L’impresa dello skipper di Cittadella, il giro del mondo (da solo) in barca a vela
Riccardo Tosetto ha 39 anni ed è uno dei sei italiani della storia ad aver fatto questa impresa in solitaria e senza scalo: «Il momento più duro tra i venti forti delle Falkland»
«Sono più gli uomini andati nello spazio rispetto a quelli che hanno completato il giro del mondo in barca a vela».
Riccardo Tosetto lo dice senza farlo pesare, mentre va avanti col suo racconto, come se fosse una cosa banale. Ma banale non è per niente. E lui, skipper cittadellese trentanovenne, è tra quei 200 che ci sono riusciti. Sesto italiano della storia ad aver portato a termine il giro del mondo in solitaria e senza scalo.
Lo ha fatto partecipando alla Global Solo Challenge, una circumnavigazione caratterizzata da un formato unico, un budget ridotto e la possibilità di trovare un coordinamento nelle eventuali operazioni di salvataggio.
Partito il 29 ottobre 2023, da La Coruña, Riccardo ha navigato senza sosta per 153 giorni, attraversando più di 28 mila miglia nautiche a bordo della sua imbarcazione, Obportus, che lo scorso 30 marzo, alle 9.04 del mattino, ha fatto rientro proprio a La Coruña, punto di partenza e arrivo.
Durante l’attraversata ha affrontato condizioni meteorologiche estreme e momenti unici, dai 25 giorni trascorsi sotto i 12 gradi, non accendendo il riscaldamento per risparmiare gasolio in caso di emergenze, al superamento dei tre Grandi Capi: Capo di Buona Speranza (Sudafrica), Capo Leeuwin (Australia) e Capo Horn (Cile).
Un’esperienza che ha raccontato nella piacevole serata organizzata all’Hotel Filanda dalle sezioni di Cittadella del Panathlon, del presidente Carlo Alberto Marangon (che ha anche salutato l’ingresso di due nuovi soci, Adriano Santi e Renato Lago), del Rotary, del presidente Giorgio Simioni, e dei Lions, del presidente Claudio Spessato.
Tosetto, partiamo dall’inizio: come si è avvicinato alla vela?
«Ho cominciato a 8 anni con delle piccole barche da autodidatta, sul litorale adriatico. A 13 ho conosciuto lo skipper Angelo Preden, uno che ha attraversato l’Atlantico in solitaria, anche lui cittadellese come me. È stato lui ad avviarmi alla navigazione d’alto mare. Dai 18 anni ho trasformato la passione in professione, dato che in estate organizzo crociere nel Mediterraneo partendo dalla Grecia, dal porto di Atene».
E la pazza idea del giro del mondo come le è venuta in mente?
«Il giro del mondo in solitaria è sempre stato un mio pallino. Ho letto tutti i libri che parlano di quest’avventura, e quando è stata creata una competizione come questa, che con un budget non milionario ti consente di partecipare, ne ho approfittato. Ognuno può farla con la barca che desidera».
Il momento più difficile?
«A Nord delle Falkland, dove ho trovato venti che hanno superato i 140 chilometri orari. Ma anche dopo aver superato Capo Horn, quello che è un po’ l’Everest della navigazione, quando ho trovato perturbazioni con venti a 120 chilometri orari dalle 8 di mattina alle 2 di notte: lì ho rotto una vela e le onde mi hanno portato via due salvagenti. Non ho dormito per 48 ore. Ma anche la perdita del pilota automatico a tre giorni dall’arrivo ha complicato le cose, perché ha richiesto un duro lavoro per ripararlo. Già il 20 dicembre avevo avuto grossi problemi a entrambi i piloti automatici. Dovete tenere presente che sono meccanismi delicati, che permettono alla barca di rimanere in rotta e ben allineata al vento senza tenere sempre il timone in mano, per esempio quando dormo, mangio o sto issando le vele. Senza piloti le nostre barche plananti non vanno dritte neanche 30 secondi col timone libero. Un problema grosso che mi ha costretto a mettere mano alla cassetta degli attrezzi».
