Il mistero della famiglia inghiottita dagli abissi nel Mar dei Caraibi
La vacanza da sogno da Treviso a Los Roques, in Venezuela, si trasforma in un giallo: papà, mamma e le loro due bimbe spariscono il 4 gennaio 2008 a bordo di un piccolo aereo da turismo che si è inabissato. Le ricerche ad ostacoli, le tensioni diplomatiche, i corpi mai individuati con certezza a bordo del relitto ancora sul fondo dell’oceano
I punti chiave
La famiglia Durante-Guernieri – padre, madre e due bambine, provenienti da Treviso – scompare in circostanze misteriose il 4 gennaio 2008 in Venezuela, durante un volo da Caracas a Los Roques, arcipelago paradisiaco scelto per le vacanze.
Le ricerche sono condotte in modo poco organizzato nonostante il pressing della Farnesina: solo dopo cinque anni, a giugno 2013, viene individuato il relitto del velivolo a 970 metri di profondità. Ma il recupero appare impossibile, la convinzione degli esperti è che i corpi siano ancora a bordo, conservati dalle particolarissime condizioni marine.
Nulla si sa con certezza delle cause che hanno portato alla sparizione dell’aereo, tante le ipotesi e le suggestioni: dal guasto tecnico alla manovra azzardata, dal malore del pilota al dirottamento da parte dei narcos.
La vacanza dei sogni in Venezuela
Sofia aveva solo sei anni, due in meno della sorella maggiore Emma Viola. Entrambe andavano a scuola a Ponzano, prima periferia di Treviso, nella terra natale di Benetton. E per Benetton lavoravano la loro mamma, Bruna Guernieri, 42 anni, originaria di Noale nel Veneziano ma trapiantata per amore nella Marca, e papà Paolo Durante, 41 anni.
Avevano festeggiato il Natale 2007 in famiglia, i Durante. Poi erano partiti per le vacanze, lasciando a casa l’albero ancora addobbato.
Los Roques, arcipelago del Venezuela con una cinquantina di isolette, una perla incastonata nel Mar dei Caraibi a 160 chilometri da Caracas. E’ dalla capitale che i Durante si imbarcano su un piccolo aereo adibito a trasporto passeggeri, un bimotore a elica Let 410 della Transaven, per raggiungere l’isola delle vacanze. Un trasferimento che sarebbe dovuto durare poco più di mezz’ora.
E’ il 4 gennaio 2008. Con loro, altre 10 persone a bordo: una coppia romana, Stefano Frangione e Fabiola Napoli, e due amiche bolognesi con la passione per i viaggi, Annalisa Montanari e Rita Calanni Rindina. E poi il pilota e il co-pilota, tre donne venezuelane – Patricia Alcala, Karina Rubis, Issa Rodriguez – e lo svizzero Alexander Nierman.
Ma l’entusiasmo per la vacanza tanto sognata e l’attesa per l’atterraggio imminente in uno dei posti più belli al mondo si infrangono dopo 25 minuti dalla partenza.
L’ultimo contatto, poi il silenzio
L'ultimo contatto con il volo decollato alle 9.38 dall’aeroporto Maiqueutia di Caracas è l’sos per avaria lanciato dal pilota Esteban Bessil mentre l’aereo si trova a un’altitudine di tremila piedi, a circa 16 miglia da Grand Roque. L’uomo ai comandi del Let 410 dice alla torre di controllo di voler tentare un ammaraggio. Poi il silenzio e il piccolo velivolo che scompare dai radar.
«Mia mamma ha saputo dal telegiornale che era scomparso un aereo nella stesso zona dov'era in vacanza mio fratello Paolo e la sua famiglia. Dalle prime notizie sembrava che la tratta fosse da Los Roques verso Caracas», aveva raccontato all’epoca Sabrina Durante, sorella di Paolo, «Pur sapendo che Paolo avrebbe dovuto effettuare la tratta opposta, mia mamma aveva chiamato per sicurezza la Farnesina. E i nomi di Paolo, Bruna, Emma Viola e Sofia erano presenti nella lista dei passeggeri su quel volo».
