Le anticipazioni di Carlo Conti: «Il mio Sanremo sarà un evento corale»
A undici giorni dalla 75ª edizione il conduttore preannuncia lo spettacolo all’Ariston. «Voglio che il sound sia il vero protagonista, presenteremo brani che faranno emozionare e riflettere»
Amadeus, nel suo quinquennio, ha rinforzato con qualche buon integratore il sistema immunitario di Sanremo. Il festival, prima della cura, era diventato musicalmente fragile, benché la struttura ossea televisiva sia sempre stata vigorosa. La canzone è rimasta per lungo tempo al margine di un progetto concentrato più sui rumori del palcoscenico — ovvero polemiche, bischerate e altri trucchetti buoni per ghermire lo spettatore svagato e sonnolento — che sull’orchestra.
Accade all’improvviso, a undici giorni dall’avventura numero 75 (dall’11 al 15 febbraio) che Emis Killa, uno dei magnifici trenta di Carlo Conti, esca dal gruppo come Jack Frusciante in quanto lui è uno degli indagati del caso ultrà. Un saggio dietrofront. La Rai conferma che il cantante non sarà sostituito.
«Prendo atto con rammarico della decisione di Killa di ritirarsi da Sanremo», spiega in una nota il direttore. «Comprendo il suo stato d’animo che non gli consente di vivere al meglio e con serenità la settimana di musica al Festival».
Tre conduzioni significano grande esperienza su un palco difficile. Comunque lei è stato coraggioso a dire di sì, nonostante la sua professionalità indiscutibile. Conti, con quale motivazione ha accettato il duello?
«Be’, diciamo che quando ti propongono la direzione artistica del festival senti subito un forte senso di responsabilità perché Sanremo è un palcoscenico importantissimo per la musica italiana e ti devi chiedere se la tua esperienza, il tuo gusto, il tuo orecchio sono al passo con i tempi e all’altezza per un compito del genere. Ho accettato perché speravo di avere ancora le caratteristiche necessarie, ma sempre con la mia consueta leggerezza nel preparare lo show».
La musica è tornata con prepotenza il fulcro della competizione dopo alcune edizioni del passato dove il gossip ha dominato la scena. Possiamo conoscere i suoi criteri di scelta?
«Il metodo applicato è la qualità della canzone: sia essa una ballata, un lento o un brano veloce e, soprattutto, a prescindere da chi la propone, possibilmente selezionando una ricca varietà musicale. Ho ascoltato tutto il pacchetto sanremese con grande attenzione, cercando brani che riescano a emozionare o solamente a divertire, perché no, e comunque a far riflettere o da canticchiare in auto».
Ci sarà un fantastico via vai all’Ariston, per citare il titolo del film di un suo amico. Se non abbiamo contato male ce ne saranno dodici di co-presentatori? Come mai così tanti?
«Ho scelto di avere più co-conduttori perché mi piace l'idea di un festival corale, che coinvolga tante personalità diverse, ognuna con il proprio stile e la propria energia, un festival collettivo e con un buon dominio dell’amicizia. Sanremo è un evento televisivo unico e ogni sera avrà un'atmosfera diversa grazie ai miei compagni di viaggio. E poi, come ho già detto, voglio che sia il sound il vero protagonista. Saranno cinque serate dinamiche, con tanti volti diversi che porteranno il loro contributo senza però mai distogliere l'attenzione dal cuore di tutto: la musica. Non vorrei sembrare ripetitivo, ma la finalità irremovibile è questa».
Ho ascoltato tutto il pacchetto sanremese con grande attenzione, cercando brani che riescano a emozionare o solamente a divertire, perché no, e comunque a far riflettere o da canticchiare in auto».
Cosa ha apprezzato dei festival di Amadeus?
«Amedeo ha fatto un lavoro straordinario, apportando energia, freschezza e grande attenzione per lo spartito. Ha saputo coinvolgere il pubblico giovane senza dimenticare la tradizione, creando una storia che ha unito generazioni. Lui sì davvero ha avuto il coraggio di innovare, di sperimentare e i risultati si sono visti».
Poi, alla fine, tutto si risolve con i dati Auditel. Un meraviglioso spettacolo potrebbe avere meno spettatori di uno scialbo e provocatorio, diciamo così per dire. Teme lo share?
«Lo share è importante, certo, ma non è tutto. L’obiettivo principale è sempre quello di fare un bel programma, di regalare al pubblico emozioni e qualità. Se poi arrivano anche i numeri, meglio ancora! Però alla fine quello che resta è la sinfonia globale, non solamente la matematica».
Ho una discreta varietà di brani preferiti anche se un gruppo è molto più avanti degli altri: i “Pink Floyd”. Mi accompagnano da decenni».
Quand’è sul divano di casa che musica ascolta?
«Nei rari momenti di relax o quando guido devo ascoltare una colonna sonora di sottofondo, ne sento la necessità. Ho una discreta varietà di brani preferiti anche se un gruppo è molto più avanti degli altri: i “Pink Floyd”. Mi accompagnano da decenni».
Ricorda Ezio Bosso quando le disse “La musica come la vita si fa insieme”?
«E come scordarlo! Che emozione, che ricordo indelebile. Enzo Bosso era un'anima speciale, un musicista straordinario, ma soprattutto un uomo che sapeva trasmettere la bellezza della vita attraverso ogni nota, ogni parola».
Ha mai pensato che la formula classica della presentazione delle canzoni andrebbe svecchiata?
«Il festival di Sanremo risponde a una sua liturgia (la scale, gli abiti, le presentazioni). Certo, la musica evolve, e anche il modo di presentarla può cambiare. L’importante, però, è non perdere mai l’emozione, il rispetto per gli artisti e quel legame unico con il pubblico. Innovare sì, ma senza dimenticare il perché siamo qui: celebrare la canzone italiana».
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