Andy Warhol in mostra a Gorizia: tutto su “Beyond Borders”

Sedotto dalla società americana ma capace di leggerne il disagio. Senza di lui niente e nessuno, nella Pop art, sarebbe esistito. A Palazzo Attems Petzenstein dal 20 dicembre al 4 maggio 2025 una mostra da non perdere

Fabrizio Brancoli, Gianni Mercurio, Alex Pessotto
Andy Doorway, 1981 (Christopher Makos)

Prima che Jeff Koons gonfiasse il suo cane blu, prima che Damien Hirst tempestasse i suoi teschi di diamanti o disponesse i flaconi colorati sugli scaffali della finta farmacia, prima che Banksy facesse sfuggire dalle mani della bambina il palloncino a forma di cuore, c’è stato Andy Warhol.

C’è stato, è esistito, ha segnato il presente e il futuro. E probabilmente senza di lui niente sarebbe accaduto; i fumetti puntinati di Roy Lichtenstein e le buffe sagome di Keith Haring vagherebbero nell’iperspazio o in una dimensione parallela, senza entrare in contatto con la nostra. Un gorgo fatto di Niente dove le opere che hanno saputo accompagnare la nostra quotidianità sarebbero stata azzerate. E resettate. La Pop art al massimo sarebbe rimasta il delirio o l’intuizione di qualche anima solitaria.

Se digiti su internet “Campbell’s Soup” trovi le sue lattine bianche e rosse prima, molto prima, della pagina dell’azienda che produce la zuppa: il ritratto ha scavalcato l’oggetto, l’interpretazione artistica è più importante del prodotto che l’ha ispirata. Warhol precursore, testimone, fendighiaccio rispetto alle convenzioni e alle liturgie culturali. Warhol principe della serialità, coltivatore della fama, osservatore del consumismo, sedotto dalle stelle e dall’America ma capace di distinguere, di leggere le malfunzioni e e le angosce di un’epoca. E guardava avanti, costantemente.

 

Andy Warhol, Quadrant Dollar Signs, 1982, serigrafia, 101,6 x 81,3, Collezione Lex Harding
Andy Warhol, Quadrant Dollar Signs, 1982, serigrafia, 101,6 x 81,3, Collezione Lex Harding

Nel nostro tunnel ha saputo scorgere luci e movimenti, laggiù, in fondo al buio: ha visto il culto della personalità, l’affermazione del non-talento, l’aspirazione al protagonismo che abita nelle nostre coscienze lese e circuite. Sapeva che tutto ciò avrebbe fatto irruzione nel tempo, plasmando altri modelli, accarezzando altre vanità e generando altri pericoli.

Siamo alla vigilia di una mostra che ha lo status dell’evento; si annuncia profonda come poche e ha l’ambizione di esplorare le infinite contaminazioni dell’universo espressivo di Warhol: le vocazioni molteplici del suo genio, articolato con strumenti diversi e pronto a trovare intersezioni con la musica, il cinema, la storia, la moda, la pubblicità. Un’arte assolutamente politica: dispone idee che riguardano il mondo e le persone che vi vivono, sollecita le riflessioni, turba, provoca, irrita, ammalia.

Il punto è che Warhol è talmente associato al concetto di serialità, che finisce per essere serializzato lui stesso, a quasi trentotto anni dalla sua morte.

Andy Warhol, Grace Kelly, 1984, serigrafia, 101,7 x 81,2 cm, Collezione Lex Harding
Andy Warhol, Grace Kelly, 1984, serigrafia, 101,7 x 81,2 cm, Collezione Lex Harding

Quante mostre di Warhol avete incrociato, nella vostra vita? Ognuno di noi ne ricorda almeno una, molti di noi ne ricordano cinque o sei, senza essere esperti né appassionati specifici. Lui sembra essere stato esposto ovunque e del resto le sue opere – come le sue parole – sono numerosissime. Sono sistematicamente e consapevolmente saccheggiate da chi si occupa di immagine e creatività.

