Carrera e quei playoff che portarono il Treviso in Serie A

Chiusa l’avventura con la Juventus, nell’estate del 2004 Massimo Carrera accettò la proposta di giocare con il Treviso: «Fu una bellissima esperienza vissuta grazie a calciatori straordinari. Fummo protagonisti di un’annata memorabile»

Danilo Scurria
Massimo Carrera
Massimo Carrera

Non è stato protagonista come nella Juventus, quando ha conquistato trofei sia in Italia che in Europa, ma si è comunque meritato un posto importante nella storia del Treviso. Massimo Carrera nell’estate del 2004 decise di scommettere su sè stesso, accettando la proposta della dirigenza trevigiana in Serie B. Un quarto posto conquistato a conclusione della stagione regolare, che permise alla formazione allenata da Pillon, di disputare i playoff. Treviso che perse la doppia semifinale contro il Perugia, ma che centrò ugualmente lo storico approdo in A, per i problemi che ebbero la formazione umbra, il Torino e il Genoa.

Carrera, sta seguendo il Treviso in Serie D ?

«Sì e sono molto contento di vederlo nelle prime posizioni della classifica. Mi fa molto piacere che sia ripartito con un nuovo progetto tecnico, che due anni fa ha già portato alla vittoria del campionato d’Eccellenza. Ha disputato i playoff nella scorsa stagione in D e quest’anno ha ancora la possibilità di ritornare nel professionismo. Non sarà facile, ma nel calcio mai dare nulla per scontato».

Piazza trevigiana che lei accettò a quarant’anni.

«Fu una bellissima esperienza vissuta grazie a calciatori straordinari. Fummo protagonisti di un’annata memorabile, dove centrammo i playoff e realizzammo un sogno impensabile. Chiaro che ottenerlo sul campo sarebbe stato diverso, ma per una città come Treviso penso che sia stato comunque un qualcosa di veramente stupendo».

Come nacque la trattativa che lo portò a vestire la maglia trevigiana?

«Ero svincolato prima dell’inizio della stagione e nonostante non fossi più giovanissimo avevo ancora la voglia di giocare. La presenza in rosa di Fabio Gallo fu determinante nella mia scelta d’andare a giocare a Treviso. A posteriori, direi che si rivelò una azzeccata visto l’epilogo finale».

Ha dei ricordi particolari di quel campionato?

«Il fatto di essere sempre stati un gruppo unito e compatto. Dopo una vittoria si andava sempre a cena e questo rappresentò un punto di forza importante per portare a termine un’annata memorabile».

Come fu vivere a Treviso?

«Ho avuto l’onore e il piacere di abitare in un posto bellissimo. Vivevo da solo e non amavo andare tanto in centro. Quelle poche volte che lo frequentavo, ricordo come la gente mi fermava per una foto o mi chiedeva un autografo. Tutto questo rappresentò uno dei momenti più importanti di quell’annata, che resterà per sempre nel mio cuore».

Giocò solamente 13 partite…

«Iniziai la stagione da titolare, venendo impiegato con continuità da D’Astoli. Con l’arrivo di Pillon ebbi un brutto infortunio che mi costrinse rimanere fuori per un po’ di tempo. Recuperai al 100 % ma feci fatica a ritrovare un posto da titolare. In quelle pochissime volte in cui venni chiamato in causa, penso d’aver dato un contributo importante in quello che poi fu un campionato che resterà per sempre nella storia della società trevigiana».

Cosa fa adesso?

«Per il momento guardo un po’ di partite. Dopo il triennio vincente vissuto con la Juventus nello staff di Antonio Conte, ho fatto delle esperienze importanti da allenatore. Ho vinto uno scudetto in Russia con lo Spartak Mosca ed è stata veramente una bellissima soddisfazione. Spero che a giugno possa ripresentarsi un’altra opportunità stimolante, con alla base un progetto tecnico importante».

 

 

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