Il miracolo della pelota, Papa Francesco e l’amore per lo sport: era un grande tifoso del San Lorenzo

Non solo calcio: Bergoglio ha incontrato campioni del basket, del ciclismo e di altre discipline, si era complimentato con Sinner dopo la vittoria agli Australian Open. E dopo l’abbraccio con Maradona, il Pibe de oro disse: «Ho ritrovato la fede»

Antonio Simeoli
L’incontro tra Papa Bergoglio e Diego Armando Maradona nel 2014
L’incontro tra Papa Bergoglio e Diego Armando Maradona nel 2014

Quando il Ciclòn nel 2014 vinse la Coppa Libertadores, la Champions del Sudamerica, volle tutti quei ragazzi in Vaticano. E il presidente del San Lorenzo de Almagro, la squadra di Buenos Aires di Papa Bergoglio, lo omaggiò della tessera numero 88.235, tessera di cui il Santo Padre andava orgoglioso, come della promessa fattagli dal presidente Marcelo Moretti che il nuovo stadio sarebbe stato intitolato al suo tifoso più eccellente. «Siete parte della mia identità culturale», disse loro.

L’incontro con il San Lorenzo, la squadra di Buenos Aires che aveva appena vinto la Coppa Libertadores
L’incontro con il San Lorenzo, la squadra di Buenos Aires che aveva appena vinto la Coppa Libertadores

Papa Francesco amava il calcio, come tutti i bimbi di Baires l’hanno sempre amato e lo ameranno sempre. Sin da quando, con papà Mario e mamma Regina Maria (che, non a caso, di cognome faceva Sivori), andava da piccolo al Vecchio Gasometro a tifare per il Ciclòn del bomber Renè Pontoni.

E Maradona? «Un poeta», secondo Bergoglio. Celebre l’incontro con Diego nel febbraio 2014, quando il Pibe de oro fu ricevuto prima di una partita benefica con 400 calciatori tra i quali Zanetti, Del Piero, Buffon, Pirlo, Shevchenko, Maldini, Cordoba. L’abbraccio tra il Papa e Diego fu intenso, tanto che Maradona rivelò poi di aver ritrovato la fede in quell’abbraccio. «Papa Francesco mi ha detto che mi stava aspettando». E ancora: «Sono felice di essermi riavvicinato alla Chiesa, e di averlo fatto grazie a Francisquito».

Quel giorno, come tante altre volte, il Papa ricordò che «le religioni non possono mai essere strumenti di odio. Solo di amore, solo di pace».

E lo sport deve essere strumento per la pace. Strumento perfetto di pace. Lo sport, da sempre presente nel mondo della Chiesa, si pensi agli oratori, non solo quelli di Don Bosco, da dove (ahinoi decisamente più un tempo) sbocciavano i talenti.

Che vanno coltivati e non si devono disperdere. «Lo sport è un cammino di superamento di sé e di apertura agli altri», diceva Bergoglio. E poi queste due frasi meravigliose pronunciate in uno dei tanti incontri nel suo pontificato con federazioni e associazioni sportive: «È importante lottare per il risultato, ma giocare bene, con lealtà lo è ancora di più».

 

E ancora: «La sconfitta può essere meravigliosa», con Pep Guardiola che fu lodato dal Santo Padre per aver nobilitato proprio una sconfitta con parole simili. «Chi vince non sa che cosa si perde. Non è solo un gioco di parole: chiedetelo ai poveri», disse Bergoglio, che intendeva lo sport come divertimento, ma soprattutto dedizione, sacrificio e lealtà.

In sintesi, scuola di vita. «Anche dal tennis si possono trarre lezioni di vita», disse a fine gennaio per complimentarsi con Jannik Sinner dopo la vittoria agli Australian Open.

E il doping, invece, una scorciatoia per i successi capace di far «perdere la dignità umana». Sport per tutti, inclusivo. «Abbiamo bisogno di spazi per poter fare sport, soprattutto nei contesti più poveri e isolati, perché lo sport offre un'occasione per tutti», disse Francesco, che prima delle Olimpiadi di Rio nel 2016 invitò a «mantenere la genuinità dello sport, proteggerlo dalle manipolazioni e dallo sfruttamento commerciale. Sarebbe triste se la gente non riuscisse più a confidare nella verità dei risultati sportivi, o se il cinismo e il disincanto prendessero il sopravvento sull’entusiasmo e sulla partecipazione gioiosa e disinteressata».

 

E poi l’appello, forte, alla tregua olimpica per fermare le tante guerre nel mondo, pronunciato alla fine dello scorso luglio prima dei Giochi di Parigi.

 

Nel 2015 il Papa incontra a San Pietro i mitici Harlem Globetrotters
Nel 2015 il Papa incontra a San Pietro i mitici Harlem Globetrotters

Piaceva anche il basket a Papa Francesco, anche perchè il padre ci aveva giocato nella polisportiva San Lorenzo. Nel 2015 ricevette gli Harlem Globetrotters, simbolo mondiale dello spettacolo dei canestri, e pure una delegazione di giocatori Nba guidata da Marco Belinelli, l’unico italiano ad aver vinto nel 2014 il titolo ai San Antonio Spurs. Curiosità, con Manu Ginobili, altro ambasciatore dello sport argentino.

Un legame forte c’era poi con il ciclismo. Del resto, la famiglia d’origine di Bergoglio era piemontese, la terra di Girardengo e Coppi anche se molte volte aveva lodato il “pio” Gino Bartali. Da Egan Bernal nel 2022, dopo il Giro d’Italia vinto dal colombiano, il Pontefice ricevette in regalo una trevigiana Pinarello Dogma F2, naturalmente albiceleste. Anche il tre volte iridato Peter Sagan gli portò in dono una bici.

E, curiosità, negli ultimi due Mondiali lo Stato del Vaticano ha partecipato con un corridore, diretto in ammiraglia dall’ex pro Valerio Agnoli nell’ambito di un progetto che punta sulla solidarietà.

Ma il pallone era il pallone. Francesco non vide in tv le ultime due finali mondiali dell’Argentina, né quella persa nel 2014, né quella vinta nel 2022. Voleva restare neutrale si disse. Ma si informò minuto per minuto del risultato.

Messi non lo vide mai giocare dal vivo, per un voto fatto nel 1990. La Pulce ieri ha scritto in una storia su Instagram: «Un Papa diverso, vicino, argentino. Grazie per aver fatto del mondo un posto migliore. Ci mancherai».

«Con una pelota de trapo (un pallone di stracci) si fanno i miracoli», diceva sempre il Papa.

E nella cattolicissima Irpinia ora Francesco sarà venerato più della Vergine di Mercogliano. Dal 1958, ogni volta che un Papa torna alla casa del Padre, l’Avellino calcio viene promosso. Accadrà anche quest’anno: dalla C alla B.

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