Warhol è il nome di un “effetto estetico” delle app grafiche, è l’insegna di bar, ristoranti e gallerie, è la matrice intellettuale dell’idea di produrre opere attraverso una factory creativa, nella quale l’artista non necessariamente tocchi con le proprie mani un dipinto o una scultura. Ed è anche l’antenato della banana di Cattelan e dei pattern colorati di Takashi Murakami. C’è Warhol lungo i muri delle strade e sulle borse per fare la spesa; nei talent, nei social, nei reality, nell’inarrestabile culto del logo. Nella mela di Apple, nei colori di Google, nel formato quadrato di Instagram che cita le foto in Polaroid mentre scrolliamo il telefono. È nei saggi sociologici e nelle canzonette. È nei video di pochi secondi e nelle notorietà che dureranno pochissimo. Al massimo, un quarto d’ora.

Fabrizio Brancoli

Perché Gorizia in sette risposte

Perché Warhol a Gorizia, nel 2025 anno di Nova Gorica e Gorizia capitale europea della cultura? Che cosa ha a che fare Warhol con un confine? L’introduzione alla mostra fornisce risposte interessanti. Ne abbiamo scelte sette.

  1. Warhol infrange i confini delle categorie artistiche. Non è solo pittore o scultore, ma anche creativo pubblicitario, illustratore, regista, scrittore, fotografo, manager musicale.
  2. «Ha trasformato figure abitudinarie in opere d’arte, contribuendo a dissolvere il confine tra “arte alta” e “arte bassa” ».
  3. Non ama i confini, neppure nel suo pubblico. Non vuole un’arte per esperti e lavora costantemente affinché le sue opere, al di là della loro qualità, siano popolari come l’etichetta della minestra o il logo Coca-Cola: devono arrivare a tutti ed entrare nelle case come fanno i messaggi televisivi.
  4. Abbatte anche i confini della cosiddetta autenticità dell’opera, perché sceglie la produzione seriale, intuendo che l’arte, per essere pop (olare), deve allargarsi nella sua quantità.
  5. Non c’è confine tra l’opera diretta dell’artista e quella dei suoi collaboratori. È la famosa Factory, «che da luogo di ideazione e produzione per artisti, musicisti, fotografi e creativi, si trasforma dal 1968 in una vera e propria industria delle arti».
  6. Quindi Warhol orchestra una rete di creativi diversissimi tra loro. Eliminando, di nuovo, i confini che li separano. a di gruppo senza distinzioni.
  7. L’ultimo limite che Warhol supera è quello del tempo. La sua influenza si estende al nostro presente, ispirando generazioni di artisti e segnando interi generi. Questo effetto lunghissimo lo rende davvero un artista senza confini. Ammirarlo e studiarlo oggi, a Gorizia, ha un senso perfetto.

Fabrizio Brancoli

Quel genio di Andy

Andy Warhol è stato un artista che ha sfidato le convenzioni del suo tempo, diventando una figura centrale nell’arte contemporanea. La sua capacità di superare i confini tradizionali tra arte e cultura popolare, tra il commerciale e l’autentico, ha rivoluzionato la percezione dell’arte stessa.

Nato nel 1928 a Pittsburgh, Warhol è riuscito a fondere estetica e consumo di massa, utilizzando icone della cultura popolare come Marilyn Monroe, la Campbell’s Soup, e le banconote in dollar per esplorare la relazione tra arte e società.

Andy with Bikers, 1981 (Christopher Makos)

Il suo approccio non era solo visivo, ma anche filosofico. Warhol ha creato un mondo dove l’arte poteva essere prodotta in serie, come qualsiasi altro prodotto di consumo. La sua celebre affermazione, “In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes, ” incarna la sua visione di un’arte che fosse per tutti, che fosse immediata, veloce e senza limiti.

