«Guardi in realtà io prima di arrivare a raggiungere alti livelli nell’agonismo, facevo il geometra e sapevo bene cosa significava la gestione d’impresa, perciò è stato quasi un passaggio naturale. C’è da dire, poi, che comunque è un lavoro che mi permette di rimanere in quello che è stato e continua a essere il mio mondo e che, allo stesso tempo, mi dà la possibilità di scovare sempre nuovi talenti e avere il privilegio di accompagnarli nella loro crescita».

Gelindo Bordin con il velocista Samuele Ceccarelli e il presidente di Diadora Enrico Moretti Polegato
Gelindo Bordin con il velocista Samuele Ceccarelli e il presidente di Diadora Enrico Moretti Polegato

Che effetto le fa, invece, seguire le gare da spettatore e non più da partecipante?

«Devo dire che non è facile a livello emotivo. Quando vado a vedere i nostri atleti in gara, per me è davvero dura perché un conto è quando sei tu in prima persona che gareggi e non pensi a nulla se non a dare il massimo, un altro è essere un osservatore. Io sono tesissimo in quelle situazioni, perché ho uno sguardo consapevole su quello che sta passando l'atleta e quindi non le nego che a volte mi sono trovato anche a uscire fuori dai palazzetti e dagli stadi per la troppa tensione».

Insomma diciamo che nel suo lavoro la cura dell’atleta è il vero punto focale.

«Sì, è proprio così. Noi, come gestione, cerchiamo di seguire i nostri atleti in tutto, utilizzando come anticipavo attrezzature specifiche, ideate apposta per far sì che si possano selezionare i prodotti adatti a esaltare e a far esprimere al meglio i nostri sportivi in ogni disciplina. L’aspetto che tengo a sottolineare è il poterli andare a seguire direttamente sul campo e non solo in sede. Curiamo ogni dettaglio, dagli allenamenti alla gara, raccogliendo le misurazioni necessarie a indirizzare gli atleti al meglio. Ed è una grande soddisfazione poter fornire a ognuno materiali su misura alle varie esigenze».

In questi ultimi anni l'atletica sta attraversando una crescita e, soprattutto, un séguito esponenziali. Qual è stata la svolta?

«Sicuramente le Olimpiadi di Tokyo hanno rappresentato un cambio di passo importante. Ai miei tempi, Mei, Cova, Antibo, Panetta ed io abbiamo dimostrato che l’Italia poteva primeggiare nel mezzo fondo e nella maratona creando così una corrente che poi si è sviluppata e ha avuto continuità negli anni. Nel 2021, invece, la delegazione azzurra ha fatto vedere di poter dire la sua anche nell’ambito della velocità, dando il via a una nuova generazione di atleti, capaci non solo di approcciarsi al meglio a queste specialità, ma anche di poter crescere sempre di più. Abbiamo tanti talenti tra i 18 e i 20 anni che secondo me potranno darci tante soddisfazioni e non penso solo a Los Angeles 2028, ma anche ai più vicini Mondiali in Giappone».

Tornando ai protagonisti dell’atletica che sta seguendo, ci parla un po’ di loro?

«Sono tutti talenti diversi, ma che si impegnano al massimo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Mi fa piacere che si lascino guidare e che abbiano fiducia in me e sono molto felice di vederli tagliare traguardi importanti. Tra loro c’è Francesco Fortunato che pochi giorni fa agli assoluti indoor di Ancona, ha siglato il record del mondo nei 5000 di marcia su pista confermando che, lavorando sodo e con i giusti mezzi, i risultati arrivano. Dall’altra parte ci sono anche giovani di grande prospettiva come Samuele Ceccarelli che a 25 anni ha già conquistato traguardi importanti, tra cui il titolo di campione europeo indoor nei 60 metri a Istanbul, o fuoriclasse come Larissa Iapichino che è un'atleta fuori categoria, tra le migliori cinque al mondo. Insomma come Diadora abbiamo tanti talenti. Sono per noi la dimostrazione che il lavoro svolto ci consentirà di toglierci tante altre soddisfazioni».

Si potrebbe dire che quella che state creando è una sorta di Diadora Academy?

«In parte si potrebbe definire così, ma in realtà non siamo ancora a quel punto. Diciamo che, nel mio ruolo, l’interesse primario è quello di dare il miglior contributo tecnico all’atleta, sfruttando per conto mio l’esperienza che ho alle spalle e cercando di trasmetterla a chi ho di fronte. Non a caso l’azienda ha deciso di cercare delle figure apposite tra noi ex atleti. Insieme a me, per esempio, ci sono anche Salvatore Bettiol (maratoneta, 4 volte campione italiano e bronzo in Coppa del mondo di maratona nel 1987 a Seul) e Diana Žiliūtė (ciclista su strada, ex campionessa del mondo e bronzo a Sidney). L’idea di sfruttare il nostro pregresso è fondamentale perché è la chiave per capire a pieno ciò di cui hanno bisogno gli atleti». —

 

Riproduzione riservata © il Nord Est