Sandra, la pasticciera accoltellata nel suo negozio: da 34 anni il killer è senza nome

Sandra Casagrande viene trovata senza vita nella sua pasticceria a Roncade, in provincia di Treviso, il 29 gennaio 1991. Le indagini frettolose, i sospettati, l’omertà. Vent’anni dopo il Dna del killer su tre banconote e una telefonata anonima fanno ripartire le indagini. Che si chiudono con un nulla di fatto

Rubina BonRubina Bon

 

I punti chiave

  • Il cadavere di Sandra Casagrande, pasticciera a Roncade in provincia di Treviso, viene scoperto il 29 gennaio 1991 nel negozio della 44enne. Il femminicidio si consuma con 22 coltellate.
  • Le indagini nell’immediatezza sono contrassegnate da errori, buchi neri, omertà. Vengono chiuse nell’arco di pochi mesi, senza aver individuato il killer.
  • Tra il 2009 e il 2010 viene ricavato il Dna dell’assassino da tre banconote trovate al self service di un distributore e “Chi l’ha visto?” manda in onda una telefonata anonima che parla del killer. Ma ancora oggi chi ha ucciso Sandra non ha un nome.

La bella pasticciera

Ha compiuto un secolo Bianca Casagrande, nell’autunno 2024. La sua vecchiaia è tormentata dal pensiero di quella sorella avvenente, conosciuta, solare, che manca da 34 anni. Uccisa con 22 coltellate da una mano ancora ignota.

Lei era Sandra Casagrande, per tutti “la pasticciera” con negozio in centro a Roncade, piccolo comune a sud-est di Treviso cresciuto attorno al Castello. 

E’ la sera del 29 gennaio 1991, un martedì. Sandra, 44 anni e una vita ancora davanti, è nel suo negozio in via Roma, sotto i portici tra il municipio e la chiesa. La pasticceria è chiusa, ma lei deve confezionare alcune bomboniere e quindi si trattiene. Pensa di finire velocemente: al piano di sopra, dove vive, ha già pronta la vasca per fare il bagno.

Non lontano è aperto un bar, dove alcuni uomini stanno giocando a biliardo, compreso l'amante della pasticciera, Toni, un uomo sposato.

Sandra è vedova del marito Luciano Vio, detto Ciano. Undici anni prima era scomparso: il decesso era stato archiviato come suicidio. Lei è una bella donna bionda, spigliata, che ha numerosi corteggiatori. Pochi giorni prima ha ricevuto un mazzo di rose gialle da un ammiratore segreto.

La pasticceria di Sandra Casagrande la sera del delitto
La pasticceria di Sandra Casagrande la sera del delitto

Qualcuno si presenta alla porta della pasticciera tra le 22 e le 23. Qualcuno che lei lascia entrare nonostante l’attività sia chiusa, che forse conosce. Forse le fa delle avances, le ennesime. Poi la uccide. Prima la stordisce con una bottigliata in testa, poi le infila un reggitende in bocca per non farla gridare, quindi la colpisce con 22 violentissime coltellate tra collo e seno, recidendole la carotide.

L'ultimo fendente è così violento che la lama si spezza e rimane conficcata nel petto della donna. Il killer, dopo il delitto, ha un gesto delicato per la sua vittima: copre il petto nudo e squarciato di Sandra con una vestaglia.

«Delitto passionale», sentenziano subito gli investigatori. Trentaquattro anni dopo, l’assassino è ancora libero.

La ricerca della verità dal 1991

La sorella Bianca non molla. E’ tenace nonostante l’età le imporrebbe di non avere pensieri. Negli anni ha scritto all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a Papa Francesco, a Matteo Renzi, alla ministra Paola Severino, al Patriarca di Venezia Francesco Moraglia. 

«Voglio sapere la verità su Sandra», l’appello di chi non vuole morire senza sapere il nome del killer.

E anche nel giorno dei festeggiamenti per i cento anni, attraverso i familiari ha rinnovato l’appello alla verità. Una richiesta che nel tempo ha ribadito pure il nipote Gianni Fregonese: «Tutti sanno chi è stato, ma nessuno lo dice».

Il racconto di chi trovò Sandra

«La pasticceria era in disordine, l'odore di sangue forte. L'assassino ha voluto cancellare le tracce di sangue con il maglione di Sandra, poi abbandonato su una panca. Ma il pavimento era rimasto sporco: era come se qualcuno lo avesse pulito con la terra rossa. Quando sono entrato, ho intuito l'omicidio».

Così aveva parlato anni fa Zeno Vettorello, al tempo titolare di un negozio di colori, il primo a entrare nel negozio e scoprire il cadavere di Sandra.

Sandra Casagrande con una amica
Sandra Casagrande con una amica

«L'assassino ha cercato di cancellare le tracce di sangue così da non insospettire chi l'indomani sarebbe passato di fronte al negozio chiuso per turno», continua Vettorello, «Ero a casa a Biancade con mia mamma e mia sorella. Verso le 22 sono andato a Roncade per spegnere la luce del mio negozio. Sono stato alla pizzeria da Pasqualino, poi ho incontrato Toni Galli e siamo andati a casa sua. Uscendo, ho guardato chi c'era in pasticceria: c'era la luce accesa».