Ma la sua ricerca di nuovi linguaggi non si è fermata alla pittura. Warhol ha esplorato anche il cinema, la fotografia, la musica, e la moda, spesso operando come un imprenditore della cultura, utilizzando la Factory, il suo studio newyorkese, come un laboratorio creativo e una fucina di idee. Qui, artisti, celebrità e personaggi più o meno eccentrici si mescolavano, creando un’atmosfera in cui l’arte diventava una performance collettiva.

Warhol non aveva paura di attraversare le frontiere tra il “alto” e il “basso” , tra l’arte di élite e quella popolare. Ha trasformato l’ordinario in straordinario, esplorando temi come la ripetizione, la superficialità e l’influenza dei media sulla cultura. Le sue opere, con la loro estetica di massa, hanno continuato a parlare a generazioni successive, mantenendo il suo spirito di innovazione e sperimentazione vivo anche oggi.

In questo senso, Warhol è stato un artista senza confini, capace di ridefinire il ruolo dell’artista nell’era moderna e di mettere in discussione le strutture artistiche tradizionali. La sua influenza è incalcolabile e il suo approccio visionario ha spinto l’arte verso una dimensione dove le frontiere sembrano quasi invisibili.

Il legame tra Andy Warhol, “artista senza confini” , e Go25! Borderless risiede nella capacità di entrambi di sfidare le convenzioni e le limitazioni, esplorando nuovi orizzonti creativi e mettendo in discussione le definizioni tradizionali di arte, identità e cultura. Se Warhol ha abbattuto le barriere tra alta cultura e cultura popolare, tra arte e commercio, e ha trasformato la produzione artistica in un processo seriale e accessibile, Go25! Borderless è un progetto che celebra l’idea di un mondo senza frontiere, in cui le espressioni artistiche si liberano dai vincoli geografici, politici e culturali.

Andy Warhol, Endangered Species: Pine Barrens Tree Frog, 1983, serigrafia su carta Lenox Museum Board, 96,5x96,5 cm, Collezione privata, courtesy Zoya Gallery
Andy Warhol, Endangered Species: Pine Barrens Tree Frog, 1983, serigrafia su carta Lenox Museum Board, 96,5x96,5 cm, Collezione privata, courtesy Zoya Gallery

L’arte come fenomeno globale e senza limiti

Warhol ha anticipato una visione dell’arte come un fenomeno globale, grazie alla sua capacità di raccogliere simboli e immagini universali che parlavano a un pubblico vasto. Con opere come le lattine di zuppa Campbell, ha trasformato oggetti quotidiani in icone visive, raggiungendo un pubblico che andava oltre il circuito elitario. In modo simile, Go25! Borderless esplora la creazione artistica senza confini geografici, culturali o ideologici, con l’intento di promuovere una nuova forma di globalizzazione culturale, dove la diversità è celebrata e l’arte è accessibile a tutti.

La sperimentazione e l’ibridazione

La “Factory” di Warhol era un laboratorio creativo dove il confine tra arte e vita quotidiana veniva costantemente esplorato. L’artista non si limitava a creare, ma produceva, gestiva e immaginava un’intera estetica che sfumava i confini tra autore e spettatore, tra prodotto e performance. Go25! Borderless si inserisce in questo spirito di sperimentazione, dove le pratiche artistiche sono mescolate con nuove forme di espressione, tecnologie emergenti e interazioni digitali, creando un ambiente dinamico e fluido che sfida le definizioni tradizionali di “arte” .

La visione inclusiva e democratica

Uno dei tratti distintivi di Warhol era l’idea che l’arte dovesse essere per tutti, un concetto che si riflette anche nella filosofia di Go25! Borderless. Warhol vedeva l’arte come un prodotto di consumo alla pari con qualsiasi altro bene, abbattendo il muro tra la “grande arte” e la cultura di massa. Allo stesso modo, Go25! Borderless si impegna a creare uno spazio dove le diversità culturali, linguistiche e sociali possano essere condivise liberamente, senza le tradizionali divisioni che limitano la circolazione delle idee artistiche.