Per le famiglie Durante e Guernieri è l’inizio di un incubo. Un dramma che rimbalza sui media nazionali: la casa di Ponzano, dove il gatto attendeva pazientemente il rientro dei propri padroni, viene presa d’assalto dai giornalisti, così come i parenti dei dispersi. La Marca, il Veneto e l’Italia intera cercano di non far morire la speranza.
Il tunnel delle ricerche
Ma sin da quando la notizia della scomparsa del piccolo velivolo arriva in Italia, c’è la tragica consapevolezza che per Paolo, Bruna, Emma Viola e Sofia, oltre che per gli altri a bordo, le speranze siano ridotte al lumicino. Si attivano le istituzioni locali così come quelle nazionali, si muove il Ministero degli Esteri che prende subito contatti con il Venezuela.
Sul luogo del presunto ammaraggio viene inviato nell’immediatezza un altro Let 410 che sta percorrendo la stessa rotta. Ma del velivolo su cui viaggiavano i Durante e gli altri passeggeri nessuna traccia, se non una macchia di liquido sulla superficie dell’oceano, probabilmente combustibile oppure olio del motore, che in poco tempo si dissolve.
Nemmeno le forze dell’ordine ed i volontari venezuelani, giunti nel punto in cui l’aereo si sarebbe inabissato, trovano alcun riscontro a ridosso dell’evento.
Il 13 gennaio, dopo nove giorni di ricerche, viene recuperato in acqua il corpo del co-pilota Osmel Otamendi, identificato attraverso l’autopsia e grazie ai resti del giubbotto di salvataggio che ancora indossava: viene rinvenuto nella penisola di Falcon, a 400 chilometri da Los Roques, in una zona ritenuta compatibile con il luogo del presunto ammaraggio. A segnalarne la presenza, alcuni pescatori.
Della famiglia trevigiana e degli altri dispersi, invece, nessuna traccia che lascia comunque ancora uno spiraglio di speranza ai parenti, appesi alle comunicazioni ufficiali da parte della Farnesina e alla relazioni diplomatiche tra Italia e Venezuela, con il Paese sudamericano non sempre chiaro e tempestivo nelle risposte.
«Riportiamoli a casa»
Passano i mesi, i familiari chiedono che sulla vicenda non cali il silenzio. Da parte del Venezuela le risposte invece sono spesso vaghe, segnate dai ritardi e dai cambi improvvisi di programma legati a mille fattori, non da ultimo la situazione politica del Paese.
Nell'aprile del 2008, una nave della Marina venezuelana, utilizzando un sonar, riesce ad individuare il relitto di un aereo posto a circa 300 metri di profondità. Nei familiari dei Durante si riaccende la speranza che possa essere il velivolo su cui viaggiavano i loro cari.
Una speranza durata alcuni mesi, fino a quando i rottami sono stati recuperati dal fondo del mare. Non sono i resti del Let 410 in questione e le ricerche vengono sospese.
«Riportiamoli a casa» è il refrain che, mese dopo mese e anno dopo anno, dal Veneto si alza per Paolo, Bruna, Emma Viola e Sofia. Fiaccolate, eventi pubblici, l’intitolazione delle borse di studio per gli studenti dell’Istituto comprensivo di Ponzano nel nome delle due bimbe scomparse. E ancora appelli sui media, con toni a volte particolarmente duri e polemici soprattutto da parte di Romolo Guernieri, padre di Bruna, che più volte tuona non solo contro la disorganizzazione dei soccorsi e delle ricerche venezuelani, oltre che contro il menefreghismo delle autorità di Caracas, ma anche contro lo Stato italiano, denunciando di sentirsi abbandonato dalle istituzioni “di casa”.
A seguire le ricerche per l’Italia, l’ammiraglio Giovanni Vitaloni, sottocapo di Stato maggiore della Marina militare, assieme al consulente nominato dalle famiglie dei dispersi, il comandante Mario Pica.