«Sandra era coperta con un telo. L'ho alzato e ho visto alcuni buchi sulla pancia. Solo dopo i carabinieri mi hanno detto della lama conficcata e del manico rotto. Avevo paura che l'assassino fosse ancora lì e mi colpisse».

Le prime indagini

Ai carabinieri che per primi arrivano sulla scena del delitto a Roncade, il profilo della vittima e le modalità di uccisione sembrano portare in una direzione chiara: quella del delitto passionale. 

Il comandante della stazione di Roncade all’epoca è il maresciallo Giuseppe Gentile, morto nel 2021. Quella sera non è in servizio, la caserma è chiusa. Quando al centralino del 112 arriva la chiamata che avverte dell’omicidio, i militari provano a contattarlo, ma lui non risponde.

L'ex maresciallo Giuseppe Gentile, mancato nel 2021
L'ex maresciallo Giuseppe Gentile, mancato nel 2021

Allora i carabinieri corrono a casa del graduato per avvisarlo e scavalcano il cancello per suonare il campanello. Risponde il figlio, riferendo che il padre è fuori a mangiare la pizza. Quando, tempo dopo, Gentile arriva sulla scena del delitto, non cerca di acquisire subito elementi investigativi. La prima cosa che chiede è chi abbia violato il suo domicilio, perché vuole denunciarlo.

A coordinare le indagini il sostituto procuratore Bruno Bruni. Viene scandagliata la vita privata della vittima e si stila una lista di dieci sospettati. Con il decreto di perquisizione in mano, gli investigatori entrano nelle case, tra gli altri, di un professore, di un carrozziere, di un impiegato comunale, di un ristoratore, di un albergatore, di un imprenditore fallito, di un rappresentante, di un operaio, tutti residenti fra le province di Treviso e di Venezia.

«Le prime indagini si sono svolte in un clima ostile, direi omertoso», ammette anni dopo l'ex procuratore capo di Treviso Antonio Fojadelli, ai microfoni di “Chi l’ha visto?”, «La sensazione è che molti sapessero, ma nessuno volesse parlare. Come se ci fosse una complicità generale». 

I sospettati

L'ex maresciallo Giuseppe Gentile, l'impiegato comunale Leopoldo oppure Zeno Vettorello, il commerciante. Sono le tre figure attorno a cui si concentrano per lungo tempo le indagini sul delitto della pasticciera.

Gentile, va detto, risulta non essere mai stato indagato dalla Procura

Sandra Casagrande dietro al bancone della sua pasticceria
Sandra Casagrande dietro al bancone della sua pasticceria

L'unico a finire nel registro degli indagati è Leopoldo, impiegato comunale. Alcuni testimoni dicono di averlo visto vicino alla pasticceria, lui racconta di essere stato a Venezia quella sera, ma l'alibi non regge. Il suo telefono viene messo sotto controllo, ma dopo alcuni mesi la sua posizione viene archiviata con un nulla di fatto.

Infine Zeno Vettorello, il commerciante che ha scoperto il corpo. Secondo alcuni la sera del delitto non è lì per caso.

Ma dopo nemmeno sei mesi di indagini, il pm Bruni chiede l'archiviazione del caso e due giorni dopo il giudice Felice Napolitano chiude il fascicolo, ritenendo che non siano emersi «elementi utili per l'identificazione del responsabile».

Restano i punti oscuri. Come il fatto che i vestiti di Sandra siano stati bruciati nell’immediato. Perché? Nei verbali è riportato che puzzavano.

Anni di silenzio e di sospetti

L’indagine finisce in archivio quando non si è ancora chiuso il 1991. Da allora il delitto della pasticciera di Roncade diventa un cold case. Le indagini si fermano, ma il paese mormora e si inseguono le voci sui sospettati.

«Sandra non era una bocca di rosa», ribadisce il nipote Gustavo Fregonese in una intervista di anni fa, «Era una che si alzava presto la mattina per lavorare in pasticceria e andava a dormire dopo il lavoro. Non faceva le cinque di mattina a mangiare, bere e divertirsi. E non era una che cambiava uomini così. Era innamorata di un uomo, e solo di lui». Era l’amante Toni.

Il bar di Sandra nel frattempo chiude, la memoria della pasticciera resta però vivida. E gli inquirenti assicurano che, se dovesse arrivare qualche elemento di novità, le indagini possono ripartire.

Il Dna sulle banconote

Quella che poteva sembrare la svolta arriva nel giugno 2009: la Procura di Treviso riapre il caso avendo in mano il profilo genetico dell'assassino.

Il Dna è ricavato dalle tre banconote da 10 mila lire rinvenute nel distributore automatico Agip di Biancade di Roncade, a una manciata di chilometri dalla pasticceria, dove il killer si è presumibilmente fermato per fare rifornimento alla sua auto.