La sfida ai limiti tradizionali

Warhol ha sfidato e ridefinito i confini tra “arte” e “non arte” , esplorando il potenziale estetico di oggetti e immagini comuni. Go25! Borderless, nella sua missione, porta avanti questa stessa sfida, proponendo un’arte che trascende le barriere tradizionali, come quelle legate alla geografia, alla politica o alla classe sociale. Entrambi i progetti cercano di ampliare i confini di ciò che è considerato arte e, soprattutto, di chi ne può fare parte.

In sintesi, la connessione tra Andy Warhol e Go25! Borderless risiede nell’idea di un’arte senza limiti, che abbatte confini e barriere e che favorisce l’inclusività, la sperimentazione e la globalità. Entrambi celebrano una visione dell’arte come una lingua universale, capace di parlare a tutti e di unire culture diverse in un dialogo continuo e senza fine. —

Gianni Mercurio, curatore del progetto espositivo di Andy Warhol. Beyond Borders

L’arte è un ponte, lasciamoci ispirare

La mostra “Andy Warhol. Beyond Borders”, parte del programma di GO! 2025, rappresenta un’occasione straordinaria per la nostra regione e per l’intero panorama culturale europeo. Questo evento di rilievo internazionale non è solo un omaggio a uno dei più grandi protagonisti dell’arte contemporanea, ma anche un simbolo del dialogo tra passato e presente, capace di collegare mondi e visioni diverse attraverso il linguaggio universale dell’arte.

La scelta di ospitare un’esposizione così prestigiosa a Palazzo Attems Petzenstein, cuore pulsante della città di Gorizia, sottolinea l’importanza di questo territorio come crocevia di culture e tradizioni. Warhol, con la sua capacità di trasformare oggetti quotidiani in icone culturali, ci invita a riflettere su temi ancora attuali: il consumismo, la globalizzazione e il rapporto tra arte e società. Attraverso le sue opere, da “Campbell’s Soup” a “Marilyn”, Warhol ci mostra come l’arte possa essere non solo contemplazione, ma anche uno strumento potente per interpretare il mondo che ci circonda.

Con circa centottanta opere, questa mostra non solo celebra l’artista, ma offre anche una narrazione immersiva e interattiva, capace di coinvolgere un pubblico vasto ed eterogeneo, dai giovani agli esperti d’arte. Questa esperienza non è semplicemente un’occasione per ammirare capolavori senza tempo, ma anche per instaurare un dialogo su tematiche di grande attualità, come l’identità culturale e l’ibridazione delle tradizioni.

L’iniziativa si inserisce in un cartellone ricco e variegato, che abbraccia non solo Warhol ma anche altre straordinarie esposizioni, come quella dedicata a Zoran Mušič, artista simbolo del cosmopolitismo europeo, e il progetto fotografico che esplora la riforma psichiatrica di Franco Basaglia. Eventi che rafforzano il posizionamento di GO! 2025 come Capitale Europea della Cultura, un riconoscimento che non celebra solo il presente, ma che costruisce ponti verso il futuro.

Frank McDarrah, Warhol & Brillo Boxes At Stable Gallery, 1964 (Photograph © Fred W. McDarrah/MUUS Collection)
Frank McDarrah, Warhol & Brillo Boxes At Stable Gallery, 1964 (Photograph © Fred W. McDarrah/MUUS Collection)

Attraverso la valorizzazione dell’arte in tutte le sue forme, GO! 2025 non si limita a promuovere eventi espositivi: essa diventa una piattaforma per costruire connessioni, ispirare nuove generazioni e favorire un turismo culturale consapevole e sostenibile. Le mostre e gli eventi in programma, infatti, sono pensati per andare oltre i confini geografici e culturali, in linea con lo spirito inclusivo e visionario che contraddistingue il nostro territorio.