Ha mai avuto paura?
«Non paura, ma il timore di avere problemi alla barca. Sarebbe stato grave averne, ad esempio, all’altezza del leggendario Point Nemo, il polo oceanico dell’inaccessibilità, nel Pacifico, chiamato così in onore del capitano Nemo, protagonista del romanzo di Jules Verne “Ventimila leghe sotto i mari”. Lì non c’è nulla, solo acqua: è il punto più lontano da qualsiasi terra emersa, 2.688 chilometri da quelle più vicine. Non sarebbe stato semplice ricevere soccorso».
E il momento più emozionante?
«All’arrivo a La Coruña, ricevendo l’abbraccio della mia compagna Valeria, della mia famiglia e degli amici, che erano lì ad accogliermi con gli occhi lucidi, trasportando energia e affetto dall’Italia fino alla Spagna. Per quanto riguarda la regata direi quando ho superato Capo Horn, con il cambio di rotta vicino al faro e le foto scattate dal guardiano stesso, che hanno reso l’esperienza ancora più straordinaria».
La giornata tipo a bordo?
«In primis curo la rotta e molte risorse sono dedicate alla meteorologia, perché c’è una strategia per evitare le condizioni estreme. Poi bisogna pensare alle manutenzioni. Dormo al massimo per un’ora e mezza, per cui ho una sveglia impostata sulla plancia di comando assieme ai vari allarmi legati alle condizioni di navigazione. Quella del cellulare non basterebbe, perché, col rumore che c’è in mezzo al mare, non si sente».
Com’era organizzato con i pasti?
«Avevo con me provviste calcolate per 150 giorni, suddivise in sacchi da 15. Tutto cibo pronto o liofilizzato. Ai pasti è anche legato uno degli aneddoti più divertenti: Valeria e un’amica mi hanno preparato le porzioni e nelle prime settimane di viaggio avevo sempre a disposizione delle tortillas che mi piacevano molto. A un certo punto non le ho trovate più. Quando l’ho chiamata le ho chiesto se si erano dimenticate di inserirle, mi ha risposto che lo aveva fatto volutamente per rispettare la data di consumazione: lei ha una vera fissa per le scadenze».
Ma a casa come hanno vissuto questa sua esperienza?
«Valeria dice che peggio di com’ero non potevo tornare! Battute a parte, i miei cari hanno sofferto più di tutti, ma sapevano che questo era il mio obiettivo, per cui sono anche le persone che mi hanno supportato di più. I contatti li ho sempre tenuti regolarmente utilizzando Starlink, la tecnologia satellitare».
Ha già in mente il prossimo viaggio?
«Adesso penso a riposarmi. Ho in testa dei nuovi progetti, ma prima di rivelarli aspetto che si concretizzino».
Chi è Riccardo Tosetto: nato a Cittadella, lavora come skipper
Riccardo Tosetto è nato nel 1985 a Cittadella. Lavora come skipper con la propria barca, principalmente in Grecia, un’attività avviata 18 anni fa.
A fare da spartiacque, nel novembre 2006, l’acquisto di “Blue Drake” assieme al suo maestro Angelo Preden. In soli due anni Riccardo naviga tutto il Mediterraneo, trascorre una stagione ai Caraibi ed effettua due traversate atlantiche percorrendo più di 25 mila miglia.
La maggior parte del tempo la trascorre nel mar Egeo, noto agli skipper per i suoi venti costanti e sostenuti. Con la società di vela d’altura & charter Ventomare ha unito passione e lavoro. Per diversi anni ha partecipato, con una sua barca da regata, alle principali competizioni del Nord Adriatico, ottenendo alcuni primi posti assoluti e diversi di classe.
La sua esperienza nella manutenzione della barca e nella marineria è emersa nel corso dei 153 giorni della Global Solo Challenge, giro del mondo in solitaria.
Riproduzione riservata © il Nord Est