Il ritrovamento del velivolo
A inizio 2013 pare che le ricerche del velivolo debbano finalmente partire grazie alla nave oceanografica Sea Scout e ad un robot hi-tech teleguidato: in meno di tre settimane, si sarebbe dovuta scandagliare l’area di 96 miglia quadrate individuata dagli esperti come quella del possibile ammaraggio.
Quella campagna di ricerche si arena sul nascere: per le famiglie, l’ennesima doccia fredda.
A giugno del 2013, cinque anni e mezzo dopo la disgrazia, dal Venezuela arriva all’improvviso l’annuncio del ritrovamento del relitto del bimotore su cui viaggiavano anche i Durante.
L’aereo è individuato nove chilometri a sud di Los Roques, a una profondità di circa 970 metri. A localizzarlo, la nave oceanografica americana Sea Scout, che da giorni stava scandagliando l’area a seguito di un accordo bilaterale firmato tempo prima tra il Venezuela e l’Italia.
Parte così il balletto di progetti e responsabilità sul recupero dei resti del velivolo. Mesi di trattative, di speranze e di rinvii che fanno maturare la consapevolezza nei familiari dei dispersi che il Let 410 difficilmente tornerà in superficie.
Le ipotesi sulle cause
Non ci sono certezze sulle cause che hanno portato alla tragedia di Los Roques. Nel tempo si sono susseguite molte ipotesi, tutte suffragate dagli esperti. Si è parlato di un guasto aereo, di un’avaria, di scarsa manutenzione del velivolo e ancora di una manovra azzardata del pilota.
Si era fatta avanti anche l’ipotesi suggestiva che l’aereo potesse essere stato dirottato dai narcos colombiani che l’avrebbero poi usato per il trasporto di una partita di cocaina.
Le indagini erano in capo alla Junta de Investigación de Accidentes de Aviación Civil (JIAAC). L’ente era riuscito a ottenne una copia della bolletta del carburante sostenuta dall'equipaggio il giorno dell'incidente. I calcoli confermarono che il carburante era sufficiente per il volo. La JIAAC ha escluso quindi l’ipotesi della contaminazione del carburante, dichiarando peraltro che le condizioni meteorologiche non avevano contribuito all’incidente.
Il destino dei corpi dei passeggeri
Nulla si sa nemmeno dei corpi dei passeggeri. Gli esperti sostengono che le bassissime temperature a cui si trova il relitto, oltre che la pressione fortissima del mare a 970 metri, potrebbero averli conservati.
Gli stessi tecnici sono concordi nel sostenere che il recupero delle salme non sarebbe possibile senza riportare a galla ciò che resta dell’aereo.
Inizialmente per il recupero del velivolo si era parlato di circa sei milioni di euro, di cui tre a carico del Governo venezuelano e altrettanti del Governo italiano. Progetto che poi non era decollato. Nel 2018 un nuovo preventivo di una ditta di Miami parlava di circa 2,2 milioni di euro totali. Un balletto di cifre, sul filo della diplomazia internazionale, che però non aveva portato a nessun risultato concreto.
La “maledizione” del Triangolo delle Bermuda venezuelano
Sono oltre una settantina gli aeromobili spariti nella tratta verso il paradiso di Los Roques.
Il 4 gennaio 2013 – esattamente cinque anni dopo i Durante – la stessa tragica sorte toccò a Vittorio Missoni, amministratore delegato della casa di moda di famiglia, che viaggiava assieme alla moglie Maurizia Castiglioni, agli amici Elda Scalvenzi e Guido Foresti e al pilota venezuelano.
Il velivolo era stato individuato a giugno dello stesso anno dalla nave oceanografica Sea Scout. I resti dei passeggeri vennero riportati a galla alcuni mesi dopo.
Altre vittime italiane sulla tratta maledetta si sono registrate nel 1997, nel 2004 e nel 2006. Incidenti del tutto simili tra loro: vacanzieri inghiottiti dalle acque del Mar dei Caraibi. Come Paolo, Bruna, Emma Viola e Sofia: quell’aereo delle vacanze inabissato nel Mar dei Caraibi è diventato la loro tomba.
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