Come governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, sono profondamente orgoglioso del contributo che la nostra regione sta dando al successo di GO!2025. Questa mostra su Andy Warhol ne è un esempio emblematico: un evento capace di coniugare la qualità artistica con l’accessibilità, rendendo l’arte uno strumento di coesione sociale e crescita culturale. Invito tutti a partecipare e a lasciarsi ispirare dal genio di Warhol e dal ricco programma che ci attende.

Concludo con un pensiero che credo riassuma perfettamente il valore di questa iniziativa: l’arte non è mai confinata a una tela o a una cornice. L’arte è un ponte, un dialogo continuo, un viaggio senza confini. E GO! 2025 è la dimostrazione che questo viaggio ci arricchisce, sempre.

Massimiliano Fedriga, Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia

Esplorare un mondo

“Andy Warhol. Beyond Borders” è più di una mostra. È un viaggio immersivo, pensato per offrire a ogni visitatore un’esperienza di grande impatto visivo ed emotivo, che travalica i confini del tempo e della cultura, e invita a esplorare il mondo con la stessa curiosità e apertura che ha caratterizzato l’artista.

Warhol ha affrontato i simboli della società americana, elevandoli a nuove forme d’arte, destinate a entrare nella quotidianità del pubblico e nelle gallerie d’arte, infrangendo le barriere tra arte alta e arte commerciale. Questo approccio (che oggi si definirebbe trasversale, se non addirittura “crossmediale”) ha fatto di questo “artista infinito” un innovatore assoluto, capace di anticipare le dinamiche di una società sempre più orientata verso i media e il consumo. Un lettore acuto dei suoi tempi e di quelli che verranno, un testimone, un visionario.

Andy Warhol, Mao, 1972, serigrafia, 91,4 x 91,4 cm, Collezione Lex Harding
Andy Warhol, Mao, 1972, serigrafia, 91,4 x 91,4 cm, Collezione Lex Harding

A Palazzo Attems ci sarà l’occasione imperdibile di ripercorrere l’evoluzione artistica del padre della Pop Art, attraverso decine di opere, installazioni multimediali e fotografie iconiche. Ringrazio di cuore la Regione Friuli Venezia Giulia, perché è veramente un onore avere una esposizione di così alto livello a Gorizia, che impreziosisce ulteriormente il palinsesto di prestigiosi eventi culturali che scandiranno la Capitale europea della Cultura 2025.

Rodolfo Ziberna, sindaco di Gorizia

Il percorso prosegue

Con la mostra “Andy Warhol. Beyond Borders” prosegue il percorso di avvicinamento a “GO!2025. Nova Gorica – Gorizia Capitale europea della cultura”, iniziato lo scorso ottobre con l’esposizione dedicata a Giuseppe Ungaretti e allestita tra il Museo di Santa Chiara a Gorizia e la Galleria comunale d’arte contemporanea a Monfalcone.

Attraverso 180 lavori, la nuova mostra che andrà ad abitare le sale di Palazzo Attems Petzenstein a Gorizia proporrà il genio provocatorio, ironico e ambiguo del re indiscusso della Pop Art, Andy Warhol, artista capace di "sconfinare” dalla pittura alla scultura, dalla grafica al design, dal cinema alla TV, fino ad arrivare alla moda, alla musica, alla scrittura e alla fotografia. Un personaggio che, sfidando i tradizionali confini dell’arte, è riuscito a superarli, ad andare oltre, come ben suggerisce il titolo della mostra. Dunque, quale contesto migliore per una mostra su Warhol se non GO!2025, che intende interpretare le frontiere come momento di apertura, confronto, rispetto reciproco e crescita?

Una mostra su cui la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – fra le prime Regioni italiane per investimenti nella cultura - crede moltissimo per il valore che darà sia all’arte contemporanea sia al tema del confine inteso quale stimolo per una molteplicità culturale e pluralista, che arricchisce un territorio e che fa da volano per una rinascita culturale.