Il self service del distributore Agip di Biancade dove vengono trovate le banconote con il Dna del killer
Il self service del distributore Agip di Biancade dove vengono trovate le banconote con il Dna del killer

Le tecniche investigative già evolute permettono di ricavare, da un reperto vecchio di 18 anni, la traccia dell'assassino. Sulle banconote c’è il sangue di Sandra. Ma ci sono anche altre tracce organiche che vengono esaminate, fino a ricavare un profilo genetico che non appartiene alla vittima. E che gli inquirenti attribuiscono all'assassino.

L’accertamento genetico viene chiesto ed effettuato a carico dei dieci sospettati della prima ora. Ed è proprio grazie alla prova del Dna che vengono tutti scagionati: il profilo genetico non appartiene ad alcuno di loro.

Il Dna trovato sulle banconote viene confrontato anche con quello di Marco Bergamo, il serial killer di Bolzano, che tra il 1985 e il 1992 uccide cinque donne (con modalità del tutto simili a Sandra) e per questo viene condannato all’ergastolo. Ma nemmeno il suo profilo corrisponde a quello dell’assassino.

La telefonata del super testimone

A gennaio 2010 la trasmissione “Chi l’ha visto”, che al caso negli anni ha dedicato ampio spazio e pure una fiction girata proprio a Roncade, manda in onda una telefonata anonima arrivata in redazione: «Sandra l'ha uccisa un uomo in divisa molto influente che, la sera del delitto, era in pasticceria con le tante persone accorse sul luogo dell'omicidio», aveva dichiarato il super testimone, «Ne sono convinto: era in pasticceria anche prima, ma chi l'ha visto non ha mai testimoniato contro di lui proprio per l'influenza del personaggio».

Molti puntano il dito verso l’ex comandante Giuseppe Gentile. Lui si dichiara sin da subito completamente estraneo e ribatte: «Non ho nulla da nascondere: qualora la magistratura lo richiedesse, sarei pronto a sottopormi al test del Dna. E assieme a me dovrebbero fare il test tutti gli uomini in divisa che al tempo lavoravano a Roncade». Ma l’accertamento genetico non viene mai chiesto.

«Abbiamo verificato le informazioni che ci sono state fornite, sentendo il testimone e le persone che ha chiamato in causa. Ma a tutt’oggi non ci sono elementi concreti per dare impulso alle indagini, che rimangono chiuse pur sapendo che, al primo elemento utile siamo pronti a riaprirle perché l'omicidio è un reato che non cade mai in prescrizione», le parole dell’allora procuratore capo di Treviso Michele Dalla Costa.

Il mistero del marito suicida

Sempre “Chi l’ha visto?” ha rivelato che, poco dopo l'omicidio, un uomo va dal nipote Gustavo Fregonese e gli disse: «Mio padre sa tutto, ma lo dirà solo prima di morire».

La troupe di Rai 3 ha incontrato quell'uomo che ha messo in relazione l'omicidio con “il defunto Ciano”. Ovvero Luciano Vio, il marito di Sandra Casagrande, la cui morte era stata immediatamente liquidata come un suicidio. “Ciano” era stato trovato poco distante da casa in acqua, morto annegato. Con le mai legate.

Diversi i dubbi sul decesso: anzitutto perché Vio, a detta di chi lo conosceva, sapeva nuotare benissimo. E poi perché è difficile pensare di potersi legare le mani da sé.

Ma allora chi è l’assassino?

Gli inquirenti sono concordi: per le modalità del delitto e per la violenza usata contro Sandra, il killer non può che essere un uomo.

Un insospettabile, visto che è riuscito per (almeno) tre decenni e oltre a sfuggire alle indagini. «Un amico della vittima» disse anni dopo il procuratore capo Fojadelli. Che arriva alla pasticceria in auto, uccide Sandra e fugge fermandosi a fare rifornimento al distributore Agip, lasciando tracce sulle banconote. Quindi è anche una persona inesperta.

E’ un killer che si è portato dietro l’arma del delitto: mentre la lama del coltello è rimasta conficcata nel petto della pasticcera, il manico non è mai stato ritrovato.

Da quel martedì di trentaquattro anni fa, quell’uomo è libero e custodisce la verità sul delitto di Sandra Casagrande.

Quel gennaio di sangue con tre delitti irrisolti

Non solo Sandra Casagrande. Quel gennaio 1991 in provincia di Treviso si caratterizza per altri due femminicidi ancora irrisolti. 

Regina Peruzza aveva 47 anni, una tabaccheria in centro a Mareno, una casa a Ponte della Priula, un marito che adorava. Un killer la uccise con due proiettili calibro 7,65 all'interno del suo negozio. Venne indagato un uomo, la perizia balistica lo scagionò.

Il cadavere di Vanda Fior, analista trentaduenne, invece, fu trovato nel garage della sua casa a Caerano. La donna aveva un piccolo foro alla tempia sinistra e numerose lesioni in tutto il corpo. Un caso oscuro, quello di Vanda: non fu neppure chiarito se fosse morta per un incidente o se invece qualcuno l'aveva uccisa. 

Donne le cui morti sono ancora inspiegabilmente avvolte nel mistero, famiglie che dopo trentaquattro anni non si stancano di chiedere la verità.

 

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