Mario Anzil, vicepresidente della Regione Fvg, assessore regionale alla cultura

Il visionario: indagine su Warhol in 4 punti

1 - Musica e cinema

Bowie, Jagger, Marta Graham e la storia di Nico

Quello tra Andy Warhol e le note è un rapporto intenso: dopo tutto, l’artista era impastato dei suoni, dei rumori della New York dell’epoca, oltre che delle sue atmosfere, e i suoi interessi musicali lo dimostrano.

Il genio della Pop art ha esercitato un ruolo di primo piano nel rock, fenomeno per le masse, come si rivolgono alle masse la Coca-Cola e le zuppe Campbell’s che ha immortalato in alcune sue celeberrime opere. Ma, in primis, qualsiasi biografia dell’artista sarebbe incompleta se non trattasse di Nico e i Velvet Underground, di cui diventò il manager, al punto da cambiarne in modo determinante le sorti. Proprio quale manager del gruppo capitanato da Lou Reed (ma come non rammentare John Cale, Sterling Morrison e Maureen Tucker?) organizzò “The Exploding Plastic Inevitable” uno degli spettacoli d'arte più importanti e rappresentativi degli anni Sessanta, un mix tra Pop art, psichedelia e cultura metropolitana. E poi chi non ricorda la copertina, tra le più celebri di sempre, di “The Velvet Underground & Nico”, primo album in studio della band: la banana sbucciabile ideata proprio da Warhol.

Una curiosità: Nico (pseudonimo di Christa Päffgen), l’8 luglio del 1987, a Gorizia, al teatro tenda del Castello, diede uno dei suoi ultimi concerti. Sarebbe morta nel luglio dell’anno successivo, dopo una vita da tossicodipendente. Altra curiosità: “Andy Warhol” è il titolo di un brano scritto da David Bowie e contenuto nel suo album “Hunky Dory” del 1971, ulteriore testimonianza dell’influenza avuta dal massimo esponente della Pop art sul mondo delle note.

Peraltro, anche con Mick Jagger, Warhol ha avuto un’amicizia ed è famoso il portfolio di dieci ritratti (presente in mostra) che, nel 1975, dedicò al cantante dei Rolling Stones, partendo da una fotografia che lo stesso Warhol gli aveva scattato. E se un’altra sua amicizia è stata quella con la danzatrice e coreografa Martha Graham, l’esposizione evidenzia un altro interesse dell’artista: quello per il cinema, con i suoi film che, lui, autentico re Mida, hanno avuto la forza di influenzare Hollywood.

2 – Pubblicità e consumismo

La danza arcana tra un prodotto e la sua immagine

Andy Warhol ha elevato il consumismo a forma d’arte: è il suo principale tratto distintivo, l’elemento prediletto dai suoi detrattori per disconoscerne, a dire il vero senza grandi risultati, il talento. Non troviamo, nelle sue opere, i beni di lusso, ma quelli di uso quotidiano. Sì, Warhol non parlava alle élite, anche se, tra i suoi ritratti, non mancano i potenti come Mao Tse-tung e l’avvocato Agnelli. Parlava alla gente, con il linguaggio della gente: senza astruserie. In fondo, veniva dalla comunicazione pubblicitaria. E dalla comunicazione pubblicitaria aveva capito che il successo di un prodotto deriva dalla sua immagine.

Per quanto poi riguarda le Campbell’s Soup, tra i pochi alimenti disponibili durante la sua infanzia negli anni Trenta, l’ha riprodotta in ognuna delle sue varietà. La disposizione di quei barattoli presentata alla galleria Ferus di Los Angeles nel 1962 evoca proprio gli scaffali di un supermercato: insomma, non di un negozio per gente facoltosa, abbiente.

E così, nei suoi lavori, troviamo appunto i marchi di maggior consumo, gli oggetti che scandiscono la vita quotidiana dell’americano medio come la carta da parati a motivi floreali, ma gli esempi potrebbero continuare a lungo. Proprio questa attenzione spasmodica per le cose di ogni giorno si accompagnava al fatto che Warhol fosse, a tutti gli effetti, non solo un acquirente come tanti altri e un collezionista, ma un accumulatore compulsivo, al punto da dichiarare «la mia coscienza non mi permette di buttare via niente, nemmeno qualcosa che non voglio veramente».

Un ulteriore superamento dell’elevazione della pubblicità a forma d’arte, è poi contenuto nella fase estrema: a oltre vent’anni dalla Campbell’s Soup, quando l’artista tornò proprio sul tema, con opere direttamente incentrate sul mondo della pubblicità. È il caso di James Dean, incorniciato da un testo in giapponese, che fa la réclame di un suo lungometraggio (“Gioventù bruciata”). Nell’ultimo Warhol, in sostanza, non c’è più la pubblicità che diventa arte, ma, a diventare arte, è la pubblicità della pubblicità.

3 – Icone e ritratti

Abile e suadente come un pittore di corte

A prodotti già popolari, perché di largo consumo, come la Coca-Cola e le zuppe Campbell’s, Warhol, con il proprio lavoro, attribuisce una popolarità ulteriore. Lo stesso fa con le celebrità. Chi non ricorda la “sua” Marilyn Monroe? Personaggi che le masse conoscono e, senza sforzo, riconoscono: li rende iconici, testimonial della propria epoca resistenti nel tempo. Se Marilyn è Marilyn, non è soltanto per i suoi film, per le sue tormentate vicende amorose, per il suo magnetismo; è anche grazie ad Andy Warhol.

I suoi ritratti non possiedono elementi scenografici. Si basano esclusivamente sul protagonista e qualcuno ha fatto inevitabili riferimenti alla fissità e all’assoluta mancanza di profondità delle icone bizantine, che colpirono l’artista nella chiesa ortodossa di San Crisostomo, a Pittsburgh, dov’era nato nel 1928 e dove sua madre lo portava ogni domenica fin da bambino, anche più volte alla settimana.

Queste caratteristiche rendono i suoi ritratti immediatamente riconoscibili e diventano tra i temi centrali della produzione. Nascevano dallo scatto con una Polaroid. Poi Warhol interveniva in maniera che è possibile definire “cosmetica”: truccava la composizione con pennellate di colore, poiché «ciò che rende attraente un ritratto è come viene usato il colore», sosteneva.

Attori, registi, scrittori, artisti, personaggi del mondo della finanza, dell’industria e del jet set facevano la fila per essere immortalati. Warhol venne definito da Robert Rosenblum il “pittore di corte degli anni ’70”. Attraverso le icone pop, immette chi guarda nello spirito del tempo; lo rende partecipe di ciò che accade e lo circonda. Anzi, è come se lo collocasse al centro della scena, attribuendogli un ruolo di primo piano. Tra i ritratti più famosi, allora, chi non conosce quelli di Jacqueline Kennedy, di Lenin e di Mao con la propria immagine nel Libretto Rosso, letto da milioni di cittadini?

4 – L’America

Il suo viaggio nella società Usa tra crepe e miti

Era nato a Pittsburgh nel 1928. All’anagrafe era Andrew Warhola Jr. I genitori erano due modesti immigrati di Miková (un paesino situato nell'odierna Slovacchia nord-orientale), ma il padre ne aveva anglicizzato il cognome. Andy Warhol, tuttavia, è il più americano degli artisti americani.

Sotto ogni profilo è uno degli emblemi della cultura Usa: chi ama Warhol ama l’America. Non solo: gran parte della sua arte è un commento e una riflessione personale sulla società americana, un viaggio dentro di essa, una sua analisi, un suo ritratto.

Al suo Paese aveva dedicato nel 1967 il ciclo drammatico intitolato “Death in America” di cui fa parte la serie “Electric chair”. Warhol, che in Tv seguiva con attenzione le notizie riguardanti le esecuzioni, realizzò una serie di immagini dedicate allo strumento di morte più diffuso nell'immaginario dei suoi connazionali. E, anche in questo caso, ha tramutato l’oggetto in un’icona tragica, appunto di morte: la sedia elettrica risalta su sfondi colorati, assemblati in serie, in uno spazio vuoto, certo angosciante, a evidenziare l’angoscia collettiva del mondo interiore, quella del “memento mori”.

Peraltro, anche nella seria “Myths”, i miti che Warhol presenta sono assai noti e appartenenti alla cultura pop, riconoscibili con un colpo d’occhio. Le loro radici affondano nelle credenze antiche, nel folklore, nei racconti allegorici e si basano su storie tradizionali e creazioni mediatiche, sempre legate al mondo americano, mettendone in luce fantasie, sogni, speranze e paure. Ed ecco Superman, Mickey Mouse, Santa Claus, Mama Voodoo oltre a sé stesso con un autoritratto intitolato “The Shadow” (L’Ombra). Ciò senza trascurare che pure nelle attenzioni che Warhol aveva riservato al cinema, molto spazio era dedicato al western, genere americano per antonomasia: ammirava l'abilità che i nativi applicavano ai loro oggetti artistici e culturali e alle loro forme di astrazione.

Morto a New York nel 1987 per un arresto cardiaco dopo un intervento di asportazione della colecisti, non si può allora pensare alla metropoli, alla sua cultura, senza pensare a lui.

Alex Pessotto

La scheda sulla mostra

SEDE: Gorizia, Palazzo Attems Petzenstein, piazza Edmondo de Amicis 2.

DATE E ORARI: da venerdì 20 dicembre 2024 al 4 maggio 2025. Tutti i giorni dalle 9 alle 19 (chiusura biglietteria ore 18).

IL CONTESTO: la mostra si inserisce nell’ambito della rassegna GO! 2025, promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia in occasione di Nova Gorica – Gorizia Capitale Europea della Cultura.

Le mille facce di un prisma. Quante facce ha il “prisma” esistenziale e artistico di Andy Warhol, figura cardine del movimento della Pop art e una delle più influenti menti creative del XX secolo? Proviamo a elencarle: pittore, grafico, illustratore, scultore, sceneggiatore, produttore cinematografico, produttore televisivo, regista, direttore della fotografia e attore statunitense.

BIGLIETTI. Biglietto intero 12 euro. Ridotto 8 euro; possessori di FVGcard; forze dell’ordine; insegnanti; soci FAI, soci COOP, Soci CEC; gruppi min 12 / max 30 pax (tariffa a persona). Ragazzi e over 65: 5 euro, riservato a 6-17 anni, studenti e scolaresche di ogni età, over 65. Biglietto famiglia: 10 euro ogni genitore +5 per minore dai 6 ai 17 anni; terzo figlio gratuito. La prenotazione è obbligatoria per gruppi e scuole.

Chi entra gratuitamente. Entrano gratuitamente: bambini fino a cinque anni, persone con disabilità; accompagnatore per persone con disabilità che presentino necessità di accompagnamento specificata nella disability card; docenti se accompagnatori di gruppo scolastico; giornalisti previa l’esibizione del tesserino professionale in regola.

VISITE GUIDATE: orari e calendario. Visite guidate a partenza fissa: 5 € a persona (biglietto escluso). Ogni sabato e domenica ore 10.30 e 15.30. Date aggiuntive: 30 e 31 dicembre ore 10.30 e 15.30; 1°, 2, 3 6 gennaio ore 10.30 e 15.30. Dal 19 aprile al 4 maggio: tutti i giorni ore 10.30 e 15. 30.

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